Le coste maledette, i confini fragili

Bruciare o annegare a Lampedusa, mentre l'Europa ci dice che sbagliamo

Daniele Raineri

Un’imbarcazione che portava in Europa uomini e donne dall’Africa ha preso fuoco e si è rovesciata poco al largo dell’isola di Lampedusa nella notte tra mercoledì e giovedì. I cadaveri recuperati nella prima fase dei soccorsi sono 111, ma altre decine di corpi sono stati avvistati sotto lo scafo trovato a quaranta metri di profondità. Centocinquanta passeggeri sono stati salvati da motopescherecci e motovedette, ma almeno altri duecentocinquanta sono ancora dispersi. E’ uno degli incidenti più disastrosi nel tratto di mare tra le coste tunisine e l’Italia – 115 chilometri che sono la rotta più battuta dagli scafisti.

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    Un’imbarcazione che portava in Europa uomini e donne dall’Africa ha preso fuoco e si è rovesciata poco al largo dell’isola di Lampedusa nella notte tra mercoledì e giovedì. I cadaveri recuperati nella prima fase dei soccorsi sono 111, ma altre decine di corpi sono stati avvistati sotto lo scafo trovato a quaranta metri di profondità. Centocinquanta passeggeri sono stati salvati da motopescherecci e motovedette, ma almeno altri duecentocinquanta sono ancora dispersi. E’ uno degli incidenti più disastrosi nel tratto di mare tra le coste tunisine e l’Italia – 115 chilometri che sono la rotta più battuta dagli scafisti. Non c’è ancora un bilancio definitivo, ma il numero dei morti di ieri potrebbe essere più alto di 300. Nel 1996 una nave che trasportava 283 persone affondò al largo di Portopalo, in provincia di Agrigento.

    L’incendio è scoppiato perché le persone a bordo – alla deriva e senza telefonini, o che non prendevano campo secondo un’altra versione – hanno acceso un fuoco per segnalare la propria posizione, ma lo scafo con il motore fermo stava imbarcando acqua assieme a carburante. La macchia oleosa si è incendiata, i 500 passeggeri si sono spostati tutti su un lato dell’imbarcazione – di venti metri – che si è rovesciata, gettandone molti in mare, ha spiegato il ministro degli Interni, Angelino Alfano, volato in mattinata a Lampedusa. I passeggeri dell’imbarcazione sovraffollata erano dell’Eritrea, della Somalia e del Ghana e molti di loro non sapevano nuotare. “Siamo partiti due giorni fa dal porto libico di Misurata – raccontano alcuni – Su quel barcone non riuscivamo nemmeno a muoverci. 

    Quando siamo arrivati vicino all’isola abbiamo deciso di dare fuoco a una coperta per farci vedere. Ma il ponte era sporco di benzina e in pochi attimi il barcone si è incendiato, molti di noi si sono gettati in acqua mentre il barcone si capovolgeva”.

    Testimonianze e allarmi
    Rainews24 ha raccolto la testimonianza della prima barca ad arrivare sul posto. “Siamo usciti in otto a pescare questa mattina – dice una dei soccorritori improvvisati, Vito Fiorino – alle sei e mezza ci siamo svegliati e abbiamo sentito delle voci, ma non vedevamo nessuno in acqua. Siamo usciti in mare e l’imbarcazione non siamo riusciti a vederla, ma abbiamo trovato davanti a noi centinaia di persone che chiedevano aiuto, urlavano e si sbracciavano. Abbiamo iniziato a raccoglierli e a tirarli in barca, abbiamo dato l’allarme e avvertito la capitaneria e abbiamo continuato a raccogliere migranti in giro per il mare, ne abbiamo tirati a bordo quarantasette”. Fiorino conferma che in mare c’era una chiazza di carburante, “dopo che li abbiamo soccorsi abbiamo dato loro acqua da bere e magliette, si capiva che uscivano da una macchia di gasolio. Poi sono arrivate tre, quattro motonavi della capitaneria. Le persone che abbiamo preso erano nude e sporche di gasolio, in condizioni pietose”.

    Alcuni dei sopravvissuti raccontano di essere stati visti anche da tre motopescherecci durante la traversata, che però non avrebbero prestato soccorso. Secondo il sindaco dell’isola, Giusi Nicolini, i pescatori non sarebbero intervenuti per colpa della legge Bossi-Fini, che li esporrebbe al rischio di un processo per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina se prendessero a bordo i passeggeri dei barconi. In passato ci sono stati casi di equipaggi di pescherecci tunisini ed egiziani e di una nave tedesca finiti nei guai per avere trainato imbarcazioni cariche di  stranieri in Italia nonostante la diffida delle capitanerie di porto italiane o per avere raccolto i passeggeri di imbarcazioni alla deriva.

    Lunedì altre 13 persone erano morte in mare tentando di raggiungere la costa del ragusano dopo che la loro imbarcazione si era incagliata a pochi metri dalla riva. Ieri mattina è arrivata anche una nave con 117 profughi siriani, senza problemi. Negli ultimi 10 anni sono morte almeno 6.700  persone tentando di attraversare il canale di Sicilia. Il conto, che include i dispersi, è tenuto dal sito Fortress Europe di Gabriele Del Grande, che lo aggiorna con le notizie che appaiono sui media e quindi è probabilmente una sottostima perché non include i naufragi di cui nessuno sa nulla. La breve rotta degli scafisti è poco sorvegliata rispetto a quello che si potrebbe fare: da un anno circa Malta parla dell’acquisto di droni per pattugliare il mare, una soluzione che è stata adottata anche dagli Stati Uniti nel Golfo del Messico – molto più ampio – anche se è da capire se con risultati buoni. Per oggi il presidente del Consiglio, Enrico Letta, ha proclamato una giornata di lutto nazionale.

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    • Daniele Raineri
    • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)