Anche Marsiglia ha un'anima
L’Esperanza è un cargo da 9.900 tonnellate di stazza, batte bandiera di uno staterello caraibico, trasporta merci alla rinfusa da Tangeri a Marsiglia via Casablanca e Barcellona. Nei bacini del porto di Marsiglia, primo porto francese e terzo porto petrolifero europeo, come lei ce ne sono molte. Ogni anno sono movimentati 100 milioni di tonnellate di merci, un milione di Teu (i container, definiti dalla misura di volume: Twenty-Foot Equivalent Unit). Sessanta compagnie di navigazione la collegano a ogni continente. Nel 2012 vi sono transitati circa 950 mila passeggeri.
L’Esperanza è un cargo da 9.900 tonnellate di stazza, batte bandiera di uno staterello caraibico, trasporta merci alla rinfusa da Tangeri a Marsiglia via Casablanca e Barcellona. Nei bacini del porto di Marsiglia, primo porto francese e terzo porto petrolifero europeo, come lei ce ne sono molte. Ogni anno sono movimentati 100 milioni di tonnellate di merci, un milione di Teu (i container, definiti dalla misura di volume: Twenty-Foot Equivalent Unit). Sessanta compagnie di navigazione la collegano a ogni continente. Nel 2012 vi sono transitati circa 950 mila passeggeri.
Fra tanti traffici legali è facile far passare altri generi di commodity. Marsiglia sembra essere il terminale della cannabis che arriva in Europa dal Marocco via Spagna. “Marsiglia è innanzitutto un porto, uno snodo nella circolazione di esseri umani e merci – per lo più legali, alcune illegali. E’ anche un porto con la sua dimensione migratoria, la sua vita notturna, la sua prostituzione, i suoi bar, i suoi giochi d’azzardo. Tutto ciò che, in ogni paese del mondo, fa parte della vita dei grandi porti”. Così ha detto il sociologo Laurent Mucchielli. Questa è una delle spiegazioni del “fenomeno”, come lo definisce Mucchielli, dei regolamenti di conti che insanguinano la città: quindici morti ammazzati nella guerra tra gang combattuta a raffiche di kalashnikov. Senza contare gli omicidi comuni, gli accoltellamenti. Anche i tentativi di annegamento. Com’è accaduto alla Plage des Catalans, piccola ansa sabbiosa a poche fermate d’autobus dal centro, che in estate è affollata di bagnanti. Una banda di balordi ha picchiato e tenuto la testa sott’acqua a un poliziotto intervenuto per sedare una lite. “Marseille, cité meurtrie”, città assassinata, ha titolato Libération. “Marseille: la cité vous prend votre enfant”, ha scritto il Monde. Mettendo assieme le copertine francesi sembrava di leggere i versi di Psy4 de la rime, gruppo rap marsigliese composto da tre cugini originari delle Comore: “Une ville au bord de la crise de nerfs… Marseille est une ville sous haute tension… Racket, Kalashs… Bienvenue dans le sud-est, Mar-West”.
Il “fenomeno” è stato ripreso dai giornali italiani. “Marsiglia è ‘la capitale europea della paura’”, ha titolato la Stampa, giocando sul fatto che Marsiglia è capitale europea della Cultura per il 2013 – secondo Time è al secondo posto (dopo Rio) tra le migliori città da visitare. La cultura si materializza nel progetto di Euroméditerranée, la più grande operazione di rinnovamento urbano d’Europa. Destinata a rimodellare il fronte sul mare e le aree retrostanti, dal vecchio porto fino all’estremo occidentale della baia, si sviluppa su un territorio di circa 480 ettari dove sono stati investiti sette miliardi di euro (1,4 pubblici e 5,1 privati). “La città vuole il porto, per il porto la città è un limite: Euroméditerranée concilia gli opposti”, dice l’architetto Eric Castaldi, uno degli artefici della trasformazione dei magazzini sul porto in tecnologico quartiere commerciale, e di Le Silo, deposito di granaglie divenuto teatro. I moli sono sovrastati da una passeggiata che parte dall’ottocentesca cattedrale della Major e conduce alla Cité de la Méditerranée, complesso di centri culturali e per il tempo libero. All’entrata del Vecchio Porto – cui è collegato da una magnifica passerella sospesa – apre il MuCem, Museo delle Civiltà d’Europa e del Mediterraneo. Ideato dall’architetto Rudy Ricciotti, è una struttura dentellata che, per i chiaroscuri che crea al suo interno, è stata definita una “casbah verticale”. Accanto al MuCem, in un contrasto che riproduce le frastagliature dei porti, è stato realizzato il Villa Méditerranée. Centro espositivo progettato da Stefano Boeri, ha la forma di una L rovesciata, poggiata sul trattino più corto, mentre il più lungo si protende verso il mare come un molo aereo. Si delinea uno skyline dominato dai 147 metri della torre progettata dall’anglo-irachena Zaha Hadid per la Cma-Cgm, la terza compagnia mondiale nel trasporto marittimo di container. Accanto, lungo i moli d’Arenc, Jean Nouvel realizzerà una torre di uffici di 135 metri, affiancata da altre due destinate a residenze di lusso. Un altro polo culturale, Euromed Center, è stato disegnato da Massimiliano Fuksas e comprende un multiplex d’intrattenimento concepito da Luc Besson. Nel bacino della Joliette, un tempo quartiere di transito merci ed equipaggi, si apre il Frac (Fond Régional d’Art Contemporain), opera dell’architetto giapponese Kengo Kuma. I segni del cambiamento s’avvertono anche nel Vieux Port, stretto tra i forti secenteschi Saint-Jean e Saint-Nicolas: il piano di Norman Foster e del paesaggista francese Michel Desvigne lo rende un’immensa piazza d’acqua circondata da un’area pedonale.
