Votare, perché no?

Claudio Cerasa

Non succede. Ma se succede, che cosa succede? Ieri pomeriggio, mentre Enrico Letta osservava da New York l’evolversi della bisticciata furiosa tra il Pdl e il Quirinale, la Borsa italiana ha fatto registrare la peggiore prestazione a livello europeo, lo spread è tornato a toccare i 250 punti base, i titoli bancari sono crollati a Piazza Affari e lo scenario di una possibile crisi di governo ha ovviamente allarmato gli investitori. L’instabilità del governo, come ricordato in questi giorni dal presidente del Consiglio, è proporzionale alla sfiducia rivolta dai mercati verso il nostro paese, e su questo non ci piove.

    Non succede. Ma se succede, che cosa succede? Ieri pomeriggio, mentre Enrico Letta osservava da New York l’evolversi della bisticciata furiosa tra il Pdl e il Quirinale, la Borsa italiana ha fatto registrare la peggiore prestazione a livello europeo, lo spread è tornato a toccare i 250 punti base, i titoli bancari sono crollati a Piazza Affari e lo scenario di una possibile crisi di governo ha ovviamente allarmato gli investitori. L’instabilità del governo, come ricordato in questi giorni dal presidente del Consiglio, è proporzionale alla sfiducia rivolta dai mercati verso il nostro paese, e su questo non ci piove. Ma arrivati a questo punto della vita dell’esecutivo la domanda è d’obbligo: siamo proprio sicuri che tornare a votare, dal punto di vista economico, sia davverp un colpo mortale per la stabilità del paese? Lo abbiamo chiesto ad alcuni analisti e operatori dei mercati e la risposta è che no, non sarebbe una tragedia. Ma a una condizione. “Se si dovesse tornare al voto a breve – dice Fabio Fois, Southern European Economist di Barclays, più o meno nello stesso istante in cui il Tesoro comunicava il rendimento più basso fatto registrare da maggio a oggi dai nostri titoli di stato a sei mesi, arrivati ieri allo 0,781 per cento – e ci fosse una nuova legge elettorale in grado di garantire stabilità politica non sarebbe necessariamente un problema. Oggi l’Italia può contare su una serie di elementi stabilizzatori che la metterebbero al riparo da eventuali turbolenze sui mercati finanziari. Elementi come la crescita positiva prevista per l’ultimo trimestre di quest’anno, l’ampio surplus primario di bilancio e il possibile supporto della Bce tramite il programma Omt. Ma l’approvazione di una nuova ed efficiente legge elettorale rimane condicio sine qua non perché si verifichi una transizione pacata nel caso in cui una crisi di governo dovesse precipitare”. Sulla linea del ritorno alle elezioni che potrebbe generare conseguenze niente affatto traumatiche si trova anche Davide Serra, fondatore e partner del fondo di investimento Algebris, finanziere nel giro del Rottamatore Matteo Renzi. E Serra, rispetto a Fois, si spinge anche oltre, sentite.

    Serra sostiene che, per un paese come il nostro, avere un governo ballerino e tentennante rischia di essere più pericoloso rispetto a un governo che cade e prepara la strada a nuove elezioni. E, come Fois, dice che l’unica grande preoccupazione dei mercati riguarda la legge elettorale (legge che dovrà essere modificata entro il tre dicembre, giorno in cui la Corte costituzionale si pronuncerà sulla legittimità del porcellum). Dice Serra: “Se un presidente del Consiglio capisce che il suo governo non riesce a fare molto, che non riesce a fare altro rispetto al semplice vivacchiare, che non riesce a fare le riforme e che non riesce a essere più forte dei ricatti e ricattucci che gli arrivano dal Pdl sono convinto che dovrebbe fare una cosa molto semplice. Dovrebbe andare in Parlamento, dovrebbe dire facciamo subito la legge elettorale e dovrebbe poi accelerare il tragitto verso nuove elezioni. Oggi – continua Serra – le condizioni economiche dell’Italia sono diverse rispetto a quelle del 2011, i conti sono stabili, lo spread non è più ai livelli di guardia, i Bot vengono piazzati senza grandi problemi (ieri il Tesoro ha collocato tutti gli 8,5 miliardi di euro di Bot semestrali programmati, ndr) e sono sicuro che i mercati capirebbero che piuttosto che avere un governo che non riesce a governare è preferibile affrontare un periodo di instabilità, come quello che caratterizzerebbe la campagna elettorale, e poi però avere un governo stabile, e non importa di che colore. E’ un discorso elementare. E continuare a credere che la stabilità del governo sia condizione sufficiente per dare al paese le riforme che servono, a lungo andare, rischia di essere un errore da matita blu”.

    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.