Narcos messicani, tra arresti e telenovelas

Maurizio Stefanini

Hanno arrestato Alberto Carrillo Fuentes: capo del Cartello di Juárez, nome di battaglia “Betty, la fea". Per il governo del presidente messicano Enrique Peña Nieto, è il terzo grande colpo al narcotraffico in appena un mese e mezzo. Il 15 luglio, a otto mesi dall’insediamento del nuovo presidente, era infatti stato catturato da marines calati in elicottero sulla sua camionetta Miguel Ángel Treviño Morales alias “Z-40”: il capo di quel Cartello Los Zetas composto da soldati di élite dell’esercito messicani che prima avevano deciso di diventare il braccio armato del Cartello del Golfo, e poi di diventare un cartello a loro volta, sfidando proprio il gruppo di origine.

    Hanno arrestato Alberto Carrillo Fuentes: capo del Cartello di Juárez, nome di battaglia “Betty, la fea". Per il governo del presidente messicano Enrique Peña Nieto, è il terzo grande colpo al narcotraffico in appena un mese e mezzo. Il 15 luglio, a otto mesi dall’insediamento del nuovo presidente, era infatti stato catturato da marines calati in elicottero sulla sua camionetta Miguel Ángel Treviño Morales alias “Z-40”: il capo di quel Cartello Los Zetas composto da soldati di élite dell’esercirto messicani che prima avevano deciso di diventare il braccio armato del Cartello del Golfo, e poi di diventare un cartello a loro volta, sfidando proprio il gruppo di origine. Trovato con 2 milioni di dollari addosso, eccezione al normale curriculum degli Zetas, il quarantenne Treviño era in compenso un assassino feroce, con sulla sua testa una taglia da 5 milioni di dollari negli Stati Uniti e un’altra da 2,4 milioni in Messico. Entrato nel cartello del Golfo nel 1990, poi passato agli Zetas, diventò capo del cartello nell’ottobre del 2012 alla morte di Heriberto Lazcano alias “El Lazca”. Tra le stragi di cui era accusato, quella che nel 2010 portò alla morte di 73 emigranti o un’altra che nel 2011 fece 193 morti. Aveva inventato un feroce metodo di esecuzione chiamato guiso, “stufato”, che prevedeva che la vittima venisse bruciata all’interno di un barile di nafta e olio. Ma si divertiva anche a squartare e strappare la pelle della faccia a persone vive, o a colpire con tavole di legno. 

    Un mese dopo, sempre nello stesso Stato di Tamaulipas, campo di battaglia tra narcos rivali, era stato arrestato da uomini dell’esercito anche il quasi omonimo ma arcinemico Mario Ramírez Treviño alias “El Pelón” e “X-20”,  capo del Cartello del Golfo. Anche per lui gli Usa offrivano una taglia da 5 milioni. 51 anni, era relativamente poco famoso in Messico, dove aveva preso a sua volta la testa del Cartello del Golfo nel settembre del 2012, dopo la cattura di Eduardo Costilla Sánchez Anche la sua storia è però cinematografica: detective della polizia, dopo essere diventato tossicodipendente aveva iniziato a collaborare con il Cartello del Golfo, per poi entrarvi direttamente. E la sua scalata alla leadership non era avvenuta senza l’uccisione di vari aspiranti rivali.

    La cattura del quarantasettenne Betty la Fea, preso sabato dalla polizia federale mentre si trovava solo in una zona residenziale e mentre stava cercando di approfittare dei guai de Cartelli rivali per recuperare il controllo di rotte strategiche nel Nord, mantiene la media di un capo del narcoratraffico arrestato al mese. Con più di un problema per varie forme di contestazione e per la difficoltà a far passare riforme importanti come quelle del petrolio o dell’educazione, accusato anche dai giornali Usa di truccare le statistiche della lotta anti-narcos, Peña Nieto può dimostrare così che fa sul serio. Ma l’arresto di Alberto Carrillo Fuentes è destinato a fare impressione soprattutto per un altro particolare: è lui infatti il fratello di Amado Carrillo Fuentes “El Señor de los Cielos”. Il leggendario capo del Cartello del Golfo che ebbe per primo l’idea di trasportare la cocaina in aerei da turismo, e che morì nel 1997 in un modo che più romanzesco non si potrebbe: sotto anestesia durante un intervento chirurgico per cambiarsi i connotati, in modo da rendersi irriconoscibile.
    “El Cartel de Ciudad Juarez/ ahora sin su jefe se a quedado/ dicen que se fue a las nubes/ y en una esta sentado/ burlandose de la ley/ pues los dientes le pelaron”. Ben prima della recente telenovela realizzata dai Telemundo Studios di Miami and e dalla colombiana Caracol TV che tra aprile e agosto ha spopolato sugli schermi di lingua spagnola di mezza America, Amado Carrillo Fuentes era stato protagonista di altri film  e canzoni.  “Il Cartello di Ciudad Juarez( ora senza il suo capo è rimasto/ dicono che se ne andò alle nubi/ e in una sta seduto/ burlandosi della legge/ perché adesso mostra i denti” (= è morto, ridotto a un teschio che digrigna i denti), racconta “El Señor de los cielos” dei “los Huracanes del Norte”. “Vi racconterò la storia/ di così che era famoso/  si sentiva il re dei cieli/ e si scordò di essere prudente”, inizia un altro “Señor de los cielos” che invece è cantato da “Los Flores de Durango”,  pure in quello stile del “corrido” che è tipico dei cantastorie del nord del Messico. “È lo stesso capo di tutti/ chiamato il Signore dei Cieli” inizia un terzo  “El señor de los cielos”, dei Los Cardenales de Nuevo León, sigla dell’ultima telenovela. “È caduto il signore del cielo/ i narcos sono tristi”, è l’incipit  di un quarto che è invece degli “El As de la Sierra”.  “All’ascoltare la notizia/ il cielo stava piangendo”, recitai un quinto , dei “Los Zafiros del Norte”. E poi ci sono gli “omaggi” dei “Los Cuates de Sinaloa” e degli “Enigma Norteño”. Né manca chi sostiene che fosse il signore dei Cieli il “Jefe de Jefes” protagonista della canzone dei “Los Tigres del Norte”: i leggendari inventori del genere stesso del Narcocorrido.

    E poi c’era stato “El señor de los cielos”: film del 1997 del regista messicano Javier Montaño. Mentre nel 2011 il drammaturgo argentino Rubén Pires aveva scritto “Hamlet, el señor de los cielos”, in cui aveva fuso la storia della lotta di successione al “Signore dei Cieli”  con l’opera di Shakespeare. “Porqué ese Cartel de Juárez/ hasta el cielo/ lo ha llevado/ y en la tierra se pelean/ por el hueso que ha dejado”, concludeva il corrido dei “Los Huracanes del Norte”. “Perché questo Cartello di Juárez/ fino al cielo lo ha portato/ e nella terra si azzuffano/ per l’osso che ha lasciato”. In molti ritengono in effetti che sia stata la sua morte a scatenare in Messico la guerra dei narcos per prendere il suo posto. Che da allora non si è più fermata.