La paura, invece, si diffonde come un virus dai quartieri nord, i più poveri della città più povera di Francia – il 40 per cento della popolazione vive sotto la soglia di povertà rispetto al 26 di Marsiglia e il 15 nazionale. Ma non sono paragonabili alla banlieue parigina, teatro delle rivolte del 2005, né la violenza o la povertà sono confinati in quella zona. “La banlieue di Marsiglia è Saint Tropez” scherza il giovane Nicolas, che si mantiene a Scienze politiche facendo il pescatore. A Marsiglia, infatti, la distanza dal centro metropolitano non corrisponde al degrado. “Non c’è un centro borghese bianco e una periferia di colore come a Parigi. Basta passeggiare la sera sul Vieux Port”, ha detto il sociologo Jean Viard. Bo-bo,“bourgeois bohémien”, giovani professionisti e immigrati maghrebini ruotano attorno al mondo alternativo di Cours Julien o della Friche Belle de Mai, antica manifattura dei tabacchi diventata polo culturale. Si trovano enclave di miseria in pieno centro e quartieri poveri nel mezzo dei quartieri ricchi della zona sud. Sono le cosiddette cité, agglomerati di palazzi degradati che in alcuni casi sono totalmente controllati dalle gang: la polizia non ci mette piede e chi non è conosciuto è bloccato all’ingresso. E’ qui che si concentrano diseguaglianze sociali e disoccupazione, e il traffico di droga. Secondo il sociologo Mucchielli è un’altra spiegazione della violenza. “I giovani senza avvenire e senza risorse sono pronti a giocare ai banditi”. Tanto più in una città che ha sempre alimentato “la dimensione immaginaria” del bandito.
Cultura e paura non sono in contraddizione. Non nelle città-porto, questi snodi nomadici dove il porto si è creato seguendo la natura del territorio. Metaluoghi dove, al contrario dei non-luoghi come gli aeroporti, uniformati in un mondo sempre più piatto, la prospettiva va oltre, si esaspera. Non nelle città-porto di quel Mediterraneo che è sfondo dei romanzi del marsigliese Jean-Claude Izzo. “Un Mediterraneo diviso tra bellezza e violenza, tra due colori: l’azzurro del cielo e del mare e il nero della morte e dell’odio”. Non a Marsiglia, che di quelle città è l’archetipo, così come Izzo è il maestro del noir mediterraneo, che definisce come una rilettura delle tragedie greche in chiave criminale, la ricerca di verità in un ambiente segnato dalla violenza ma anche dalla bellezza, uno sguardo sul lato oscuro di uno spazio solare. Il rapporto simbiotico tra la città, il porto, il Mediterraneo, con tutte le sue connessioni, è all’origine sia del suo fascino culturale sia dei suoi traffici, delle sue contaminazioni. “Marsiglia è la Chicago francese, con le sue strade bollenti, i bordelli, gli omicidi, il racket, la droga… tutto vero, e tutto esagerato”, ha scritto Christian Harrel-Courtès, uno degli autori che alimentano l’immagine rétro di Marsiglia, carica d’aria salata, sentori di spezie, battuta dal mistral, il vento di nord-ovest, e scaldata dal cagnard, il sole.
