Parla Flavio Briatore

Mr. Billionaire consiglia al Cav. di contrattaccare con fatalismo governista

Salvatore Merlo

“Non mi permetto di dare consigli a Berlusconi, che si trova in una situazione pazzesca. Ma le elezioni non sarebbero una cosa buona in tempo di crisi economica, anche perché non cambierebbe niente”. Flavio Briatore ha un punto di vista interessante, la sua è una sensibilità simile a quella del Cavaliere, spiccia e prensile, funzionalista, un po' ribalda. E dunque l'imprenditore, l'amico di Silvio Berlusconi e Daniela Santanchè, quello che al Cavaliere non troppo tempo fa ha messo a disposizione le spiagge candide di Malindi, distilla un pensiero che potrebbe appartenere al sovrano di Arcore in persona, e pure all'intera antropologia del ventennio berlusconiano, ammesso che esista.

L'editoriale Game over del Pd

    “Non mi permetto di dare consigli a Berlusconi, che si trova in una situazione pazzesca. Ma le elezioni non sarebbero una cosa buona in tempo di crisi economica, anche perché non cambierebbe niente”. Flavio Briatore ha un punto di vista interessante, la sua è una sensibilità simile a quella del Cavaliere, spiccia e prensile, funzionalista, un po’ ribalda. E dunque l’imprenditore, l’amico di Silvio Berlusconi e Daniela Santanchè, quello che al Cavaliere non troppo tempo fa ha messo a disposizione le spiagge candide di Malindi, distilla un pensiero che potrebbe appartenere al sovrano di Arcore in persona, e pure all’intera antropologia del ventennio berlusconiano, ammesso che esista. “L’Italia è un paese strano”, dice. E così Briatore introduce quasi un luogo comune del berlusconismo, eccolo: “In Italia chi ha il potere non comanda, chi sta al governo non conta niente”. Ma poi l’amico del Cavaliere si discosta un po’ da Berlusconi, fa una pausa, soppesa le parole, e articola una conclusione solo apparentemente lontana dalla premessa. “Quindi è meglio che resti questa grande coalizione di Enrico Letta. Anche se non fa nulla, anche se le riforme rimangono chiacchiere. La verità è che la stabilità tranquillizza investitori e mercati. Anche un governo che non fa nulla ha un suo senso”. Lo chiameranno il paradosso di Briatore. “E’ tutto un fatto psicologico”, sentenzia disinvolto.

    Guascone di successo, Flavio Briatore ha nella sua biografia una bella collana di cose riuscite, a cominciare dalla Formula uno, dove ha vinto molto negli anni passati con la Benetton e la Renault. “Chi arriva può essere cretino, chi sta su per anni non può essere cretino”, è una massima del “mondo”. E insomma il fondatore del Billionaire, l’eccessiva discoteca della Costa Smeralda, non parla soltanto dal punto di vista dell’Italia sardoestiva, del paese alle ostriche, del brum brum sulla Porsche e della vita sgargiante, ma riflette il punto di vista d’un uomo risolto e pure amichevolmente partecipe delle disavventure del Cavaliere condannato, neghittoso e titubante, lui che mercoledì prossimo si troverà con un piede fuori dal Parlamento. “Io Silvio lo capisco”. Briatore è amico di Berlusconi, “eppure”, racconta, “sono d’accordo con le cose che dice Giorgio Napolitano, quando invita all’unità e alla concordia, alla stabilità. E’ un momento difficile in tutta Europa, e ha ragione anche Ennio Doris, il presidente della Banca Mediolanum, che tifa perché il governo duri. Doris, che è di casa ad Arcore, riflette gli interessi del sistema economico. Tutti sanno che ci vuole stabilità di governo, anche se un po’ di riforme sarebbero meglio della semplice palude, del tirare a campare. Tuttavia trovo strano che in una coalizione di larghe intese ci sia un accanimento così violento nei confronti di Berlusconi che ne è azionista”. E insomma la concordia, pensa Briatore, non può essere a senso unico. “Io Silvio lo capisco benissimo”, confessa in un moto d’immedesimazione che gli viene naturale, spontaneo. “Lui si trova schiacciato, spinto nell’angolo con ingratitudine e cattiveria. Penso che ne soffra. Una cosa sono le leggi, un’altra è provare piacere nel distruggere gli avversari”.

    “Elezioni? Ma guardate la Borsa”
    E dunque a Briatore il governo non piace, eppure lo reputa necessario. E’ inutile, ma indispensabile. “L’Italia è l’unico paese del G7 a non aver intercettato la ripresa nemmeno nei calcoli statistici”, dice. “In Italia si fanno tante chiacchiere in televisione, ci sono più talk-show politici che spettatori. Ma fatti zero. Persino la Spagna, che sta malissimo, ha più energie di noi. Ecco, se dovessi immaginare, lavorare di fantasia, sforzarmi, allora mi piacerebbe che Berlusconi diventasse il pungolo, il rompiballe di questo governo che deve restare in piedi, ma non fa nulla. Non ci serve una crisi di governo, ci serve un governo del fare”. E dunque si abbandona un po’, Briatore. Tradisce le sue intenzioni iniziali, e alla fine dà un consiglio al suo amico Cavaliere incerto e indecifrabile. “Berlusconi dovrebbe spingere Letta a fare le riforme strutturali. Stare nel governo per pesare. Il nostro sistema produttivo è scarsamente competitivo, e Silvio lo sa meglio di tutti noi. Gli imprenditori come me vanno all’estero perché il costo del lavoro è troppo alto in Italia e la pressione fiscale è asfissiante. Ci sono troppi costi, conviene aprire aziende fuori dall’Italia. E questo è un disastro. Ma il governo non cadrà, guardate l’altalena di certi titoli in Borsa. Nessuno ha interesse a farlo cadere”. Nemmeno Berlusconi? “Nessuno”.

    L'editoriale Game over del Pd

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.