Brividi caldi
Quest'anno i ghiacci artici hanno disobbedito ai fanatici del global warming. Ecco perché (forse)
Durante la scorsa primavera non era difficile imbattersi in articoli che, citando studi recenti e analisi sicure, prevedevano lo scioglimento quasi completo dei ghiacci dell’Artico per l’estate. Il trend degli ultimi anni era effettivamente quello, con il picco negativo della scorsa estate, a suggellare quanto i cantori della fine del mondo per autocombustione vanno intonando da un decennio almeno: il leggendario passaggio a nord-ovest finalmente libero, guerre per le trivellazioni tra stati ed eschimesi che impacchettano gli igloo per traslocare. Niente di tutto ciò, invece.
Durante la scorsa primavera non era difficile imbattersi in articoli che, citando studi recenti e analisi sicure, prevedevano lo scioglimento quasi completo dei ghiacci dell’Artico per l’estate. Il trend degli ultimi anni era effettivamente quello, con il picco negativo della scorsa estate, a suggellare quanto i cantori della fine del mondo per autocombustione vanno intonando da un decennio almeno: il leggendario passaggio a nord-ovest finalmente libero, guerre per le trivellazioni tra stati ed eschimesi che impacchettano gli igloo per traslocare. Niente di tutto ciò, invece. Almeno non adesso: ad agosto i ghiacci artici hanno registrato un incremento del 60 per cento rispetto allo stesso mese dello scorso anno, con conseguente passaggio a nord-ovest bloccato per tutto l’anno e navi che hanno cambiato le loro rotte per non rimanere bloccate nei ghiacci. La notizia è apparsa sui quotidiani inglesi, e subito è stata gara a chi traeva le conclusioni più affrettate: “Il mondo si sta raffreddando”, scrivevano in un eccesso di entusiasmo il Mail on Sunday e il Telegraph; “non si può prendere il dato di un singolo anno per trarre conclusioni generali”, rispondeva il Guardian, forse dimenticando che lo scorso anno, con il record di ghiacci sciolti, si era invece fatto lo stesso.
Come ovvio, è sbagliato dare letture “estreme” sui dati sia in un senso sia nell’altro. L’estensione dei ghiacci artici si calcola da appena trent’anni, troppo poco per avere certezze sul loro comportamento. Secondo studi scientifici che ultimamente stanno emergendo è sempre più evidente che, sebbene nel contesto di un pianeta che si scalda, il ghiaccio marino non è dipendente dalle temperature in modo lineare e diretto. In effetti le temperature in quelle zone salgono fino a 1 o 2 gradi sopra lo zero per non più di quattro settimane all’anno. L’estensione del ghiaccio nell’area artica è condizionata sì dalla circolazione atmosferica (venti di superficie che allontanano dal circolo polare il ghiaccio che quindi si scioglie di più), ma soprattutto dalle correnti marine: quest’anno – spiegano gli studiosi – in assenza di venti particolarmente significativi, il ghiaccio ha seguito una tendenza che è governata proprio dalle correnti. Sono principalmente due gli indici che misurano le variazioni climatiche degli oceani: il Pdo (Oscillazione pacifica decadale) e l’Amo (Oscillazione atlantica multidecadale).
Entrambi hanno ciclicità trentennale. Quando negli anni Settanta si pensava che fosse imminente un’èra glaciale, e i ghiacci artici si espandevano, erano entrambi negativi; quando tra la fine degli anni Ottanta e i Novanta i ghiacci artici hanno cominciato a retrocedere, erano positivi. Quando uno dei due, il Pdo, ha virato in negativo nei primi anni Duemila il ghiaccio – con molta inerzia – ha cominciato a dare segni di recupero. Tra qualche anno anche l’altro indice dovrebbe tornare in fase negativa, ed è quindi possibile che i ghiacci artici tornino a crescere invece che scomparire. L’unica certezza è che, non essendosi sciolto del tutto quest’anno, l’anno prossimo il global warming avrà più ghiaccio da consumare. Al solito, è difficile fare previsioni. Ad agosto, per fare un esempio, sull’Atlantico non si sono registrati uragani. Non succedeva da 11 anni. Ecco perché, nel dubbio, sempre più scienziati parlano di una “pausa” del riscaldamento.
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