Stagista fisso a Repubblica
Dispiace dirlo, ma ho passato tutta l’estate nella redazione di Repubblica. Mi sono trovato benissimo. Sono stato assunto da Michele Serra. Il patto era questo: lui mi faceva tornare al programma “Che tempo che fa” di RaiTre, io dovevo fare la spia su tutto quello che sapevo sul Foglio: come mai scrive Pio Pompa, chi c’è dietro gli articoli di Carlo Rossella, se so di pubblicità occulte fatte tramite la rubrica “Innamorato fisso”, come mai Daniele Raineri è così ben informato sul medio oriente, eccetera. Ho detto tutto, anche autoaccusandomi di reati di cui non ero indagato. Loro a quel punto si sono fidati: come pentito di giornalismo ero attendibile.
Dispiace dirlo, ma ho passato tutta l’estate nella redazione di Repubblica. Mi sono trovato benissimo. Sono stato assunto da Michele Serra. Il patto era questo: lui mi faceva tornare al programma “Che tempo che fa” di RaiTre, io dovevo fare la spia su tutto quello che sapevo sul Foglio: come mai scrive Pio Pompa, chi c’è dietro gli articoli di Carlo Rossella, se so di pubblicità occulte fatte tramite la rubrica “Innamorato fisso”, come mai Daniele Raineri è così ben informato sul medio oriente, eccetera. Ho detto tutto, anche autoaccusandomi di reati di cui non ero indagato. Loro a quel punto si sono fidati: come pentito di giornalismo ero attendibile.
Ho cominciato così il mio ruolo di agente infiltrato nelle linee nemiche. La prima cosa che ho notato è che Repubblica, il Fatto e l’Unità concordano i titoli per il giorno dopo. Tutti contro Berlusconi. Hanno iniziato a giugno a tirare in ballo la legge delle concessioni pubbliche – chi ha queste non può essere in Parlamento. Io davo loro ragione in pieno. Anzi, come la giornalista Amurri del Fatto che disse di aver visto al bar il senatore Mancino parlare di Zeman, io dissi: “Ragazzi, ho sentito il vicedirettore del Foglio Maurizio Crippa parlare con Formigoni per spostare la sede della regione Lombardia da Milano a Melzo”. Michele Serra: “Sei disposto a testimoniare in dibattimento?”. Io: “Anche subito”. Michele Serra: “Chiamo subito Gherardo Colombo”. Io: “Ma non è in pensione?”. Serra: “No, è una finta. Indaga ancora”. Infatti è arrivato subito alla redazione di Repubblica Bologna. Io ho testimoniato il falso (come al solito).
I primi giorni di lavoro ero affiancato appunto da Michele Serra. La prima cosa che faceva era guardare al computer a quanto erano le azioni Mediaset. Io: “Michele, ma non è conflitto d’interessi?”. Serra: “Ma no, anzi, è il contrario: perché io, pur avendo 500.000 euro di azioni Mediaset e un milione di Mediolanum, scrivo male di queste due aziende, quindi vado contro i miei interessi”. Io: “Io invece ho azioni Repubblica-Espresso dal 2000, le ho comprate a 16 euro”. Serra: “Vendile subito, la Gabanelli sta preparando un’inchiestona contro di noi”. Io: “E’ vero che la Gabanelli è socia al 50 per cento con Berlusconi?”. Serra: “Certo, tra l’altro sta cercando un nuovo prestanome, non si fida più di quell’albergatore di Parma che ha adesso. Vuoi farlo tu?”. Io: “Volentieri, è sempre stato il mio sogno far da prestanome alla Gabanelli”. Serra: “Sai, noi giornalisti d’inchiesta abbiamo tutti un prestanome che compra e vende sul mercato azionario”. Io: “Ma è giustissimo, anche nel culturismo c’è il doping ma è meglio non dirlo”.
