Cosa fa il generale al Sisi

Operazioni militari e farina di Putin. E' il piatto del Cairo

Daniele Raineri

La giunta militare in Egitto è impegnata a fondo su due priorità: la guerra aperta all’opposizione musulmana e le importazioni vitali di farina. Ieri mattina le forze di sicurezza sono entrate a Kerdasah, area periferica del Cairo, per un’operazione contro gli islamisti. Nella topografia sterminata della capitale Kerdasah è insignificante, è soltanto un angolo povero della zona di Giza, ma nella lotta tra il nuovo governo militare retto dal generale Abdel Fattah al Sisi e i rivoltosi decisi a vendicare la soppressione – politica e fisica – dei Fratelli musulmani ha un significato speciale.

    La giunta militare in Egitto è impegnata a fondo su due priorità: la guerra aperta all’opposizione musulmana e le importazioni vitali di farina. Ieri mattina le forze di sicurezza sono entrate a Kerdasah, area periferica del Cairo, per un’operazione contro gli islamisti. Nella topografia sterminata della capitale Kerdasah è insignificante, è soltanto un angolo povero della zona di Giza, ma nella lotta tra il nuovo governo militare retto dal generale Abdel Fattah al Sisi e i rivoltosi decisi a vendicare la soppressione – politica e fisica – dei Fratelli musulmani ha un significato speciale. Il 14 agosto, mentre al Cairo le forze di sicurezza irrompevano nei sit-in dei sostenitori dell’ex presidente nominato dalla Fratellanza, Mohammed Morsi, facendo centinaia di morti, un gruppo numeroso di abitanti di Kerdasah attaccò per rappresaglia la stazione di polizia locale. Gli islamisti avevano mitragliatrici e lanciarazzi e in poche ore costrinsero i poliziotti  a uscire dall’edificio in fiamme e li trucidarono, spogliandone alcuni, trascinando altri sull’asfalto legati con corde alle macchine (di quel giorno restano immagini girate con i telefonini in mezzo alla folla di aggressori). Dopo Delga, la piccola città a sud della capitale che già da luglio era fuori dal controllo della polizia ed è stata occupata la settimana scorsa, Kerdasah era il secondo obiettivo naturale della campagna delle forze di sicurezza per sfidare gli islamisti egiziani dove sono più forti.

    In Egitto la spaccatura tra i Fratelli musulmani bruscamente caduti dal governo nella polvere e il resto del paese innamorato del generale al Sisi è completa: le moschee celebrano i funerali dei caduti negli scontri a luci spente e senza altoparlanti, per non attirare l’attenzione dei militari e dei loro sostenitori, come ha scritto il New York Times in un reportage di ieri. Gli islamisti chiamano i loro nemici “schiavi, leccapiedi dei generali, cristiani nemici dell’islam”; e da loro sono chiamati “pecore”, perché seguono ciecamente i loro leader. I gruppi jihadisti hanno trovato negli avvenimenti degli ultimi tre mesi una conferma alla solita, vecchia linea: l’esercito è contro l’islam e va sfidato con le armi. Si sono presi l’incarico di reagire con violenza estrema – ieri la tv egiziana ha parlato di due bombe trovate nella metropolitana

    Ci sono molti elementi che fanno credere che questa rivolta sarà peggio di quella degli anni Novanta, quando militari e islamisti si combattevano a colpi di attentati e ondate di repressione; per esempio la vicinanza con la Libia diventata dopo Gheddafi un grande mercato clandestino di armi.
    Secondo il Wall Street Journal, il governo dei militari da quando si è insediato a luglio è concentrato sul problema delle importazioni di farina. L’Egitto è il primo importatore di farina al mondo, e su questo dato precario si regge una popolazione di 80 milioni di persone che alla politica chiede soltanto e a stragrande maggioranza – scrive ancora Reem Abdellatif per il Wsj – “pane a un prezzo minore”.

    Mercoledì la Russia ha annunciato che risolverà le richieste di farina dall’Egitto con un accordo a lungo termine che potrebbe durare da tre a cinque anni. Il Cairo ha anche chiesto a Mosca di investire 260 milioni di dollari nella costruzione di nuovi silos, e pare che i russi siano d’accordo. Un altro passo che allontana l’Egitto dalla sfera di influenza occidentale e lo porta verso est.

    • Daniele Raineri
    • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)