In bilico tra vita vissuta ed esagerata, verità e finzione, chi ha descritto in modo più affascinante questa Marsiglia è il giornalista Giancarlo Fusco (1915-1984), nel romanzo “Duri a Marsiglia”. La sua è la città degli anni 30, quella personificata dal “voyou”, il bandito, da “le cake”, il tipo con la catena d’oro al collo, e dalla “cagole”, la sua vistosa compagna. Quella del film “Borsalino”, con Jean-Paul Belmondo e Alain Delon nel ruolo ispirato a Paul Carbone e François Spirito, artefici del “milieu marseillais”, di ciò che Mucchielli definisce “le forti radici storiche del banditismo a Marsiglia”. Dopo la Seconda guerra mondiale, tra i 50 e i 60, la storia diviene più violenta con le gang della “French Connection”, l’organizzazione che gestiva laboratori di raffinazione dell’eroina proveniente dalla Turchia e riforniva la mafia italo-americana. E anche a questa è dedicato un film, “The French Connection” (“Il braccio violento della legge”), interpretato da Gene Hackman. In una reciproca contaminazione culturale, c’è chi spiega la preferenza dei banditi di allora per i fucili a pompa con la potenza di fuoco dimostrata nelle mani di Steve McQueen nel film “Getaway”. Quell’immagine malavitosa continua ad alimentare esagerazioni ed equivoci. “La “leggenda” di Marsiglia canaglia è stata creata dal potere centrale e dai media. E’ una città che ha sempre reclamato la propria indipendenza, non si è mai omologata alla Francia”, dice Richard Campana, pittore di scenografie, design industriale e cahiers de voyages che ricordano Hugo Pratt. “Qui vivi in una dimensione culturale influenzata dal mare. Il mare induce a osservare nuovi orizzonti”. “Città di marinai in quanto commercianti”, dice Patrick Boulanger, direttore del patrimonio della Camera di commercio, riferendosi sia ai marinai greci che fondarono Marsiglia 2.600 anni fa sia a personaggi come Jacques Saadé, d’origine libanese, proprietario della Cma-Cgm. “Marsiglia appartiene a colui che viene dal largo”, ha scritto Blaise Cendrars, autore dell’avanguardia artistica del primo Novecento, uno degli intellettuali-avventurieri passati per la caserma della Legione Straniera (ancora aperta). “Siamo venuti da tutti gli orizzonti”, è la magnifica sintesi del giovane Nicolas.
Marsiglia è servita anche per un esperimento politico voluto da Parigi. L’ex presidente Nicolas Sarkozy ha investito sul rinnovamento della città, che avrebbe dovuto essere la capitale della sua “Unione per il Mediterraneo”, e ha sostenuto Jean-Claude Gaudin, sindaco dal 1995 ed esponente dell’Ump.
Secondo Gaudin e il centrodestra l’esperimento non è fallito ma è necessario maggior impegno da parte dello stato in termini di sicurezza, ossia forze di polizia. Per l’ala più conservatrice, Marsiglia è in declino per colpa delle precedenti amministrazioni di sinistra che l’hanno trasformata nella “palude del social-banditismo”. “Nella capitale europea della cultura crolla il mito della coesione multiculturale e della diversità”, ha scritto Ivan Rioufol, editorialista del Figaro “neoreazionario”. Per il Partito socialista, la responsabilità è dell’amministrazione locale, che ha creato le condizioni socio-economiche dell’emergenza e poi non è stata in grado di affrontarla. Non del tutto allineata col partito la senatrice Samia Ghali, sindaco del 15esimo e 16esimo arrondissement di Marsiglia (la gran parte dei quartieri nord) dov’è cresciuta dopo che la sua famiglia era emigrata dall’Algeria. Secondo la Ghali, ci vorrebbe l’esercito. L’emergenza sicurezza segna l’inizio della campagna per le amministrative 2014. L’incognita è Bernard Tapie, “Nanard”, come lo chiamano qui, idolo locale come patron dell’Olympique Marseille, negli anni d’oro dei quattro scudetti e della coppa dei Campioni. Dopo i suoi guai giudiziari (persecuzione, dice lui) è riapparso a Marsiglia in grande stile acquistando il più influente quodiano locale, la Provence, e altre testate della zona, alimentando le voci di una sua candidatura a sindaco. Lui nega, ma per molti marsigliesi incarna lo spirito della città. “E’ una simpatica canaglia”, dice un suo ammiratore incontrato alla Plage des Catalans. “Come Marsiglia. Pochi giorni fa su questa spiaggia hanno cercato d’ammazzare uno. Stanotte suonano Chopin in riva al mare”.
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