Serra a metà luglio mi fa: “Abbiamo scelto la sezione della Cassazione dove far dirottare il processo a Berlusconi”. Io: “Bene, chi ha scelto?”. Serra: “Quelli di MicroMega con Zagrebelsky e Asor Rosa”. Io: “La motivazione della sentenza la scrivi tu?”. Serra: “No, l’ha già scritta Pippo Civati. Nel caso in cui quelli del Pdl facciano ricorso alla Corte di giustizia europea siamo coperti anche lì: c’è come giudice un caro amico di Jovanotti con cui io collaboro”. Io: “Che bel reticolo che avete formato: cantanti, registi, Floris, Gruber, tu che scrivi i testi dei comici che attaccano Berlusconi… è tutto perfetto, anche far credere all’estero che in Italia non c’è democrazia”. Serra: “Abbiamo lavorato anni, tu pensa che mentre a Canale 5 e Mondadori ci sono tanti comunisti, a RaiTre non c’è nemmeno uno di Forza Italia”. Io: “Michele hai ragione, il posto giusto è di qui: cinema, teatro, pubblicità eco-solidale, serate pagate dal partito…”.
Domando sempre al mio amico Michele Serra: “Michele, ma per quanto riguarda le intercettazioni?”. Lui: “Le controlliamo tutte noi. Quelle che ci interessano le usiamo, quelle che parlano contro di noi siamo d’accordo con Peter Gomez di distruggerle”. Già a fine luglio a Repubblica si sapeva che ci sarà un Letta bis con l’appoggio di Scilipoti e altri parlamentari del gruppo misto; dopo un mese Scilipoti cambia idea ancora, da Responsabile qual è; l’Europa si lamenta; Renzi entra in gioco e alle elezioni vince con l’87 per cento dei voti (vanno a votare il 15 per cento degli aventi diritto); subito mette direttore del Tg1 Filippo Facci, manda via Bianca Berlinguer e mette direttore di Tg Serena Dandini. Tutto deciso da Repubblica quest’estate. Mi sono permesso di dire in riunione di redazione: “Ma scusate, non potete commutare la pena a Berlusconi in 5 miliardi di multa?”. Salta su il direttore Ezio Mauro che fa: “Devo telefonare a Paolo Mieli”. Alla sera arriva la risposta: “Paolo Mieli è d’accordo, io anche, ma Travaglio no. Quindi non si può fare. Berlusconi deve andare in affidamento a don Ciotti”. Io: “Ma non facciamo prima a dare tutta la Mondadori a don Ciotti?”. Ezio Mauro: “No, perché sarebbe conflitto d’interessi”. Io: “E quando Soru era governatore della Sardegna e proprietario dell’Unità?”. Mauro: “Quello siccome riguardava i nostri siamo molto più indulgenti… ma scusi, lei con chi sta?”. Io: “Con voi, con i più deboli! Sto sempre con i più deboli!”.
Ieri finalmente ho finito lo stage a Repubblica. Ho detto a Michele Serra: “Senti Michele, a me del Foglio, di Repubblica, del Fatto e di MicroMega non me ne fotte niente. Volevo solo fare il cabaret all’americana, ma in Italia se non sei comunista nel mondo dello spettacolo non lavori”. Serra: “E’ vero, adeguati. La situazione non l’ho inventata io, l’ho trovata già così”. Io: “Michele, dispiace dirtelo, ma vado a ruffianare tutto quello che ho visto al Foglio”. Serra: “Non ti conviene, non lavori più”. Io: “Me ne frego, anzi son contento. Come lavoro non mi piace il cabaret, e nemmeno l’agricoltore. Non mi piace fare niente. Vantarmi, ma nemmeno tanto”. Serra: “Facciamo così: se non fai la spia ti faccio avere trenta serate alla festa dell’Unità e venti da Carlin Petrini di Slow Food”. Io: “Ok, ci sto”. Serra: “Posso fidarmi?”. Io: “Ma certo, non dirò niente al Foglio. Per non dir niente a Libero però mi devi mettere in due film di registi tuoi amici comunisti. Arrivederci e grazie”. Adesso anche il Foglio non si può più fidare, per cui fa bene a mandarmi via oggi.
P.S. Telefonata intercettata tra me e il coordinatore del Foglio Claudio Cerasa: “Claudio, e se dopo ci querelano?”. Cerasa: “Ma noo! E’ satira”. Io: “Con questa storia della satira si accorgono e poi ci mangiano fuori quei quattro risparmi che abbiamo rubato (ma nemmeno tanto)”. Per me è diffamazione, però se dicono che è satira… Alla fine, come dice Verdi, tutto è burla.
Leggi La satira è una cosa seria (a proposito dell'articolo che avete appena letto)
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