“Missione compiuta”

Dietro il successo del Cav. sull'Imu c'è la diplomazia dell'estenuante Brunetta

Salvatore Merlo

E alla fine, concluso il Consiglio dei ministri e abolita l’Imu, pare che Fabrizio Saccomanni, il ministro dell’Economia, lo abbia ringraziato ancora una volta, dopo aver sudato tutte le camicie che aveva, per stargli dietro: “Professore Brunetta, i suoi suggerimenti sono stati preziosi”. E d’altra parte era stato Enrico Letta a metterli nella stessa stanza, mesi fa, una specie di cabina di regia economica, una camera di compensazione escogitata per ingabbiare, sedare, impaludare ogni cosa, persino Brunetta: incontri settimanali, estate compresa, cadenzati dalle alterne dichiarazioni del capogruppo con fama di assaltatore (più che di mediatore).

    E alla fine, concluso il Consiglio dei ministri e abolita l’Imu, pare che Fabrizio Saccomanni, il ministro dell’Economia, lo abbia ringraziato ancora una volta, dopo aver sudato tutte le camicie che aveva, per stargli dietro: “Professore Brunetta, i suoi suggerimenti sono stati preziosi”. E d’altra parte era stato Enrico Letta a metterli nella stessa stanza, mesi fa, una specie di cabina di regia economica, una camera di compensazione escogitata per ingabbiare, sedare, impaludare ogni cosa, persino Brunetta: incontri settimanali, estate compresa, cadenzati dalle alterne dichiarazioni del capogruppo con fama di assaltatore (più che di mediatore). “Saccomanni non capisce niente”, “via l’Imu o crolla tutto”, “l’Imu va abolita e basta”, “Letta dica a Saccomanni come trovare le risorse”. Mentre l’altro, il ministro, lui che sempre acchiappa topi coi guanti, garbato e mediorientale com’è, se ne rimaneva in silenzio, armato d’un fare carezzevole e deferente nei confronti dello “stimatissimo professor Brunetta”, cioè dell’uomo che per settimane è stato il metronomo di una quasi crisi di governo e che oggi s’è trasformato nel motore mobile, anzi mobilissimo, dell’accordo con il quale ieri è stata decisa l’abolizione della tassa sulla prima casa. Il Cavaliere è soddisfatto, pare, “Letta ha mantenuto la parola”, dice. E così Enrico Letta e Giorgio Napolitano hanno un’ulteriore garanzia sulla vita del governo di turbolenta coalizione. Pare. Almeno fino al 9 settembre, quando si riunirà la commissione per le elezioni del Senato, quella che dovrà decidere sulla decadenza del Cavaliere dal suo seggio.

    E ovviamente Renato Brunetta si riconosce, vede la sua stessa immagine riflessa nel successo dell’Imu, ed è infatti lui ad annunciarlo al Tg1, alle 15 del pomeriggio, ancora prima che il Consiglio dei ministri si riunisca per decidere, “finalmente ci sarà la soluzione per l’Imu sulla prima casa e i terreni agricoli”. E insomma Brunetta immagina di cavalcare il ministro Saccomanni e il premier Letta come Astolfo, il paladino focoso e impulsivo di Ariosto, cavalcava il suo nobile cavallo. “Ho fatto da ministro dell’Economia, da presidente del Consiglio, da vicepremier e nei ritagli ho fatto anche il capogruppo del Pdl”, motteggia Brunetta, sempre sulla garritta di vedetta, sempre vigile, teso, pronto alla pugna, infaticabile, il più prolifico scrittore di smentite, messe a punto e precisazioni ai giornali, innumerevoli e fulminanti provocazioni a base di paralogismi, asimmetrie, Aristotele, Kant, Leopardi, grafici ortogonali, tabelle in Powerpoint, numeri… Lui che nel Pdl è un sorvegliato speciale – basti chiedere al suo collega Renato Schifani  – perché esibisce un’autonomia caratteriale che sfiora l’indisciplina.

    Eppure anche a Palazzo Chigi, nelle stanze abitate da Enrico Letta, vogliono che si sappia, perché in fondo a loro conviene così: gli uomini del governo vogliono che al professore del Pdl vengano tributati tutti gli onori del trionfo, e si autorappresentano un po’ sopraffatti, esagerando persino. “Ce l’ha fatta, è incontenibile, abbiamo discusso tanto, l’Imu ha molti killer, ma Brunetta è il più killer dei killer”, dicono al Foglio i collaboratori del premier. E insomma Brunetta è stato il reagente chimico decisivo per sciogliere, bruciare nelle fiamme, far scomparire per sempre l’Imu (sostituita da una Service tax, ma dal 2014). Non bastavano i videomessaggi di Berlusconi, né la minaccia elettorale. Per la riuscita del composto chimico ci voleva, nell’ampolla del laboratorio politico di Palazzo Chigi, anche della polvere di Brunetta, sostanza corrosiva, certo, intoccabile, inavvicinabile, per alcuni persino innominabile, ma preziosa.

    E dunque anche il presidente del Consiglio, Letta il giovane, adesso un po’ gioisce d’uno scampato pericolo, “sono contento e credo che ora possiamo guardare al futuro del governo con fiducia”, ha detto. “Missione compiuta”, esulta anche Angelino Alfano, vicepremier e segretario del Pdl, perché l’abolizione dell’Imu, e il successo di Brunetta, portano in dono al governo e alle colombe del Pdl, a Gianni Letta e ad Alfano, a Gaetano Quagliariello e a Maurizio Lupi, anche la soddisfazione del Cavaliere, condannato neghittoso, sì, ma adesso forse un po’ meno incline ad assecondare il suo stesso cattivo umore, il pessimismo suggerito dagli avvocati del Castello di Arcore, il grumo oscuro dei troppi retropensieri, dei sospetti, delle nere fantasie di guerra, d’una crisi di governo che in molti tra i suoi amici gli sconsigliano di aprire. “Abbiamo lavorato in maniera seria, responsabile e trasparente”, è la rivendicazione del protagonista, Brunetta.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.