Loro hanno Marina
Brignoles, comune nel dipartimento del Var, regione Provenza-Alpi-Costa Azzurra, gemellato con Brunico. Noto alla cultura bassa in quanto traguardo della seconda tappa del Tour de France 2013. A quella alta perché Victor Hugo vi situa l’inizio della vita pastorale di Myriel, il vescovo benefattore dei “Miserabili”. Domenica, da Brignoles è partito un colpo che è rimbalzato fino a Parigi e ha lasciato tramortite la destra repubblicana e la gauche, il primo battito d’ali della farfalla, l’inizio di quell’effetto domino che potrebbe portare al caos.
Brignoles, comune nel dipartimento del Var, regione Provenza-Alpi-Costa Azzurra, gemellato con Brunico. Noto alla cultura bassa in quanto traguardo della seconda tappa del Tour de France 2013. A quella alta perché Victor Hugo vi situa l’inizio della vita pastorale di Myriel, il vescovo benefattore dei “Miserabili”. Domenica, da Brignoles è partito un colpo che è rimbalzato fino a Parigi e ha lasciato tramortite la destra repubblicana e la gauche, il primo battito d’ali della farfalla, l’inizio di quell’effetto domino che potrebbe portare al caos. Dei quasi 17 mila abitanti censiti nel 2009, poco più della metà ha partecipato al secondo turno della Cantonale parziale per eleggere i consiglieri del dipartimento, la cui prerogativa principale è essere grandi elettori dei senatori che nella scala dell’inutilità sono al gradino appena superiore. Siamo dunque nel campo dell’ininfluenza politica, dell’epifenomeno. Se non che, ha vinto il candidato del Front National, Laurent Lopez, ex dirigente commerciale, ex pugile, una cosa che non accadeva da tempo. Tanto più in un feudo della sinistra con un sindaco addirittura comunista, uno dei pochi non ancora estinti. “Le Fn passe, la gauche trepasse”, il Fn vince, la sinistra muore, titola in prima pagina Libération. Il nuovo Front National ridisegnato e ricentrato dalla sua presidente, Marine Le Pen, sembra dunque in grado di spezzare equilibri, sgretolare blocchi sociali consolidati nel tempo. Le previsioni degli istituti di sondaggio sono unanimi: alle prossime europee potrebbe ottenere tra il 22 e il 24 per cento dei voti, diventando il primo partito del paese. Di colpo un sistema politico e istituzionale oliato da cinquanta anni di egemonia della cultura dell’alternanza e del maggioritario potrebbe scivolare nell’incubo molto contemporaneo del tripartitismo. Il Front potrebbe anche conquistare molti comuni, anche importanti, alle elezioni della prossima primavera. Proprio come nel 1983 quando, al risveglio dalla vague rose di Mitterrand, ci si rese conto che Jean-Marie Le Pen non era solo un marginale, un nostalgico dell’Algeria francese.
Né un ex paracadutista losco su cui si facevano battutacce per via di un occhio perso non si sa dove né come. Si capì fin da subito che il suo movimento sarebbe durato, ma mai che trent’anni dopo sarebbe arrivato a insidiare la supremazia dei partiti storici. La sinistra dice che questo accade perché l’altra destra, anziché combatterlo, lo insegue. La candidata sconfitta da Lopez a Brignoles è dell’Ump, che fu di Chirac e Sarkozy, e nessun partito, per quanto diviso tra cacicchi, lascia che i suoi vadano al macello. La destra invece dice che è colpa della sinistra che fa naufragio, localmente e nel paese. Di fatto l’accordo politico di reciproca desistenza con cui destra repubblicana e sinistra hanno per anni sbarrato la strada al Fn, non tiene più. Il patto repubblicano in nome dei valori è carta straccia. In verità l’ascesa del Fn non è colpa di nessuno: è merito di Marine Le Pen, figlia del padre. Ha svecchiato il partito, gli ha tolto il tanfo da destra cripto-fascista, xenofoba, razzista e ossessivamente antisemita, ne ha rieducato l’intelletto collettivo e il corpo militante. Oggi non è più fumo negli occhi delle élite benpensanti, raccoglie consensi tra imprenditori, manager, allievi delle grandi scuole, delle università più prestigiose. Grazie alla crisi, si radica sempre più nei ceti popolari, nelle periferie degradate, nessuno si vergogna più di dire pubblicamente che vota per lei. Fra un Hollande che vuole la regola d’oro in Costituzione, e i capi della destra di cui non si sa bene cosa vogliano, lei dice che bisogna recuperare sovranità nazionale, uscire da questa Europa, sottrarsi al dominio irresponsabile delle tecno-burocrazie, frenare l’islamizzazione galoppante della Francia, diminuire drasticamente le tasse e con esse il ruolo, l’influenza dello stato. E’ un populismo il suo, senza decrescita felice, senza feticismo delle tecnologie, senza millenarismi: si presenta come una sfida forse azzardata ma alla portata di una generazione. Un po’ come un tempo i sogni della giovane Thatcher. E oggi di una parte della destra repubblicana americana.
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