Le due vie del prigioniero

Il Cav. nell'angolo, tra cupio dissolvi e lotteria dei referendum

Salvatore Merlo

Silvio Berlusconi ha registrato un altro videomessaggio, questa volta per il lancio di Forza Italia, un discorso duro con i magistrati, “forti della totale irresponsabilità e impunità di cui godono”, un intervento contro l’uso politico della giustizia, dai toni sostenuti eppure ancora ambiguo nei confronti del governo, il cui destino è incerto com’è incerto l’umore mobile del Cavaliere condannato. Ieri, per lui, è stata un’altra giornata di consulti e telefonate, colloqui e orizzonti di salvezza, cupe previsioni e improvviso ottimismo. “Anche se interdetto dai pubblici uffici puoi sempre fare ricorso e candidarti comunque”, gli dicono Niccolò Ghedini e Denis Verdini, che lo spingono all’azione risoluta.

    Silvio Berlusconi ha registrato un altro videomessaggio, questa volta per il lancio di Forza Italia, un discorso duro con i magistrati, “forti della totale irresponsabilità e impunità di cui godono”, un intervento contro l’uso politico della giustizia, dai toni sostenuti eppure ancora ambiguo nei confronti del governo, il cui destino è incerto com’è incerto l’umore mobile del Cavaliere condannato. Ieri, per lui, è stata un’altra giornata di consulti e telefonate, colloqui e orizzonti di salvezza, cupe previsioni e improvviso ottimismo. “Anche se interdetto dai pubblici uffici puoi sempre fare ricorso e candidarti comunque”, gli dicono Niccolò Ghedini e Denis Verdini, che lo spingono all’azione risoluta. Ma lui, alieno com’è da tutte le moine giuridiche, anche quelle che più gli piacciono come questa che lo vorrebbe imperituramente in sella, è specialista nel farsi remoto, distaccato, come se non si parlasse di lui, composto in una specie di allegrissima noia: “Non so che fare”.

    La crisi di governo che lunedì sembrava aperta e inevitabile è adesso una delle possibilità, ma non l’unica. E’ forse vero, come gli suggerisce Verdini, che stare al governo non gli ha giovato, “non è servito a nulla”, dice anche Daniela Santanchè. E dunque il Cavaliere s’immerge in un dubbio dilacerante e sempre uguale se stesso: rompere o non rompere? Ma come rompere? Trasformandosi da vittima giudiziaria in carnefice della grande coalizione? Forse non conviene passare da guastatori quando si è vittime di sabotaggio. E poi, se lui non può candidarsi, chi altro può sostituirlo degnamente? “Nessuno”, forse soltanto Marina Berlusconi, ma questo è un pensiero che padre e figlia tendono a occultare, a negare forse persino a se stessi, malgrado sia l’unica soluzione alla quale entrambi sono ormai giunti. Così, nei recessi più remoti della mente del Cavaliere, nei conciliaboli confusi e convulsi, di fronte alle troppe incognite d’una svolta esplosiva e crisaiola, fa capolino una seconda possibilità, un’altra via. C’è anche la possibilità di battersi come leoni, farsi dichiarare decaduto dal Senato dopo una battaglia in Giunta, all’ultimo voto, denunciare così l’aggressione delle toghe e del Pd chiodato, e contemporaneamente, accettando anche la detenzione domiciliare, dichiarare che il Pdl non ha intenzione di danneggiare il governo più di quanto le frange facinorose della sinistra non abbiano già fatto. Per Berlusconi ai domiciliari, prigioniero libero nel Castello di Arcore, resterebbe la battaglia sulla giustizia, resterebbero i referendum radicali da vincere, quei quesiti che, con la raccolta delle firme, e poi nelle urne, sarebbero il suo lavacro, un referendum sulla figura dello stesso Berlusconi. Il Cavaliere ci pensa, soppesa queste ipotesi, ma il suo andamento è un trotterello spezzato, un lento beccheggiare, un arresto un po’ pensile e dubbioso: “E se i referendum non me li fanno fare?”, si tormenta.

    “Nemmeno Amleto rischiava come lui”
    E allora bisogna rifletterci ancora un po’, stare a vedere, valutare, mentre il tempo scorre e gli uomini del Pdl, i capigruppo e i ministri, i coordinatori e i colonnelli, con le loro alterne dichiarazioni a mezzo stampa si trasformano nei metronomi d’un perenne stato di pre-crisi che mai esplode. Bugiardo, ma sincero, per ciascuno dei cortigiani, siano questi dei tostissimi falchi o delle aggraziate colombe, il Cavaliere ha sempre pronto il suo numero, il suo teatrino, e tutti ci cascano prendendo lo spettacolo per esclusivo: con i falchi vuole rivoltare il mondo, il Quirinale e pure Palazzo Chigi; con le colombe è invece pieno di timidezze, pudori e buon senso istituzionale. Ma quando Berlusconi è con gli amici e con gli affetti famigliari, quando pranza con Fedele Confalonieri, allora il Cavaliere mostra il suo volto più vero, quell’incerta maschera shakespeariana che il presidente di Mediaset, lui che ama la letteratura inglese, conosce a memoria: “Silvio è Amleto. E bisogna capirlo. Ma il principe di Danimarca aveva meno problemi di Berlusconi. Doveva soltanto vendicare il padre, non stava mica giocando con la sua pelle”.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.