L'esproprio e i traditori spingono Berlusconi all'ultima battaglia

Salvatore Merlo

“Non c’è alternativa”, scuote la testa Daniela Santanchè, che con il Cavaliere ha stabilito una rara corrente d’intonazione. “Da una parte c’è la fine certa”, dice la pasionaria, “dall’altra il voto anticipato, la possibilità di un lavacro elettorale. Potrebbe anche non andarci bene, potremmo anche fallire, ma bisogna tentare. Non c’è scelta”, ma solo un ultimo colpo di coda, la sfida tra una oscura certezza e l’incognito miraggio del lieto fine. Certo niente è ancora deciso, Silvio Berlusconi registra, cestina e poi registra ancora un videomessaggio che forse, forse, oggi sarà trasmesso dalle sue televisioni.

Cerasa Effetto “Renzbollah”

    “Non c’è alternativa”, scuote la testa Daniela Santanchè, che con il Cavaliere ha stabilito una rara corrente d’intonazione. “Da una parte c’è la fine certa”, dice la pasionaria, “dall’altra il voto anticipato, la possibilità di un lavacro elettorale. Potrebbe anche non andarci bene, potremmo anche fallire, ma bisogna tentare. Non c’è scelta”, ma solo un ultimo colpo di coda, la sfida tra una oscura certezza e l’incognito miraggio del lieto fine. Certo niente è ancora deciso, Silvio Berlusconi registra, cestina e poi registra ancora un videomessaggio che forse, forse, oggi sarà trasmesso dalle sue televisioni. Ritorna Forza Italia, e con il nuovo/vecchio partito, Berlusconi ha intenzione di contrattaccare “la magistratura politicizzata e irresponsabile”. Ma il Cavaliere non ha una linea certa, né un orizzonte sicuro verso il quale dirigersi, soppesa l’idea della crisi, ma la abbandona subito dopo, per poi tuttavia riappropriarsene. Il Berlusconi variabile interpreta se stesso all’infinito, come il Buffalo Bill di Altman, gigante di un povero mondo dove tutto è rimasticato: l’accanimento giudiziario, la sfida con le toghe, la Cassazione e l’ultima condanna, ieri, il risarcimento milionario a Carlo De Benedetti (541 milioni di euro per il lodo Mondadori), quell’ultima sentenza che ha portato anche Marina Berlusconi dalla parte dei duri, dei falchi. “Questa non è giustizia”, ha detto l’erede, la Berlusconi in gonnella, “è un altro schiaffo alla giustizia. Rappresenta la conferma di un accanimento sempre più evidente”. E adesso, nel Pdl tormentato che diventerà Forza Italia, si agita prepotente anche lo spettro velenoso del tradimento.

    Prima erano soltanto ironici sussurri, cenni maliziosi, un darsi di gomito tra i falchi, un codice di guerra interno, una grammatica condivisa da Denis Verdini, da Daniela Santanchè, da Mariarosaria Rossi e da pochi altri all’interno delle mura del Castello. “Guarda, guarda i traditori che stanno al governo”. Ma la confessione rubata, lunedì, da “Piazza Pulita” a Giuseppe Castiglione, sottosegretario e dignitario del Pdl in Sicilia, quel fuori onda in cui il senatore amico di Angelino Alfano gestualizza il non detto, rimescola l’aria con la mano destra, come usa a Catania, e dunque ammette che “se Berlusconi fa cadere il governo c’è una vasta area di fronda… Tre senatori sono molto vicini a me, e sono della cosa…”, ecco la confessione di Castiglione ieri ha accelerato la frequenza con la quale il Cavaliere accarezza, abbandona, e poi riprende con foga l’idea della crisi.
     
    I dubbi di Letta il Vecchio
    Berlusconi s’allontana un momento, seccato, ma poi non può fare a meno di tornare con il pensiero al progetto di un’ultima grande battaglia elettorale che lo salvi dal nodo scorsoio che sente stringersi sempre più saldo al collo. E adesso, dopo che la Cassazione ieri ha anche stabilito che non c’è più scampo, che si dovranno pagare 541 milioni di euro al nemico De Benedetti, e dopo le parole allusive di Castiglione (“se Forza Italia è un asset aziendale noi non ci siamo… non c’è nemmeno Alfano”), d’improvviso, tutto in una volta, hanno preso forza, guadagnato credito, anche i consiglieri di guerra. Gli chiedono una delle sue “pazzie presidenziali” inzuppate di ragione, un’altra esplosione della sua fantasia imprevedibile e tortuosa, capace di provocavare entusiasmi travolgenti (e al tempo stesso inguaribili odii). “Non c’è alternativa alla crisi”, dice Daniela Santanchè, avvolgente e appassionata Pitonessa, “o il governo cade o è la morte, la fine. Quelli se lo cucinano”, dice. E così raccontano che persino Gianni Letta, il cauto Letta, da qualche giorno non è più sicuro di sé, dei suoi consigli sempre pettinati. Persino il Gran visir del berlusconismo adesso allude all’abbandono dei modi felpati, della diplomazia, della trama mediorientale. Nel Pd raccontano che Letta il Vecchio ha pure confessato i suoi dubbi a Letta il Giovane, nipote e presidente del Consiglio, il premier che sempre ha tenuto sotto controllo la temperatura del Pdl agitato grazie allo zio, e proprio per questo mai ha creduto troppo alle minacce di crisi. “E’ un bluff”, diceva ai suoi collaboratori di Palazzo Chigi. Fino a ieri. Ma adesso anche lui, anche il capo del governo ammette, per la prima volta da quando il Cavaliere s’è trasformato in Amleto, che “il mio governo è in bilico”.

    E dunque, di fronte a Berlusconi, sempre incerto com’è, di fronte a quest’uomo variabile e contrariato, ieri è apparsa ancora una volta, nitida e tremenda, l’immagine dello sfacelo, della fine ingloriosa: il “tradimento” dei suoi, “l’esproprio” dei denari, e infine, anche la perdita della libertà. Troppo per un ego grandioso e ipertrofico come il suo, capace di eccessi, come succede per tutte le creature che ebbero dal destino troppi doni. L’intelligenza e la capacità di antivisione sono virtù tonificanti, ma anche una maledizione.

    Cerasa Effetto “Renzbollah”

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.