Amiche mie

Annalena Benini

Poiché non è possibile essere adulti soddisfatti, privi di rimpianti e di fallimenti, non si può vivere senza amici. Senza la migliore amica, soprattutto. Senza una società sovversiva di donne che, secondo Lena Dunham, la creatrice di “Girls”, “hanno fra loro rapporti più intensi e drammatici di una storia d’amore”. Lei pensa alle ragazze che si sono conosciute al college, e adesso dividono le case, le notti, i test di gravidanza, le foto di mutande maschili rigonfie che spesso arrivano sui loro telefoni con una vibrazione, e trova che sia più interessante e complicato quel che succede fra loro di quello che capita fra loro e i proprietari delle mutande.

    Poiché non è possibile essere adulti soddisfatti, privi di rimpianti e di fallimenti, non si può vivere senza amici. Senza la migliore amica, soprattutto. Senza una società sovversiva di donne che, secondo Lena Dunham, la creatrice di “Girls”, “hanno fra loro rapporti più intensi e drammatici di una storia d’amore”. Lei pensa alle ragazze che si sono conosciute al college, e adesso dividono le case, le notti, i test di gravidanza, le foto di mutande maschili rigonfie che spesso arrivano sui loro telefoni con una vibrazione, e trova che sia più interessante e complicato quel che succede fra loro di quello che capita fra loro e i proprietari delle mutande. Non si tratta sempre di amicizie eterne (si litiga, fra amiche, o ci si ignora, ci si perde, si cambia faccia), ma di rapporti intensi che ogni serie televisiva prova da sempre a celebrare, e che diventano presto la base della vita di ogni adolescente: il primo modo che una ragazzina ha per essere certa di esistere è lo sguardo e l’approvazione della sua migliore amica (si scrivono su Facebook: ti amo, sei tutta la mia vita, piangono quando si separano per le vacanze, si dedicano canzoni d’amore e sono gelosissime delle nuove amiche, si mandano milioni di messaggi, molto più che a un innamorato). La migliore amica, ridotta anche al cliché allegro della compagna di sushi e di scambio di scarpe, è il principale mezzo per diventare adulti, e nel frattempo pensare cose indicibili e dirle a lei, come succedeva alle ragazze de “Il gruppo” di Mary McCarthy, molto prima di Whatsapp e del sexting (che molte ragazze fanno per poterlo raccontare alle amiche, per fare copia e incolla delle cose che scrive lui: sextano con una mano, con l’altra mano riferiscono a lei, ridono e si scambiano le foto e le frasi). 

    L’Huffington Post americano ha preparato un decalogo sull’amicizia femminile, mitizzata in un modo che va oltre il pigiama party e oltre il mondo adolescente, e prevede la condivisione del dolore, ma anche la liberazione di raccontare per la ventottesima volta lo stesso noioso episodio, gesticolando e avendo la consolante certezza che lei ascolterà, con lo stesso sorriso, lo stesso trasporto, la stessa capacità di attenzione. La migliore amica è disposta alla guerra, come nei sedici anni, è disposta a farsi dei nemici per difenderci. Fino a che, naturalmente, non diventerà lei la nostra nemica. Perché c’è sempre la possibilità del dramma e della rottura, dell’amore che diventa odio e degli anni senza più dirsi una parola, se non alle spalle. Ma anche quando si diventa faticosamente adulti e non si va più alla farmacia notturna a comprare il test di gravidanza all’amica disperata, il soffio vitale dell’amicizia fra donne resta lì a testimoniare il punto in cui si è arrivate e quel po’ di vita adulta che si può ancora rifiutare. Non ci si sdraia più ubriache sul pavimento del bagno, ma ci si raccontano cose da pavimento del bagno. Nessun segreto di famiglia è al riparo dall’amicizia fra donne e nessuna sconcezza verrà risparmiata nel commentarlo. Lena Dunham ha detto che “Girls” è soprattutto una lettera d’amore al suo gruppo di amiche, oltre che un potente saccheggio dei loro discorsi nei momenti importanti e nei ricordi bui. E’ un rapporto misterioso, anche, in cui ci si usa come specchi, oltre che come momento sovversivo e segreto e come antidoto alla routine delle cose giuste. Senza amiche si rischia di non scoprire più niente del mondo, e di non riuscire nemmeno a dire che quel film al cinema faceva veramente schifo.

    • Annalena Benini
    • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.