La mezza tragicommedia politica estiva, con toni sempre più amletici
Vita e morte. Le larghe intese hanno preso una piega filosofica. Sarà il caldo, ma non ci sono dubbi che il feuilletton del governo ha assunto tratti di riflessione amletica. Disse Fabrizio Cicchitto il 18 agosto (domenica) del 2013: “Per far vivere il governo bisogna essere in due”. Ne discende che per farlo morire ne basta solo uno. Domande esistenziali provocano risposte tautologiche e finali banali che seguono premesse e promesse scoppiettanti. Il premier Enrico Letta, interrogato su un possibile perdono istituzionale per Berlusconi, si esibisce in un lapalissiano “la grazia? non è un mio potere” (intervistato dalla tv austriaca a Vienna, 20 agosto).
Vita e morte. Le larghe intese hanno preso una piega filosofica. Sarà il caldo, ma non ci sono dubbi che il feuilletton del governo ha assunto tratti di riflessione amletica. Disse Fabrizio Cicchitto il 18 agosto (domenica) del 2013: “Per far vivere il governo bisogna essere in due”. Ne discende che per farlo morire ne basta solo uno. Domande esistenziali provocano risposte tautologiche e finali banali che seguono premesse e promesse scoppiettanti. Il premier Enrico Letta, interrogato su un possibile perdono istituzionale per Berlusconi, si esibisce in un lapalissiano “la grazia? non è un mio potere” (intervistato dalla tv austriaca a Vienna, 20 agosto). In un dibattito così strutturato è obbligato l’intervento del presidente del Senato, Pietro Grasso, che pur severamente impegnato nei Seminari internazionali sulle emergenze planetarie, illumina la scena: “Sono questioni che vanno affrontate” (20 agosto, da Erice). Più creativo l’intervento di Beppe Grillo, che si fa ghost writer e verga un denso discorso a uso del Cavaliere. Riassunto: “Vaffanculo” (dalla realtà virtuale, sempre 20 agosto). La settimana proietta questi titoli d’apertura e la sceneggiatura non delude le aspettative in sala. Il giorno dopo (mercoledì) il pensiero del ministro Gaetano Quagliariello viene rotativizzato dal Foglio: “Se si dovesse trasformare la Giunta del Senato da luogo della meditata ponderazione al teatro di un plotone di esecuzione, il centrodestra avrà il suo dramma da affrontare ma l’Italia non ne uscirebbe indenne”. Warning, alto voltaggio. Sagge considerazioni da guida suprema dei saggi costituzionalisti all’opera sulle riforme. Ma dove c’è il diritto appare sempre il rovescio. Ecco allora il battaglione degli interpreti della legge spaccarsi. Ex presidenti della Corte costituzionale assiepati al pezzo. Il valoroso Valerio Onida insorge: no, la legge Severino si applica a Berlusconi hic et nunc. Gli risponde il puntuto Piero Alberto Capotosti: beh, attenzione, non c’è giurisprudenza, il caso è da studiare. Insomma, la retroattività della legge che può far saltare il seggio del Cav. è in discussione. E non si tratta di una semplice battaglia tra legulei, ma di una seria questione politica. Per questo Renato Brunetta contesta Stefano Ceccanti e le “conseguenze di un automatismo che ricorda quello della ghigliottina” (nota pidiellante del 21 agosto) e il furetto d’archivio Francesco Paolo Sisto scova un progettino firmato da alcuni senatori del Pd “che esclude la retroattività della legge Severino” (disegno di legge 665 del 17 maggio 2013), mentre l’Angelino custode (Alfano) alle 18 incontra il premier Enrico Letta e il ministro Dario Franceschini. Il messo di Berlusconi esce dopo due ore dal portone di Palazzo Chigi e le agenzie battono la notizia: “Non è andato bene il confronto tra Enrico Letta e Angelino Alfano” (Agenzia Agi, ore 21 e 20). Parte la fase “Bad”, Michael Jackson, colonna sonora di una mezza tragedia in corso. Il Pd si ritrova unito su un solo punto: Berlusconi fuori dal Parlamento, subito. Altro che agibilità politica.
Il dibattito da quel momento viene dichiarato non agibile dai vigili del fuoco, la casa del governo brucia o, meglio, sfumacchia. E’ giovedì 22 agosto, temperatura mite, ventilazione apprezzabile, campo da gioco in perfette condizioni (the voice, Sandro Ciotti), clima arroventato. Calci di punizione delle amazzoni. Micaela Biancofiore: “I ministri Pdl si dimetteranno”; Elisabetta Casellati: “Il Pd smetta di piagnucolare e legga le carte”) Elvira Savino: “Se il Pd fa cadere Berlusconi, cade l’intera giustizia”; Deborah Bergamini: “Dal Pd scelta politica preconcetta”; Annagrazia Calabria: “Rispettare il diritto non è ricatto”; Daniela Santanchè: “Nessuna guerra tra noi, è Berlusconi che vince”. Ola del pubblico. Il Cav. indossa l’uncino e al settimanale Tempi rilascia un’intervista diportistica che agita ancor di più le acque: “Se due amici sono in barca e uno dei due butta l’altro a mare, di chi è la colpa se poi la barca sbanda”? La regata va avanti. Alfano vede il Meeting di Rimini la mattina, Berlusconi vede Alfano ad Arcore la sera, poi tutti a nanna con un messaggio di Gianni Cuperlo, il candidato di Massimo D’Alema alla segreteria del Pd, che detta la linea: “La decadenza di Berlusconi è un atto dovuto, scontato. La destra deve capire che noi non possiamo arretrare di un millimetro”. La destraaaa, no pasarán!
E’ venerdì 23 agosto, brezza di weekend. Si svegliano i saggi. La sortita fogliante di Quagliariello provoca la vibrante protesta accademica. Dimissioni, dimissioni. Dopo quelle di Lorenza Carlassare, arriva anche il “me ne vado” della professoressa Nadia Urbinati. Saggi con le porte girevoli. Sul taccuino dell’umile estensore di questa colonna fu annotato in pieno monsone romano che “la commissione dei saggi è da tenere sotto osservazione clinica perché è uno dei luoghi ovattati dove possono formarsi improvvise zone di bassa pressione che causano ripensamenti, rovesci, alluvioni di Palazzo. Il caso Carlassare è il segno di un certo clima che può trasformarsi in clima certo” (il Foglio, 13 luglio) . Oplà, ora il clima è certo.
Come andrà l’espulsione del bomber Silvio? Si gioca in Giunta al Senato a settembre, con rinvio della partita per impraticabilità del campo.
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