Privatizzazioni che non t'aspetti: il kalashnikov

Maurizio Stefanini

E anche il Kalashnikov viene ora privatizzato. Proprio mentre sui giornali di tutto il mondo viene annunciato l’arrivo di una nuova versione “di quinta generazione” destinata a essere data in dotazione all’esercito russo entro il 2014, arriva la notizia che la società di Stato Rostec ha raggiunto l’accordo per vendere il 49 per cento del capitale sociale del consorzio che produce il mitra più famoso del mondo. Saranno Andrei Bokarev e Alexei Krivoruchko a fornire gli 1,3 miliardi di rubli necessari per entrare nella Izhevsk Machine Works (Izma): il primo è il presidente di Transmashholding, la più grande produttrice di locomotive e materiali ferroviari della Russia; il secondo è il proprietario di Aeroexpress, società specializzata in collegamenti ferroviari con gli aeroporti.

    E anche il Kalashnikov viene ora privatizzato. Proprio mentre sui giornali di tutto il mondo viene annunciato l’arrivo di una nuova versione “di quinta generazione” destinata a essere data in dotazione all’esercito russo entro il 2014, arriva la notizia che la società di Stato Rostec ha raggiunto l’accordo per vendere il 49 per cento del capitale sociale del consorzio che produce il mitra più famoso del mondo. Saranno Andrei Bokarev e Alexei Krivoruchko a fornire gli 1,3 miliardi di rubli necessari per entrare nella Izhevsk Machine Works (Izma): il primo è il presidente di Transmashholding, la più grande produttrice di locomotive e materiali ferroviari della Russia; il secondo è il proprietario di Aeroexpress, società specializzata in collegamenti ferroviari con gli aeroporti. Il nuovo consorzio prenderà proprio il nome di Kalashnikov, integrerà altre fabbriche appartenenti al settore russo della Difesa, e riceverà dai due nuovi soci una robusta iniezione di 1,2 miliardi di rubli di investimenti nei prossimi due anni. Circa 28 milioni di euro.

    La scommessa è al tempo stesso allettante e rischiosa. È vero infatti che al mondo sono in circolazione, a seconda delle stime, tra i 70 e i 150 milioni di esemplari di Ak-47, (questo il suo nome in termini tecnici) e che ben 55 eserciti lo hanno in dotazione. Ma nel 2012, su un fatturato di 1160 milioni di rubli, pari a 27 milioni di euro, l’AK-47 aveva avuto perdite per 403 milioni, pari a 9,3 milioni di euro. Bokarev e Krivoruchko, concordi nell’affermare che probabilmente occorreranno almeno cinque anni per recuperare il loro investimento, ammettono che Putin ha concesso loro consistenti incentivi fiscali. È stato lo stesso leader russo d’altronde a chiedere il modello di quinta generazione per i suoi soldati, anche se il primo test sul prototipo è stato talmente deludente che gli ingegneri hanno dovuto chiedere un altro mese di tempo per apportare le opportune modifiche che ne correggano i difetti. La leggenda, però, resiste  anche alle imperfezioni.

    Ed è proprio su questo che il governo di Putin vuole puntare: chiamare i privati a rilanciare il nome della Russia in quel settore delle armi che è uno dei pochi in cui la sua tecnologia manifatturiera è competitiva. E sì che Kalashnikov, letteralmente, significa semplicemente “figlio del produttore di pane”: l’equivalente italiano di un Fornaio o Panettiere qualsiasi. Un nome fragrante, divenuto simbolo di morte a partire da quell’ottobre del 1941 in cui il sergente dei carristi dell’Armata Rossa, Mikhail Timofeevich Kalashnikov, fu costretto in un lettino d’ospedale dalla grave ferita ricevuta proprio all’inizio della “Grande Guerra Patriottica” contro gli invasori nazisti. La leggenda ufficiale sovietica afferma che oziando in quella branda, il sottufficiale ebbe l’idea per un nuovo fucile automatico a breve raggio in grado di utilizzare una cartuccia di calibro 7,62 di cui l’Urss aveva ampie riserve. Senza negare che in quell’occasione Kalashnikov possa avere iniziato effettivamente a riflettere su come applicare agli armamenti le nozioni di cui era già in possesso come ingegnere ferroviario, senza contestare i meriti per cui una volta dimesso sarebbe stato subito reintegrato proprio nell’industria bellica come capo ingegnere, la maggior parte degli esperti osserva invece come il famoso Ak-47, il mitra col caricatore a mezzaluna, non solo sia stato messo a punto nel 1947, ma sia stato adottato dall’Armata Rossa a partire dal 1949, poco dopo la fine della “Grande Guerra Patriottica”. Ispirato come classe di dimensionamento, tipo di dislocamento, meccanismo di recupero del gas e anche foggia del mitico caricatore al mitra tedesco StG-44, l’AK-47 fu realizzato solo dopo che il fabbricante stesso dell’StG-44, Hugo Schmeisser, fu tradotto dalla Germania sotto occupazione sovietica a lavorare in Urss, alle dipendenze dello stesso Kalashnikov. Era il 1946. Probabilmente all’ex-carrista russo si deve il passaggio da una tecnologia di costruzione assai complessa a un semplice scatolato di latta pressofusa, che fa somigliare l’Ak-47 a un giocattolo. Un giocattolo che a differenza del suo avo tedesco è in grado però di sparare anche in condizioni estreme, costa di meno ed è più facile da maneggiare.

