L'altra fiducia

Cosa c'è dietro il patto tra Renzi e Letta

Claudio Cerasa

Le consultazioni pianificate ieri da Enrico Letta avevano due obiettivi che all’ora in cui questo giornale va in stampa risultano essere realizzati: la conferma della potenziale scissione del Pdl/Forza Italia e la conferma che il Pd non ostacolerà il tentativo di dar vita a un governo formato con il fronte ribelle del centrodestra. Ieri sera i calcoli di Letta facevano segnare sul pallottoliere una cifra vicina ai 24 senatori pronti a offrire la fiducia al presidente del Consiglio. Ma a sentire i lettiani la notizia del giorno, più che la fiducia promessa da Alfano al governo, è quella arrivata a ora di pranzo, durante l’ora e mezza di colloquio tra l’ex vicesegretario del Pd (Letta) e il segretario in pectore del Pd (Renzi).

    Le consultazioni pianificate ieri da Enrico Letta avevano due obiettivi che all’ora in cui questo giornale va in stampa risultano essere realizzati: la conferma della potenziale scissione del Pdl/Forza Italia e la conferma che il Pd non ostacolerà il tentativo di dar vita a un governo formato con il fronte ribelle del centrodestra. Ieri sera i calcoli di Letta facevano segnare sul pallottoliere una cifra vicina ai 24 senatori pronti a offrire la fiducia al presidente del Consiglio. Ma a sentire i lettiani la notizia del giorno, più che la fiducia promessa da Alfano al governo, è quella arrivata a ora di pranzo, durante l’ora e mezza di colloquio tra l’ex vicesegretario del Pd (Letta) e il segretario in pectore del Pd (Renzi). La notizia è questa: nonostante le perplessità legate al fatto di dare il “la” a una “operazione neocentrista”, Renzi non ostacolerà la nascita di questo governo (se nascerà) e darà il suo appoggio a Letta per rottamare il berlusconismo anche a costo di sostenere un’operazione di trasformismo parlamentare. La scelta del sindaco di formalizzare plasticamente “la sua responsabilità”, come dice lo spin renziano, nasce dalla consapevolezza che per un leader che ambisce a diventare il centro della politica italiana poteva diventare rischioso essere percepito come un ostacolo alla stabilità del paese, e ritrovarsi così schierato d’un colpo contro tutte le forze politiche ed extrapolitiche che oggi, a vario titolo, sono a sostegno del tentativo di Letta (Quirinale, Confindustria, sindacati, banche e grandi cancellerie europee). “Scusate – ha confidato ieri mattina Renzi ad alcuni amici fiorentini – ma che figura ci faccio con la Merkel se ora mi metto a fare il diavolo a quattro?”.

    Il “sì” di Renzi all’operazione Letta era un passaggio necessario per incentivare i ministri del Pdl ad andare avanti nel progetto para-scissionista (“Io sto per spaccare il Pdl ma tu devi darmi garanzia che Renzi non ci impallini un minuto dopo”, ha detto lunedì Alfano a Letta). Ma il “sì” offerto da Renzi nasconde una clausola che non piacerà al fronte governativo del centrodestra e che è stata al centro del pranzo di ieri. Una clausola legata a una data: 2015.

    La clausola, in buona sostanza, è legata a un patto che tempo fa era già stato proposto a Matteo Renzi da alcuni ambasciatori lettiani ma che il Rottamatore si era sempre rifiutato di controfirmare per molti motivi. Il patto è, ed era, questo: caro Matteo, tu dai il sostegno a questo governo, permettimi di fare il ciclo di riforme che ci chiede il presidente della Repubblica, facci cambiare la legge elettorale, facci abbassare le tasse sul lavoro, facci modificare l’assetto istituzionale del paese, e dopo di che, dopo il semestre europeo, si va a votare, promesso. In effetti, il succo del patto tra Renzi e Letta è legato proprio a questo passaggio, e, formalmente, i due gemelli diversi della politica italiana si sono stretti la mano e si sono detti ok, andiamo verso questa strada. Renzi, in realtà, non si fida fino in fondo del presidente del Consiglio (“Se fa questo governo proverà a durare anche dopo il 2014”) ma le ragioni per cui ieri ha sottoscritto l’accordo sono tre. La prima: Renzi ha bisogno di prendere tempo per diventare segretario del Pd, e contribuire a far precipitare la situazione, soffiando sul fuoco della crisi di governo, avrebbe contribuito anche a far saltare il congresso del partito (come sognava D’Alema). La seconda: Renzi è convinto che un domani dovrà essere in grado di dimostrare che se salta il governo non potrà essere accusato di averci messo lo zampino (pena, ritrovarsi contro l’establishment che oggi sostiene Letta). La terza: Renzi è convinto che questo governo, qualora dovesse nascere, non avrà vita lunga, e che dunque il costo di dare il “la” a un’operazione neocentrista alla fine potrebbe essere marginale. “Da oggi – è il senso delle conversazioni avute dal sindaco con i parlamentari – sono inattaccabile: ho zittito i miei nemici, ho rassicurato i mondi che contano e quando il castello cadrà non ci saranno le mie impronte. E anche se Enrico dovesse andare avanti, da gennaio il partito sarà mio, e a quel punto sarò io a decidere quali saranno i tempi del governo”.

    La versione di Renzi, che ieri uscendo dal colloquio con “Enrico” ha confidato ad alcuni amici che sarà lui l’avversario da sfidare per la premiership, non coincide con quella dei lettiani. Oggi il presidente del Consiglio esporrà il suo programma alle Camere, chiederà la fiducia (“se cadiamo, cadiamo in piedi”), proverà, puntando sulla sua idea di giustizia, a disincentivare il Cavaliere dal dare il suo sostegno e proverà a far nascere, intorno al suo discorso, il partito di centrodestra “buono” con cui costruire un nuovo governo. Non è detto che Letta ci riuscirà. Ma se ci riuscirà – dicono i lettiani – “questo governo dura, e col cavolo che si ferma al 2014, chiaro?”.
     

    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.