Breve storia dei bombardamenti chimici

Maurizio Stefanini

Si dice abitualmente che l’incubo della guerra chimica, oggi tornato di attualità in Siria, iniziò il 22 aprile 1915 sul fronte occidentale della Prima guerra mondiale, quando nel settore di Ypres, angolo di Belgio ancora in mano agli Alleati, i tedeschi lanciarono su reparti di francesi provenienti dalla Martinica quel gas che in italiano fu da allora ribattezzato iprite, mentre in inglese è chiamato mustard gas, per il caratteristico odore di senape. Oltre 5000 soldati morirono per effetto di quella sostanza che colpisce a dosi minime di 10 milligrammi, e inalata provoca vesciche dolorose e cecità, per sfociare dopo quattro ore di prurito e tra le venti e le ventiquattro di vesciche in un edema polmonare.

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    Si dice abitualmente che l’incubo della guerra chimica, oggi tornato di attualità in Siria, iniziò il 22 aprile 1915 sul fronte occidentale della Prima guerra mondiale, quando nel settore di Ypres, angolo di Belgio ancora in mano agli Alleati, i tedeschi lanciarono su reparti di francesi provenienti dalla Martinica quel gas che in italiano fu da allora ribattezzato iprite, mentre in inglese è chiamato mustard gas, per il caratteristico odore di senape. Oltre 5000 soldati morirono per effetto di quella sostanza che colpisce a dosi minime di 10 milligrammi, e inalata provoca vesciche dolorose e cecità, per sfociare dopo quattro ore di prurito e tra le venti e le ventiquattro di vesciche in un edema polmonare. In realtà, in senso lato miscele chimiche asfissianti o incendiarie erano state usate fin dalla Preistoria. Benché con la prima Conferenza dell’Aja la legge internazionale avesse formalmente vietato i gas fin dal 1899, nella Prima guerra mondiale i bombardamenti di proiettili caricati a gas erano già stati fatti dai francesi contro i tedeschi tra l'agosto e il novembre del 1914, daI tedeschi contro gli inglesi a Neuve Chapelle nell’ottobre 1914 e dai tedeschi contro i russi durante la battaglia di Bolimov il 31 gennaio 1915. Ma dosi e condizioni erano state sbagliate, e in tutti questi casi i “bersagli” non si erano neanche accorti del rischio corso.

    A Ypres invece ci fu la strage perché anziché di mettere il gas in bombe i tedeschi lo avevano lanciato tramite proiettori: tra l’altro, sostenendo che la Convenzione dell’Aja proibiva solo la prima e non la seconda modalità di impiego. Ma per scarsità di maschere antigas adeguate i tedeschi non riuscirono a sfruttare il varco di sette chilometri che si era aperto nelle linee nemiche, che fu subito tamponato da truppe canadesi e francesi. Fu un po’ il copione di tutto il resto del conflitto, con i gas che continuarono a essere usati in modo massiccio, ma senza mai ottenere effetti risolutivi. Un conteggio fu così stimato: 88.498 i soldati che morirono per l’uso di gas, 1.240.853 quelli che ne furono lesionati. Tra i caduti ci furono 56.000 russi, 9000 tedeschi, 8109 soldati dell’Impero Britannico, 8000 francesi, 3000 austro-ungarici, 1462 statunitensi e anche  4627 italiani. Sul fronte italiano l’esordio del gas avvenne il 29 giugno 1916 sul San Michele, nel tentativo disperato degli austro-ungarici di alleviare la pressione che di lì a poco avrebbe infatti portato alla caduta di Gorizia.

