Il buono e il cattivo

Napoli ride con Higuain, Sassuolo piange con Di Francesco

Sandro Bocchio

Quando si tratta di nazional-popolare, Aurelio De Laurentiis va fortissimo. Ecco così arrivare Albiol, Reina, Mertens e, soprattutto, Gonzalo Higuain, attaccante con radici argentine, particolare mai secondario a Napoli. Al centravanti è toccato il resto, con la riproposizione di ciò che al Real Madrid aveva potuto mostrare a singhiozzo. Chi non si diverte è invece Eusebio De Francesco entrato, suo malgrado, nella storia. Mai l'Inter aveva realizzato sette reti in trasferta in campionato, c'è riuscito a Reggio Emilia.

    Quando si tratta di nazional-popolare, Aurelio De Laurentiis va fortissimo. Numero uno indiscutibile sui cinepanettone, numero uno in divenire sul calcio. Ha ridato dignità a un Napoli perso tra retrocessioni e crisi finanziarie. Ha indovinato tecnici, ha conseguito risultati, ha restituito credibilità alla città e alla società. Soprattutto ha valorizzato risorse umane, cosa che gli riesce benissimo nel cinema (la coppia che fu Boldi&De Sica) e che gli sta venendo decisamente bene anche con il pallone. Prendete Edinson Cavani, la cui cessione pareva destinata a essere vissuta – ovviamente – come una tragedia. Incassati i 64 milioni del Paris Saint-Germain, non li ha tenuti in saccoccia ma ha investito per dare dimensione europea alla squadra, su precise indicazioni di Rafa Benitez, allenatore abituato a duellare per le coppe e non soltanto per l'orticello di casa. Ecco così arrivare Albiol, Reina, Mertens e, soprattutto, Gonzalo Higuain, attaccante con radici argentine, particolare mai secondario a Napoli. Al centravanti è toccato il resto, con la riproposizione di ciò che al Real Madrid aveva potuto mostrare a singhiozzo. Svanite le ombre di Benzema e, soprattutto, di Mourinho, che lo costringevano a sedersi più in panchina che a divertirsi sul campo, Higuain ha impiegato pochissimo tempo per cancellare a sua volta le tracce ancora lasciate da Cavani. L'uruguaiano segnava? Lui fa altrettanto, e Napoli ride. Tre reti consecutive da quando si è sbloccato a Verona contro il Chievo: quella per incrinare la solidità dell'Atalanta e quella che domenica sera quella ha fissato il successo in casa del Milan dopo ventisette anni, fissando il passaggio di consegne a reale alternativa alla Juventus. E in mezzo il gol con cui ha messo in imbarazzo il Borussia Dortmund, non una squadra qualunque ma la finalista dell'ultima Champions League, applaudita per la capacità di unire la qualità del gioco ai risultati. Il tutto con il suo stile, quello di uno che non ha mai alzato la voce pure quando ne avrebbe avuto diritto nei giorni spagnoli in cui viaggiava a minutaggio ridotto. Higuain ha capito in fretta Napoli e l'Italia, destreggiandosi con abilità nel traffico cittadino come nel confronto con chi dovrebbe marcarlo. Un centravanti che vive un mimetismo più felice di quello imposto alle seconde maglie da De Laurentiis. Pare essere assente, invece prepara l'agguato decisivo, pronto a punire uno spazio troppo invitante come la distrazione del marcatore diretto. Un pragmatismo sconosciuto nelle passate stagioni al Napoli, che tanto creava e altrettanto sprecava. Higuain segue uno spartito differente perché a Madrid avrà pure giocato poco ma ha anche imparato tanto. E De Laurentiis questo chiedeva, per impadronirsi dell'Italia e per divertirsi in Europa.

    Chi non si diverte è invece Eusebio De Francesco entrato, suo malgrado, nella storia. Mai l'Inter aveva realizzato sette reti in trasferta in campionato, c'è riuscito a Reggio Emilia, la sede scelta dal Sassuolo per debuttare in serie A. Una partita imbarazzante, al punto da provare empatica sofferenza davanti alla televisione per come il tecnico si affannava in panchina, schiacciato tra la forza rinnovata dei nerazzurri e la pochezza dei suoi: impotenti sul piano tecnico, soverchiati sotto il profilo psicologico. C'è modo e modo di ritrovarsi a zero punti dopo quattro giornate, gli emiliani hanno scelto quello peggiore, già sotterrati sotto quindici reti dopo averne incassate quattro - e sempre in casa - persino dal Livorno, teoricamente un'avversaria diretta nella lotta per la salvezza. Un cammino in serie A che invece si preannuncia quanto mai breve e doloroso, con il rischio di ritrovarsi già distaccati dal resto del gruppo nello spazio di poche partite. Per Di Francesco si tratterebbe di un doloroso déjà-vu, come avvenuto nella prima esperienza in serie A con il Lecce: cacciato dopo tredici giornate e appena otto punti raccolti. Lungi da noi l'intenzione di portare male, ma la parola fine venne scritta dopo una sconfitta in casa del Napoli. Guarda caso stadio e avversario del primo turno infrasettimanale di mercoledì...