Quegli errori dietro la polemica facile contro la deregulation
La liberalizzazione dell’energia è fallita? Ne hanno dato il triste annuncio i giornali italiani, raccontando i contenuti dell’indagine conoscitiva sulle condizioni di vendita di elettricità e gas resa pubblica dall’Autorità per l’energia nel pieno della calura ferragostana. E’ passato, grosso modo, il seguente messaggio: secondo il regolatore, le offerte sul mercato libero sono più care rispetto alle condizioni del servizio di tutela, quello riservato ai piccoli clienti che, non avendo scelto un proprio fornitore, vengono approvvigionati a prezzi decisi dal regolatore stesso. In particolare, lo sprovveduto cliente elettrico paga al perfido operatore il 13 per cento più del necessario, mentre il consumatore gas se la cava con un sovrapprezzo del 2 per cento.
La liberalizzazione dell’energia è fallita? Ne hanno dato il triste annuncio i giornali italiani, raccontando i contenuti dell’indagine conoscitiva sulle condizioni di vendita di elettricità e gas resa pubblica dall’Autorità per l’energia nel pieno della calura ferragostana. E’ passato, grosso modo, il seguente messaggio: secondo il regolatore, le offerte sul mercato libero sono più care rispetto alle condizioni del servizio di tutela, quello riservato ai piccoli clienti che, non avendo scelto un proprio fornitore, vengono approvvigionati a prezzi decisi dal regolatore stesso. In particolare, lo sprovveduto cliente elettrico paga al perfido operatore il 13 per cento più del necessario, mentre il consumatore gas se la cava con un sovrapprezzo del 2 per cento. E’ davvero così? Non proprio: i commenti più negativi derivano dalla lettura superficiale di un rapporto che, comunque, presenta non secondarie debolezze metodologiche. I limiti del rapporto, peraltro, sono tutti dichiarati nella miriade di incisi cautelativi che, se appagano l’occhio allenato, finiscono per rimanere travolti di fronte all’ansia di notizie sotto l’ombrellone. Il problema non è solo l’oggettiva difficoltà nel confrontare offerte assai diverse tra di loro, non solo nel prezzo di vendita ma anche nelle condizioni generali di erogazione del servizio. Vi sono tuttavia delle debolezze di natura strutturale che non possono essere ignorate.
Poco peso statistico ai newcomer aggressivi
Il primo elemento sta proprio nella costruzione del campione di imprese selezionato per stimare i prezzi “di mercato” di elettricità e gas, per giunta in riferimento a un solo anno (il 2011), al punto che, intervenendo su Formiche.net, Stefano Da Empoli ha parlato di “quasi irrilevanza statistica”. Il campione, per giunta, ha dimensioni estremamente ridotte: solo 9 imprese per il mercato elettrico (12 per i clienti non domestici) e 12 per il mercato gas (4 per i condomini, 6 per le piccole imprese), rispetto a una platea di 229 venditori elettrici e 312 venditori gas. Per capire in quale modo questa scelta – per certi versi inevitabile, pena il rischio di allungare troppo i tempi di raccolta delle informazioni – possa influenzare il risultato finale, bisogna tenere conto che i clienti tutelati (l’83 per cento dei consumatori elettrici e l’89 per cento dei consumatori gas, nel segmento domestico) vengono approvvigionati, rispettivamente, dalle società di vendita collegate ai gestori delle reti di distribuzione locale, oppure dal loro fornitore storico. Poiché i gestori delle reti sono tipicamente integrati verticalmente, di fatto in entrambi i casi la larga maggioranza dei consumatori continua ad avere rapporti commerciali con il soggetto con cui li aveva prima della liberalizzazione. Questo fa sì che le maggiori società di vendita (quelle catturate dal campione dell’Aeeg) siano perlopiù ex monopolisti nazionali o locali, che giocano arbitrando tra maggior tutela e mercato libero e non hanno alcun interesse a fare offerte commerciali aggressive a una clientela che si dimostra piuttosto pigra, come del resto evidenzia la stessa indagine demoscopica affidata dall’Autorità a GfK Eurisko. In qualunque mercato “acerbo”, quale è in tutta evidenza quello energetico, le offerte più competitive vengono dai newcomer che, tipicamente e di certo in questo caso, hanno quote di mercato ridotte, mentre i soggetti più grandi tendono a difendere il perimetro, più che puntare a espandersi. In pratica, è il modo stesso in cui è stato costruito il campione a determinare – in misura non indifferente – l’esito dell’indagine. L’operazione è addirittura trasparente nel mercato gas, dove l’Aeeg dichiara senza mezzi termini che “sono stati quindi inclusi nella lista i venditori che applicano un prezzo medio sul mercato libero più alto rispetto a quello medio del servizio di tutela”: se uno raccoglie solo le arance scartando le pere, non deve poi stupirsi quando nel cesto osserva una maggioranza di agrumi…
La seconda criticità è relativa alla natura commerciale delle offerte. Come ricorda l’indagine stessa, la larga maggioranza dei clienti sul mercato libero predilige offerte a prezzo fisso. Ora, chi sottoscrive un tale contratto “scommette” contro il suo venditore che i prezzi saliranno più rapidamente delle attese (e viceversa); così non è stato, anzi, nel corso del 2011 la dinamica è stata sostanzialmente piatta (il prezzo medio dell’elettricità in Borsa, pari a 72 euro/MWh nel 2011, è salito lievemente a 75 euro/MWh nel 2012). Non c’è nulla di strano, dunque, nel fatto che questi consumatori abbiano pagato prezzi superiori a quelli di tutela (che variano trimestralmente) in quanto essi non hanno comprato solo elettricità o gas, ma anche certezza. Se la stessa analisi fosse stata effettuata negli anni prima della crisi, quando i prezzi crescevano senza sosta, probabilmente avrebbe fornito un’immagine ben diversa.
