Tondeggiante e torreggiante Angela, antipapessa forte, da hard discount
Quella di Angela Merkel è una straordinaria lezione di stile. Voglio parlare del suo impaccio personale, del suo corpo e del corrispondente linguaggio. L’ho vista nell’ultimo giorno di campagna fotografata in un discount: che il paese dell’Übermensch sia rappresentato da una massaia dolcemente e goffamente ancheggiante tra i banconi, o alla cassa con carrello e gran pacchi imballati, è meraviglioso. Essere corporalmente banale, appunto, essere qualunque, smentire la moda: ma che bonanza, che benedizione per un leader di quella forza, di quella serena e malinconica potenza.
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Quella di Angela Merkel è una straordinaria lezione di stile. Voglio parlare del suo impaccio personale, del suo corpo e del corrispondente linguaggio. L’ho vista nell’ultimo giorno di campagna fotografata in un discount: che il paese dell’Übermensch sia rappresentato da una massaia dolcemente e goffamente ancheggiante tra i banconi, o alla cassa con carrello e gran pacchi imballati, è meraviglioso. L’ho vista mentre entrava nell’arena del comizio finale e ho notato che con mossa repentina, sicura e non imbarazzata, si è sistemata la giacca che saliva, che seguiva maldestramente le mani alzate in segno di timido saluto a una folla apprezzata ma non amata, che la apprezza ma non la ama. E non voleva discendere, quella maledetta giacca. Come sempre il colore anche vivace non denotava particolare gusto e il taglio, sebbene curato e in qualche modo risolto a proporzione e misura del suo busto, largheggiante e imponente, risultava banale.
Essere corporalmente banale, appunto, essere qualunque, smentire la moda: ma che bonanza, che benedizione per un leader di quella forza, di quella serena e malinconica potenza. La gente apprezza lo swing di Obama, il tratto bello e sexy del suo sguardo e del suo passo, l’intelligenza come dote naturale che arricchisce il corpo del potere e se ne fa arricchire. Filosofia del black. Ma l’altro potere occidentale, disperatamente bianco, si esprime in una lingua dei tratti pertinenti, delle fattezze e delle manifestazioni di sé, che non ha niente di stupidamente iconico. Non è My fair Lady, è una donna della Bild Zeitung a passeggio nella storia d’Europa. Fa la differenza dal narcisismo dei maschi, concede come un dono la sua debolezza, la sproporzione di potere e gloria mondana, si sente in lei la deliziosa aria mattutina di Frühstück, quella voracità per i formaggi che l’orrido Sarkozy seppe rimproverarle con indecenza, sputtanando la politesse francese a sorpresa. Solo i gay forse, quelli che non hanno mandato al macero la loro sensibilità primordiale di incantatori della vita, potrebbero capirla. Manca un Warhol per darle la consistenza seriale che merita, l’irripetibile riproducibilità all’infinito.
Anche il sorriso è un po’ spento, pur nella sua dolcezza. E’ convincente, non emetterà gli eurobond, l’ha detto da sacerdotessa del benessere di chi lavora sodo e non fa debiti, riforma e non strepita, e si vedeva anche che aveva qualche dubbio, perché la Germania ha bisogno di amici, ha aggiunto, e i suoi amici stanno nell’Europa del disordine. Ci stangherà ancora, noi, i Renzi piacioni e i Letta faticoni senza costrutto, ma lo farà con il rammarico di vincitori veri, quelli che tondeggiano e a loro modo torreggiano. Avremo modo di continuare a temerla, odiarla, non capirla. E’ finalmente una donna cospicua, forte, europea, pastora di vocazione protestante, un’antipapessa che non è toccata dalla lingua misericordiosa di Francesco papa quando si accanisce sullo sterco del diavolo, i suoi occhietti non saettano, i suoi discorsi al Bundestag non svettano, la sua Berlino non sa di Grandeur, ha castrato la colonna della vittoria del Tiergarten, ma promette di farci compagnia, di subire ancora i nostri cucù, e di riposarsi a Ischia con il marito qualche giorno, perché nel suo grandioso atteggiamento normale anche lei è affetta, come tutti, dalla spinta verso il sud dei mari azzurri.
Angela, che inquietudine e che passione dietro il suo spessore intollerabile per gli spin, per la razza dei dominatori e comunicatori senza il becco di un quattrino.
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