    Gli italiani in trincea furono colpiti nel sonno e i moribondi finiti a colpi di mazza ferrata, ma poi il vento cambio direzione e gli austro-ungarici finirono gassati a loro volta, permettendo il rapido contrattacco che ristabilì le posizioni. I caduti italiani furono stimati tra i 2700 e i 6500. Gli austro-ungarici, vittime del loro stesso gas, furono tra i 20 e gli 800: anche qui, non si perse troppo tempo a valutare il modo in cui i caduti erano morti. Il gas sarebbe stato usato dagli austro-ungarici anche il 24 ottobre 1917 nella conca di Plezzo, nell’azione che portò allo sfondamento di Caporetto, provocando almeno 800 morti. 
    Tuttavia la sensazione fu che i gas esponessero a un discredito morale che non valeva né la pena dei risultati ottenuti, né il rischio di essere colpiti per rappresaglia. Per questo il divieto ribadito col nuovo Protocollo di Ginevra firmato il 17 giugno 1925 e entrato in vigore l’8 febbraio 1928 durante la Seconda guerra mondiale in Europa sarà sostanzialmente rispettato, con una sola eccezione: l’uso da parte dei tedeschi per “ripulire” i tunnel in cui si erano rifugiati 3000 soldati e civili sovietici a Sdzhimuskai nella Crimea orientale, dopo la battaglia di Kerch. Un carico di iprite che gli americani tenevano pronto a usare per rappresaglia in caso di primo uso tedesco fu inoltre colpito il 2 dicembre 1943 in un bombardamento della Luftwaffe sul porto di Bari. Almeno 69 militari alleati e un numero imprecisato di civili italiani furono vittime del gas, ma l’incidente fu tenuto segreto e rivelato solo molti anni dopo.
    I tedeschi useranno però i gas per sterminare gli ebrei, e i giapponesi contro i cinesi. Gli americani inoltre sperimentarono contro i giapponesi un agente chimico incendiario, il napalm. D’altronde, in conflitti asimmetrici il gas era invece stato già massicciamente utilizzato in contesti coloniali.

    La stessa fama di “cattiva” che si fece la Germania durante la Grande Guerra, se la fece l’Italia durante la Guerra d’Etiopia, con un utilizzo che fu oggetto di una lunga polemica storiografica tra Indro Montanelli e Angelo Del Boca, e che infine le Forze Armate Italiane hanno ammesso ufficialmente. La stima più pessimista afferma che le vittime sarebbero state 150.000. Ma il gas era stato utilizzato anche dagli inglesi contro i bolscevichi nel 1919 in Russia e nel 1920 durante una rivolta in Iraq, con Winston Churchill Segretario di Stato alla Guerra. E dai bolscevichi nel 1921 durante la Rivolta di Tambov. E da francesi e spagnoli tra 1921 e 1927 contro i ribelli marocchini durante la Guerra del Rif.
    A partire dall’attacco dell’8 giugno 1963 contro il villaggio di Kawma, il gas fu poi usato massicciamente negli anni ’60 dagli aerei egiziani che appoggiavano il governo repubblicano dello Yemen contro la rivolta dei nostalgici dell’imam, re e capo dello sciismo locale. Una stima valuta almeno 1500 morti e 1500 feriti. Gli americani avrebbero poi usato napalm e defolianti in Vietnam, i sovietici il gas in Afghanistan e i vietnamiti nel 1984-85 il fosgene contro i guerriglieri cambogiani, ma il grande “cattivo” della guerra chimica negli anni ’80 sarebbe stato soprattutto Saddam Hussein, che utilizzò massicciamente i gas nella guerra con l’Iran e contro i ribelli curdi. Le stime sono di almeno 100.000 soldati iraniani uccisi dai gas, e di 5000 abitanti della città curda di Halabja. Le forze speciali russe hanno in seguito usato armi chimiche contro i ceceni; e il sarin fu il protagonista del primo atto di terrorismo chimico della storia, quando il 20 marzo 1995 adepti della setta giapponese Aum shinri kyo, “Verità Suprema”, lo introdussero nelle condutture di aerazione della metropolitana di Tokyo, provocando 12 morti e oltre 5.000 intossicati. Il tutto per “accreditare” alcune profezie apocalittiche del loro guru, Shoko Asahara.
    Altri terroristi avrebbero in seguito utilizzato gas in attentati: soprattutto al-Qaida in Iraq. Infine, l’attuale allarme siriano.

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