Il “culture clash” di Intesa
Tra Bazoli e Cucchiani la guerra è sul modello, più mercato o più potere
Ieri Intesa Sanpaolo ha scontato in Borsa le conseguenze di uno scontro al vertice dall’esito tuttora incerto, ma che avrà effetti prolungati sulla gestione e sulla governance della prima banca italiana impegnata a rafforzare il proprio patrimonio in vista dei prossimi stress test europei. La disputa riguarda il presidente del consiglio di sorveglianza, organo di supervisione della banca, Giovanni Bazoli, e l’amministratore delegato, Enrico Cucchiani in carica da due anni e dato per “possibile” dimissionario la sera del 25 settembre da fonti interne all’istituto. La “bomba”, come la definiscono gli analisti, è esplosa sulla miccia di indiscrezioni di stampa.
Ieri Intesa Sanpaolo ha scontato in Borsa le conseguenze di uno scontro al vertice dall’esito tuttora incerto, ma che avrà effetti prolungati sulla gestione e sulla governance della prima banca italiana impegnata a rafforzare il proprio patrimonio in vista dei prossimi stress test europei. La disputa riguarda il presidente del consiglio di sorveglianza, organo di supervisione della banca, Giovanni Bazoli, e l’amministratore delegato, Enrico Cucchiani in carica da due anni e dato per “possibile” dimissionario la sera del 25 settembre da fonti interne all’istituto. La “bomba”, come la definiscono gli analisti, è esplosa sulla miccia di indiscrezioni di stampa. Con tutta evidenza, la situazione è sfuggita di mano agli azionisti, che in aprile avevano riconfermato sia Bazoli sia Cucchiani ai rispettivi posti per i prossimi tre anni.
Le divergenza sulla gestione della banca tra Bazoli (81 anni), dominus decennale d’Intesa, e Cucchiani (63), cui viene rimproverata una guida troppo autonoma, in solitaria, della banca, è acclarata. Il Financial Times l’ha definito un “culture clash”, uno scontro di culture. La politica bazoliana si esprime nel supporto bancario, attraverso partecipazioni azionarie, di imprese di rilevanza sistemica nazionale, dalle quali Intesa contava di ottenere dei ritorni, come Alitalia e Telecom. Operazioni dalle quali oggi sia Intesa sia gli altri soci finanziari coinvolti vogliono uscire, perché onerose e perdenti a causa di una gestione complessiva fallimentare. Cucchiani, al contrario di Bazoli, vede il mercato come “agente liberatore dell’economia e di spinta per la democrazia”, dice chi lo conosce. L’ex capo dell’assicurazione tedesca Allianz, insomma, ha una visione mercatista in linea con quella di Mario Greco, capo di Generali, che ha inaugurato quella che i giornali chiamano la fuga dal cosiddetto “salotto buono”.
Non è chiaro chi sostituirà Cucchiani in caso di dimissioni. Indiscrezioni vedono in ascesa Carlo Messina, arrivato in Intesa nel 2008 e diventato direttore generale vicario nel 2012. Ma è solo un’ipotesi, le fonti non convergono: “Se ci fosse da scegliere tra una figura di lungo corso della banca, cioè Bazoli, e un’altra arrivata da poco, non esiterebbero a propendere per la prima”, ha detto ieri a Reuters una persona vicina ai soci. I consigli di gestione e sorveglianza di Intesa Sanpaolo si riuniranno martedì prossimo per decidere. Le fondazioni di origine bancaria, la milanese Cariplo e la torinese Compagnia di San Paolo, sono i principali azionisti d’Intesa e sono il tramite tra la politica locale e la banca. Lì Bazoli ha degli alleati fedeli: uno storico, come Giuseppe Guzzetti di Cariplo, con il quale si muove in tandem. L’altro è l’ex sindaco di Torino, Sergio Chiamparino del Pd, area politica non distante da quella di Bazoli, un cattolico di stampo andreattiano. I maligni giudicano galeotta l’intervista rilasciata a “Report” durante il forum di Cernobbio di inizio settembre nella quale Cucchiani non avrebbe difeso Bazoli sui finanziamenti che Intesa Sanpaolo aveva concesso a Romain Zaleski, il finanziere franco-polacco amico personale di Bazoli e attuale vicepresidente della sua società di partecipazioni Mittel. Quei prestiti non restituiti (incagli) stanno pesando per centinaia di milioni nel bilancio di Intesa che è anche la banca più esposta sulla Tassara, società di partecipazioni di Zaleski, per 1,2 miliardi di euro. Eppure Cucchiani precisò che Bazoli “non aveva ruolo operativo”, scagionando il suo presidente del Consiglio di sorveglianza. Il ruolo operativo lo ricopriva Corrado Passera, allora consigliere delegato. L’informazione non è stata riportata nel video, l’effetto mediatico è stato quello di una coltellata al petto dell’ottuagenario banchiere bresciano.
Il ruolo di Bankitalia, Allianz e Intesa
Martedì il governatore di Banca d’Italia, Ignazio Visco, ha incontrato sia Bazoli sia il presidente del consiglio di gestione di Intesa, Gian Maria Gros-Pietro. L’incontro, ha scritto il Sole 24 Ore, era programmato da tempo. In discussione, secondo quanto pubblicato sul Foglio.it e ieri dal Sole, non ci sarebbero state le possibili dimissioni di Cucchiani, che con Bankitalia ha solidi rapporti (per conto di Allianz ha acquistato 30 miliardi di bond italiani in piena eurocrisi). Bensì il dibattito circa la revisione del modello duale di banca Intesa (consiglio di gestione più sorveglianza). Modello “sperimentale” che Bazoli ha sempre difeso perché stabile. Ma che, implicando l’uso di una schiera di consiglieri (29 in Intesa), costa. Le spese per i manager sono una debolezza che Bankitalia ha spesso rimproverato alle banche. Forse Cucchiani era disponibile a cambiare.
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