    Tutti motivi per cui l’Ak-47 Kalashnikov sarebbe divenuto l’arma più diffusa tra guerriglieri e irregolari del XX secolo. E non solo tra quelli equipaggiati dal blocco sovietico, ma anche tra quelli anticomunisti, tant’è che gli stessi mujihaeddin afghani, contras nicaraguensi e ribelli angolani sarebbero stati riforniti dagli Usa con kalashnikov in quantità . Cosa, d’altronde, non troppo difficile. Mercato nero a parte, il Kalashnikov è stato fabbricato e/o copiato in almeno 13 Paesi, alcuni dei quali – come l’Egitto - nel corso della guerra fredda hanno fatto in tempo a passare dalla parte dell’Occidente. O a stabilire con esso alleanze tattiche anti-sovietiche, come la Cina. Al confine tra Afghanistan e Pakistan, inoltre, i kalashnikov finirono in mano ai famosi armaioli di Peshawar: artigiani capaci con metodi tradizionali di clonare perfettamente qualunque arma. E ciò ha contribuito ulteriormente a un’inflazione di Kalashnikov nel mondo, ulteriormente aumentata in ultimo dal grande contrabbando dai magazzini militari dopo il crollo dell’Urss.

    Due volte eroe di quell’Unione Sovietica defunta, Kalashnikov dopo un po’ è stato recuperato dalla Russia post-sovietica, del cui esercito è diventato tenente generale, e insignito nel 1998 anche dell’Ordine di San Giorgio. Proprio come icona anti-Usa Hugo Chávez volle far adottare il kalashnikov all’esercito del Venezuela bolivariano, e nel 2006 invitò l’inventore a Caracas alla sfilata per il 195esimo anniversario dell’indipendenza. Anche Osama Bin Laden amava ostentare un kalashnikov, e fu brandendo un AK-47 che Salvador Allende morì suicida alla Moneda. I sovietici hanno messo l’arma su una moneta, il Mozambico l’ha messa addirittura sulla bandiera. La sagoma inconfondibile del kalashnikov è finita addirittura tra 1984 e 1997 nello scudo nazionale del Burkina Faso, oltre che nelle uniformi degli eserciti dello Zimbabwe e di Timor Est e nell’emblema di una quantità di gruppi armati, da Hezbollah al Movimento Rivoluzionario Túpac Amaru passando per Al Fatah. Al Kalashnikov ha dedicato una famosa e indiavolata canzone il folk-singer bosniaco Goran Bregovic, ma  il fucile ha ricevuto omaggi musicali anche da rapper Usa come Ice Cube o 50 Cent e dai gruppi di narcocorridos messicani, che lo chiamano per la sua forma “cuerno de chivo” o corno d’ariete.

    E l’immagine di due giovani camorristi che sparano col kalashnikov in costume da bagno è anche l’icona del film “Gomorra”, tratta da un libro in cui peraltro, con un’operazione un po’ acrobatica, Roberto Saviano spiega che in realtà quest’arma così associata al comunismo e all’anti-americanismo sarebbe “il vero simbolo del liberismo. L’icona assoluta. Potrebbe diventarne l’emblema: non importa chi sei, non importa che pensi, non importa da dove provieni, non importa che religione hai, non importa contro chi e a favore di cosa ti schieri, basta che quello che fai lo fai con il nostro prodotto”. Saviano racconta anche che Kalashnikov in persona per questo omaggio gli ha regalato una sua foto con dedica. Gli avrà dato anche l’idea per la sua privatizzazione?