Perché i leader europei non sanno più sorridere (e hanno poco da ridere)

Alessandro Giuli

Una sopraggiunta ebetudine s’è impadronita del nostro mondo e ha fissato il suo attimo di verità nella recente foto clandestina di François Hollande, quella subito proibita dal protagonista infelice con l’effetto di renderla ancor più virale. Nello scatto in questione il presidente francese, gli occhi spalancati sul nulla accompagnati da un sorriso gelatinoso, pare sul punto di vivere qualcosa di simile all’estrema ovvietà di un orgasmo maschile o alla trionfale rilassatezza che segue una minzione troppo a lungo repressa (Stenio Solinas rintracciò simile stupefazione nel volto dei colonnelli finiani, ma è un’altra storia), insomma un excessus mentis sul limitare della demenza. Disastro comunicativo, ma forse c’è di più.

    Una sopraggiunta ebetudine s’è impadronita del nostro mondo e ha fissato il suo attimo di verità nella recente foto clandestina di François Hollande, quella subito proibita dal protagonista infelice con l’effetto di renderla ancor più virale. Nello scatto in questione il presidente francese, gli occhi spalancati sul nulla accompagnati da un sorriso gelatinoso, pare sul punto di vivere qualcosa di simile all’estrema ovvietà di un orgasmo maschile o alla trionfale rilassatezza che segue una minzione troppo a lungo repressa (Stenio Solinas rintracciò simile stupefazione nel volto dei colonnelli finiani, ma è un’altra storia), insomma un excessus mentis sul limitare della demenza. Disastro comunicativo, ma forse c’è di più. Bisognerebbe capire se le sinistre europee vincano male perché non sanno più sorridere o se abbiano stravolto il proprio sorriso a forza di delusioni. Possibile che i leader europei abbiano smarrito la facoltà di aprirsi al dono di un sorriso decente? Soltanto quelli della sinistra oppure anche a destra?

    Servirebbero controprove, ma si fatica a trovare un buon modello goscista per lo meno dai tempi di Tony Blair (lui sì estremamente seduttivo e spontaneo, quasi come Barack Obama che però europeo non è). Il laburista Ed Miliband, per esempio, ha un che di sterile nelle labbra e una cupezza ostile negli occhi. Il suo rivale conservatore, David Cameron, mostra un grado di coscienza infinitamente più basso eppure esprime la sazia freschezza del ragazzone ilare ben cresciuto a Eton. In Spagna fanno bene a rimpiangere la levigatezza infantile di Zapatero, e certo il popolare Mariano Rajoy non oltrepassa i confini dello sguardo penitenziale. In Grecia a dire il vero non sorride più nessuno da anni. Nel nord dell’Europa è difficile decrittare il senso scolpito in certe maschere così algide, ed è impervia la lettura delle rughe da espressione per dare un giudizio fermo. La Germania è diversa, qui tuttavia la sinistra patisce la distanza incolmabile che separa il vecchio sorriso faustiano di Gerhard Schröder dalle smorfie professorali di Peer Steinbrück. A Berlino vince senz’altro la severa bonomia materna di Angela Merkel. E in Italia? Al netto della chirurgia plastica, non c’è partita: prima di vederselo espropriare dai tribunali, Silvio Berlusconi deteneva il primato nazionale del sorriso più convincente e non soltanto politico. Provincialissimo, guascone, sicuro, ironico e un po’ galeotto (sempre lì si torna), sarebbe piaciuto a un letterato-teppista come Jean Genet. Niente a che vedere con la fissità rettilare dei moderati di centro e dei malvissuti di destra. A sinistra, invece, per risultare gradevoli è d’obbligo allontanarsi dal grigiore dell’apparato, dall’espressionismo levantino di Massimo D’Alema, dalla tristezza estenuata di Pier Luigi Bersani (anche quando ride sembra sempre l’inquilino depresso d’una tela di Van Gogh), dalla soddisfazione sepolcrale dei cattolici-popolari (per lo più sorrisi di rancore e rivalsa, i loro). Resterebbe dunque il giovane Matteo Renzi, ma in lui permane il dolo di quel labbro inferiore così pendulo da negargli irrimediabilmente la profondità dell’età adulta.

    C’è infine chi ha scelto di non sorridere perché gli è sufficiente la volontà del gesto che non ammette smentita. E qui rinviamo a un’altra serie di fotografie, quelle della recentissima serata pietroburghese in cui il glaciale Vladimir Putin accoglie Frau Merkel, seduta accanto a lui, nel tepore di una coperta autunnale. Il presidente russo fa prima garrire il suo mantello nell’aria e poi vi imprigiona una cancelliera passivamente grata: in quel preciso momento la Germania è cosa sua, Berlino si allontana da Washington e dall’intervento in Siria. Nelle stesse foto appare anche l’atlantista Cameron, seduto lì vicino, sciaguratamente prigioniero in un suo altrove, distratto dal nodo della cravatta e da un incognito potente della Terra che da lontano gli estorce un sorriso rubizzo, mentre Vladimir ha già avvoltolato Angela come farebbe un cacciatore asiatico con la selvaggina dei suoi boschi. Sorridere aiuta, ma non basta a strappare un raggio di gloria.