Al test del “TrovaOfferte”
C’è poi un ulteriore elemento: secondo l’Autorità, i clienti che “switchano” (cioè cambiano fornitore) consumano mediamente di più rispetto a quelli che rimangono nel perimetro tutelato. E’ abbastanza ragionevole: l’incentivo a migliorare le proprie condizioni di approvvigionamento è maggiore per coloro i quali pagano bollette salate. Sempre secondo l’Autorità, sono proprio i grandi consumatori domestici a essere penalizzati. Curioso: i clienti più energivori, quelli dunque più attenti alle condizioni di approvvigionamento, sono anche quelli che si fanno abbindolare di più? E’ realistico? Non molto. E infatti il rebus trova una soluzione solo se si aggiungono due elementi. Uno è quello – citato – sulla preferenza per i “prezzi bloccati”. Alcune categorie di consumatori potrebbero preferire la sicurezza di una spesa fissa piuttosto che le incertezze di un mercato volatile. L’altro elemento è questo: tra gli strumenti di “capacitazione del consumatore” messi a disposizione dall’Autorità sul proprio sito, quello forse più utile è il “TrovaOfferte”, che consente di individuare le offerte più convenienti. Facciamo qualche esperimento. Secondo l’Aeeg, il consumatore elettrico più svantaggiato è quello che consuma tra i 5 e i 15 MWh/anno, chiamato a pagare quasi il 18 per cento in più rispetto al suo omologo tutelato (si noti che questo consumatore esprime una domanda tra le 2 e le 6 volte superiore a quelle del consumatore tipo utilizzato dall’Autorità nel simulare l’impatto dei propri prezzi di riferimento). Inserendo i suoi dati sul TrovaOfferte, un simile consumatore – per esempio residente nel centro di Genova – potrebbe risparmiare, rispetto ai prezzi tutelati, in misura consistente, anche scegliendo offerte a prezzo fisso. Lo stesso risultato (dal punto di vista qualitativo) lo si trova per altre residenze, altre classi di consumo, e naturalmente per il gas. Da qui la questione dirimente: o è sbagliato il messaggio che emerge dal rapporto Aeeg che si è concentrato su un campione ristretto e potenzialmente distorto di offerte, oppure è sbagliato il TrovaOfferte che le offerte le considera tutte. Più probabile la prima ipotesi. Anche perché il lettore viene distratto da una scelta analitica discutibile: per capire se e quanto il mercato libero sia conveniente, bisogna guardare alle offerte più competitive (come fa il TrovaOfferte), non ai prezzi medi (come fa l’indagine).
La concorrenza “addormentata”
Terzo e ultimo punto: in un mercato dove più di quattro consumatori su cinque non scelgono il loro fornitore (cioè vengono approvvigionati dal venditore storico sulla base di prezzi regolamentati), è normale che la domanda sia “addormentata”. Fu così, 15 anni fa, anche nella telefonia. In queste condizioni, vanno sul mercato libero solo i consumatori più svegli e quelli più gonzi, ma la maggioranza se ne sta dove è sempre stata. Se si vuole che i consumatori si sveglino, occorre metterli davanti alla necessità, non alla possibilità, di scegliere fornitore. Bisogna mettere fine alla pratica dei prezzi regolamentati, peraltro anomala in Europa (in queste dimensioni) e sul filo della compatibilità col diritto comunitario. Dice: ma come facciamo a proteggere i gonzi? La risposta è la stessa che in qualunque altro mercato: è la concorrenza stessa a difenderli. Se tutti scelgono il proprio fornitore, l’informazione circola più rapidamente e le offerte diventano automaticamente più confrontabili. Se, viceversa, lo fanno solo alcuni, quella del fornitore elettrico o gas è scelta individuale – non elemento di confronto tra vicini di casa, di scrivania o di sdraio – e i consumatori meno attrezzati risultano, alla fine, più vulnerabili. Il servizio di tutela, in altre parole, finisce per essere uno strumento di immobilizzazione dei consumatori “normali”: non protegge i più vulnerabili (che si lasciano incantare) e non offre alcun beneficio ai più dinamici (che sanno badare a se stessi).
Per questa ragione, le diverse proposte contenute nel rapporto lasciano il tempo che trovano. Il loro stesso presupposto è fuorviante: non è vero che il mercato libero non è conveniente. Le offerte competitive ci sono, eccome, e lo dimostra lo stesso TrovaOfferte dell’Autorità. Non serve più regolamentazione o più armonizzazione della comunicazione commerciale tra aziende e clienti (peraltro già pesantemente normata, dai call center alle bollette). Serve il richiamo della foresta, per far emergere la vera natura di Buck.
Il Foglio sportivo - in corpore sano