Come una semplice giunta è diventata una fantastica curva del Tabaccaio
Ei fu… vorrebbero intonare mercoledì (18 settembre) i nemici del Cav.. La data c’è, il voto è scontato, è il percorso che appare accidentato. Ma per il Napoleone di Arcore il verso manzoniano, decadenza o no, appare prematuro. Sì, certo, è tutta una mezza tragedia, ma come disse D’Alema: “Berlusconi può uscire dal Parlamento, non di scena. Finché mantiene la presa sul partito continuerà a esercitare un ruolo politico”. E’ venerdì 6 settembre e il Massimo pensiero viene disancorato dal porto di Genova, Festa Pd. Da quel momento, il dibattito pubblico e privato si accascia sul voto della giunta per le immunità del Senato dove l’Augello non è riuscito a far festa.
Ei fu… vorrebbero intonare mercoledì (18 settembre) i nemici del Cav.. La data c’è, il voto è scontato, è il percorso che appare accidentato. Ma per il Napoleone di Arcore il verso manzoniano, decadenza o no, appare prematuro. Sì, certo, è tutta una mezza tragedia, ma come disse D’Alema: “Berlusconi può uscire dal Parlamento, non di scena. Finché mantiene la presa sul partito continuerà a esercitare un ruolo politico”. E’ venerdì 6 settembre e il Massimo pensiero viene disancorato dal porto di Genova, Festa Pd. Da quel momento, il dibattito pubblico e privato si accascia sul voto della giunta per le immunità del Senato dove l’Augello non è riuscito a far festa: “La situazione è decisa dal punto di vista politico, deve solo decantare dal punto di vista formale: mi sembra probabile che la mia reazione sarà respinta” (12 settembre, giovedì). In mezzo, una bagarre di bolidi che neanche alla curva del Tabaccaio del circuito di Montecarlo. Renato Schifani fissa Bruno Vespa e piomba in piena Seconda guerra mondiale evocando “il plotone d’esecuzione” e “la camera a gas” (raffica dagli studi di “Porta a Porta”, lunedì 9 settembre ore 22,04, 22,15) , Daniela Santanché su un altro schermo mette sul giradischi il solito refrain “il Pd ha aperto la crisi di governo” (ore 23, “Piazza Pulita”, La7). Off. Tv spente. Tutti a nanna. On. Il martedì satellitare s’apre con il saluto di Renato Brunetta da “Uno Mattina”: “Se il Pd assieme ai grillini decide, già stasera, di votare contro le pregiudiziali del relatore Augello, il Pd fa decadere il governo Letta”, mentre Bondi non perde tempo a guardare la tv, ma compulsa Repubblica che squaderna un’intervista in stile Tombstone di Emanuele Macaluso, migliorista, vecchio amico di Giorgio Napolitano. “Toni sbrigativi e perfino caustici”, chiosa Bondi. Si gratta la testa Maurizio Gasparri che alle 11 e 41 riscopre le virtù del perdono: “C’è spazio per la grazia”. Alfano s’inalbera: “Atteggiamento insopportabile”. Quagliariello sopisce: “Non faremo atti inconsulti”. Maroni fa l’indovino (e sbaglia): “Voto stasera, il governo ha le ore contate”. Bernini evoca il golpe: “Votare la decadenza è un atto eversivo”. Malan annuncia: “Presento la quarta pregiudiziale”. Il Pd si sveglia dalla siesta, sposta il sombrero e affida una replica a Davide Zoggia: “Diciamo basta con questo capovolgimento della realtà”. Augello fa il fantasista: “Occorre individuare una nuova procedura”. E’ appena martedì, si discute in giunta da 48 ore, sul ring volano parandenti, denti e guantoni, alla fine della giornata arriva l’unica decisione possibile: tutto rinviato a giovedì. Ma la sera dalle parti del Pd succede qualcosa, lo capta Brunetta: “Penso che il Pd sia stato frenato da Napolitano”. Ora la discussione procede a ritmo più lento, sul blog di Beppe Grillo esce il titolo millenarista: “E’ giunta l’ora, fuori”, intanto arriva a Milano da Hong Kong la rogatoria Mediatrade, il sempre gessato Vietti dal Csm dice le solite cose che dice Vietti da quando è ingessato al Csm e cioè che “è irricevibile la teoria complottista che addebita ai magistrati intenti o strategie persecutoria”. La giunta rinvia ancora e Martino riapre i sacri testi della Scuola di Chicago: “Berlusconi? Io considero chi si sottrae ai balzelli del fisco un patriota perché sottrae soldi al pubblico spreco”. E il Patriota che fa? Da giorni è silente. Riceve. Ascolta. Fa e disfa. Umore altalenante. Riunioni di famiglia. Amici che s’alternano nei consigli per gli acquisti. Alla fine s’arriva alla data e anche all’ora del redde rationem: sarà mercoledì prossimo alle 20,30. Sul Foglio prima Ennio Doris (giovedì 12 settembre) e poi Flavio Briatore (billionata del venerdì 13) dicono al Cav. di lasciar perdere i colpi di testa e soprattutto di governo. E’ tutto un capovolto memento a Silvio: resistere, resistere, resistere. E niente sfascio. Tutto bene? No, perché il crash è dietro l’angolo. E non è quello politico. L’Europa ci sorveglia. L’America ci osserva. Non siamo più bonos e il vantaggio sullo spread che avevamo sulla Spagna s’è bruciato, Draghi dice che la ripresa in Europa “ha i germogli molto verdi” ma non in Italia (avviso dalla Lituania, 12 settembre), l’Ilva di Taranto sotto assedio giudiziario annuncia 1.500 esuberi nelle società satellite del gruppo (giovedì) e Susanna Camusso esibisce un patriottismo a quattro ruote motrici con un illuminato invito al governo che “deve immaginare una politica di attrazione di un altro produttore automobilistico ponendo fine all’idea che in Italia a produrre sia solo la Fiat che ci ha già tanto penalizzato”. Marchionne risponde il venerdì da Torino: “Altri produttori? Li invito a venire”. Sorride. Perché sa che Camusso non sa che l’Italia resta all’83° posto nell’indice della libertà economica compilato da Heritage Foundation e Wall Street Journal. Seguiamo Uganda, Paraguay, Sri Lanka e Arabia Saudita. No, nessun libero viene a fare il prigioniero volontario in Italia.
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