Perché il Cav. è di sinistra

Stefano Di Michele

Che il Cav. fosse sempre stato, come si diceva negli anni Settanta, “un compagno coi controcazzi”, è ampiamente testimoniato – in parole, opere (pur con qualche omissione, in verità) e articoli. Ce n’è uno fenomenale, comparso su Repubblica nel novembre 2000. Titolo: “Berlusconi di sinistra”. Autore: Claudio Rinaldi, mitico direttore dell’Europeo, di Panorama, dell’Espresso. Parlava, Rinaldi, dell’avvio della campagna elettorale – che poi il Cav. avrebbe vinto. Partiva dall’invocazione morettiano (lì eravamo, lì siamo), “D’Alema, di’ qualcosa di sinistra!”.

Giuli L’eretico e la gauche-stoccafisso

    Che il Cav. fosse sempre stato, come si diceva negli anni Settanta, “un compagno coi controcazzi”, è ampiamente testimoniato – in parole, opere (pur con qualche omissione, in verità) e articoli. Ce n’è uno fenomenale, comparso su Repubblica nel novembre 2000. Titolo: “Berlusconi di sinistra”. Autore: Claudio Rinaldi, mitico direttore dell’Europeo, di Panorama, dell’Espresso. Parlava, Rinaldi, dell’avvio della campagna elettorale – che poi il Cav. avrebbe vinto. Partiva dall’invocazione morettiano (lì eravamo, lì siamo), “D’Alema, di’ qualcosa di sinistra!”, per annotare che “se si esamina l’avvio della campagna elettorale per le elezioni del 2001, infatti, si scopre che a dire qualcosa di sinistra, paradossalmente, non è solo e non tanto lo stato maggiore dell’Ulivo, quanto il capo della destra”. Analizzava il manifesto politico del Cav., “al primo punto del nostro programma c’è l’Italia dei poveri”, sfotteva e dubitava e prevedeva, “il Berlusconi che dice qualcosa di sinistra avrà vita facile” – ma pure sottolineava: “La propaganda del Cavaliere, insomma, non annuncia nulla che assomigli al liberismo selvaggio di cui la destra è solitamente paladina, nulla che evochi lo sprettro di un attacco allo stato sociale; al contrario, propone valori e obiettivi nei quali anche le masse popolari possano riconoscersi”.

    Quasi una sorta di Léon Blum, altroché, el compañero di Arcore, un Carlos Altamirano brianzolo – così che fu un allarmato Umberto Eco, a un’adunata di ulivisti, ad allertare gli smidollati riformisti prodiani: all’erta, i comunisti sono tutti di là! Certo a dodici anni, nel ’48 – lo racconta lui: forse a causa dell’assenza all’epoca della PlayStation – andava ad attaccare i manifesti della Dc, e i comunisti vilmente l’imberbe liberale degasperiano picchiarono (non abbastanza, sostengono i più trinariciuti), ma lo stesso, chi ha ristampato quindici anni fa la più bella e raffinata edizione del “Manifesto del Partito comunista” di Marx & Engels? Lui – la “Silvio Berlusconi editore”, dotta prefazione di Lucio Colletti, “stampata su carta velata avorio”, vera chicca bibliografica. E tutto ben prima di avviare le rotative per Chi, che pure larghe masse proletarie presso parrucchieri & barbieri sollazza. Mai, il compagno Silvio, un soccorso e una mano ha negato. Ha allevato più comici di sinistra e compagni scrittori e attori politicamente impegnati delle Frattocchie, ha dato un tono libertino alle serate televisive – che si stava ancora al maestro Manzi – ha prodotto (tra cinema e televisione e giornali e costumisti e make-up artist) il più vasto attruppamento di gay a ovest dell’isola di Mykonos, così che la compagna Paola Concia, lesbica con compagna teutonica felicemente accasata, ebbe a riconoscere: “Io trovo molto più trasgressivo Berlusconi che l’Europride”. E si sa che, di suo, non gli si lagnassero in casa Giovanardi e Roccella, il compagno Silvio i Pacs o roba affine li avrebbe fatti transitare con la velocità di un lodo Alfano – “serve la maggioranza del Parlamento per cambiare il codice civile”.

    Sfida l’ostracismo di America e Germania e Inghilterra, il Che di Villa Gernetto – chi nella giungla boliviana, chi in quella di Antigua, da vero internazionalista; e i mercati internazionali, uomo dei campi e delle officine non meno che di sala trucco e spogliatoio del Milan. E non fu forse partigiano, lì tra le macerie di Onna, fazzoletto garibaldino al collo e l’urlo finale verso il cielo: “Viva la Repubblica democratica e viva il 25 aprile, festa di tutti gli italiani che amano la libertà, il 25 aprile della libertà riconquistata!”? E non si ripromise, sbadatamente ma pur sempre generosamente, appresa la notizia, di andare a far visita a Papa Cervi? A parte la sua stessa esistenza da vent’anni in qua, molto deve la sinistra al compagno Silvio (sez. Mediaset). Al suo militante prodigarsi, ché un senso tutta l’epica sua attraversa, così che presso il Casellario politico centrale c’è ancora un fascicolo su tal Berlusconi (Enrico, Lugaro Marinone, 1889) dal regime fascista segnalato quale sovversivo e comunista. L’istinto non mente – casomai muta solo di casellario giudiziario. E prendete le parole del prof. Asor Rosa – che sul Manifesto la crisi della sinistra al solito commenta e le sue aspettative esplica. “Popolo, classe, partito”, dice – e non pare la fresca adunata arcoriana, pur se il partito più movimento (e movimentato) lì si fa? Ma soprattutto, il teorico dell’operaismo fornisce tre valide indicazioni che al Cav. di sicuro conducono. Primo: “Credo di essere la persona meno snob che esiste sulla faccia della terra”. Eccolo lì. Due: “Tutti inferiori alle mie attese”. Eccoli lì – quelli che gli vagano sotto il patio di casa. Tre: “La sinistra deve recuperare questo senso di superiorità”. Eccomi qui! La sinistra superiore son mi: el Caballero compañero!

    Giuli L’eretico e la gauche-stoccafisso