Un po' meno droni

Raid in Somalia e Libia, la Cia passa al Pentagono la guerra contro al Qaida

Daniele Raineri

La decisione dell’Amministrazione Obama di autorizzare due raid in Africa a poche ore di distanza nella mattina di sabato per catturare due leader di al Qaida riflette un grande cambiamento, dicono fonti del governo americano che desiderano restare anonime al Los Angeles Times: il ruolo della Cia negli interventi contro i terroristi si riduce e cresce invece quello del Pentagono. “Penso faccia parte della nuova politica, stanno tentando di spostare le operazioni antiterrorismo dalla Cia alla Difesa e stanno tentando di usare meno i droni”, dice un assistente senior al Congresso.

    La decisione dell’Amministrazione Obama di autorizzare due raid in Africa a poche ore di distanza nella mattina di sabato per catturare due leader di al Qaida riflette un grande cambiamento, dicono fonti del governo americano che desiderano restare anonime al Los Angeles Times: il ruolo della Cia negli interventi contro i terroristi si riduce e cresce invece quello del Pentagono. “Penso faccia parte della nuova politica, stanno tentando di spostare le operazioni antiterrorismo dalla Cia alla Difesa e stanno tentando di usare meno i droni”, dice un assistente senior al Congresso. Più forze speciali in campo e meno bombardamenti mirati con i droni dei servizi segreti (e verosimilmente anche meno operazioni dei gruppi paramilitari della Cia), come era già stato annunciato nei mesi scorsi. La questione del taglio alla guerra segreta della Cia è emersa a marzo durante le audizioni per la conferma della nomina di John Brennan a direttore dell’agenzia d’intelligence. La responsabilità sulla campagna aerea con i droni – si disse allora – sarà spostata al dipartimento della Difesa perché i militari garantiscono maggiore trasparenza (alcuni funzionari dicono che può succedere l’opposto, meno trasparenza). I raid di sabato in Libia e Somalia potrebbero essere il primo risultato di questo cambio. Entrambi sono stati compiuti da soldati americani (Navy Seal in Somalia e Delta Force a Tripoli, dove c’è stata l’assistenza dei civili di Cia e Fbi).

    Altri analisti, ascoltati da Usa Today, hanno un parere diverso: “E’ improbabile che le due missioni segnalino un cambiamento drastico della linea politica, perché in entrambi i casi c’erano condizioni specifiche che offrivano opportunità rare. I due paesi, Libia e Somalia, hanno governi centrali deboli che non riescono ad accorgersi in tempo reale delle operazioni in corso”. Non ci sarebbe alcun cambio di linea politica da parte del presidente Obama, soltanto erano due occasioni che l’Amministrazione non poteva perdere. Secondo il New York Times, il presidente americano ha autorizzato i raid due settimane fa, e poi il consigliere per la Sicurezza nazionale Lisa Monaco lo ha tenuto aggiornato giorno per giorno.

    L’operazione in Somalia è conseguenza indiretta della strage al centro commerciale di Nairobi di due settimane fa. C’è stato un aumento delle comunicazioni tra i leader del gruppo somalo al Shabaab – che commentavano tra loro l’attacco – e gli americani le hanno intercettate e sono riusciti a individuare con più precisione la loro posizione sulla mappa. Il New York Times spiega che da tempo i militari del Jsoc – è il comando delle forze speciali che compie questo genere di interventi – premono per aprire in Somalia un fronte più attivo, ma che fino a sabato erano stati trattenuti con successo dal dipartimento di stato, che considera l’impiego di soldati americani in quell’area troppo rischioso (in caso di cattura, per esempio). Dopo Nairobi, quelli del Jsoc hanno prevalso, segno che il passaggio di consegne dalla Cia alla Difesa – se c’è stato – non equivale a una linea politica più tranquilla.

    Nel commando parlavano libico
    A Tripoli tre veicoli nuovi di zecca e senza targa hanno chiuso le vie d’uscita a un’automobile con a bordo Abu Anas al Libi, coinvolto nella pianificazione degli attentati alle ambasciate americane in Tanzania e Kenya nel 1998. Una decina di uomini ha rotto i finestrini e ha trascinato via il ricercato, sotto gli occhi della moglie e del figlio ventenne che osservavano dalla finestra. Tecnicamente per gli americani si tratta di una “rendition”, perché al Libi finirà davanti a un tribunale americano (ora è detenuto a bordo della Uss San Antonio, in navigazione nel Mediterraneo), e non di una “extraordinary rendition”, come quelle fatte dalla Cia anche in Italia: in quel caso i prigionieri erano consegnati a stati terzi. Il primo ministro libico, Ali Zeidan, ha definito l’operazione “un rapimento” e il segretario di stato, John Kerry, ha confermato che il governo di Tripoli non sapeva nulla. Si sospetta una qualche forma di collaborazione: almeno due uomini del commando parlavano arabo con accento libico.
    Il raid in Somalia ha rischiato di finire in disastro, come quello lanciato dai francesi l’11 gennaio a Bulo Marer per liberare un agente dell’intelligence. I Navy Seal hanno attaccato una villa nel porto di Baarawe ma sono stati accolti da fuoco pesante – secondo una versione i somali sono stati avvertiti del loro arrivo. Il loro obiettivo non era un leader locale, ma “Ikrimah”, un keniota che organizza attacchi terroristici fuori dalla Somalia e ha contatti internazionali, anche in Pakistan.

    • Daniele Raineri
    • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)