Chebottechefa

Il sorriso felice di Brunetta, gendarme della tv pubblica

Marianna Rizzini

“Mi fa molto piacere che Beppe Grillo condivida le mie battaglie per la trasparenza in Rai, benvenuto”, scriveva ieri su Twitter il capogruppo pdl alla Camera, professore ed ex ministro Renato Brunetta, anche componente caterpillar della commissione di Vigilanza Rai – e quasi si poteva vedere, dietro ai caratteri da social network, il sorriso-ghigno di soddisfazione da Stregatto del solitamente mai pago “controllore” Brunetta, uno che da mesi ha scatenato, in Parlamento e presso l’Agcom, la cosiddetta campagna “Raiwatch”.

L'editoriale Brunetta il terribile 

    “Mi fa molto piacere che Beppe Grillo condivida le mie battaglie per la trasparenza in Rai, benvenuto”, scriveva ieri su Twitter il capogruppo pdl alla Camera, professore ed ex ministro Renato Brunetta, anche componente caterpillar della commissione di Vigilanza Rai – e quasi si poteva vedere, dietro ai caratteri da social network, il sorriso-ghigno di soddisfazione da Stregatto del solitamente mai pago “controllore” Brunetta, uno che da mesi ha scatenato, in Parlamento e presso l’Agcom, la cosiddetta campagna “Raiwatch” (documentata su questo giornale con articoli firmati dallo stesso Brunetta, e seguita passo passo dal sito Raiwatch.it, pensato da Brunetta per fare sì “che gli abbonati”, invece di “mugugnare al bar”, possano “fare alla Rai le pulci online” – presto, dice, “diventerà ‘mediawatch’”). E’ in battaglia per la trasparenza, Brunetta, ma anche “per il pluralismo” e contro quella che ha chiamato “finta par condicio” e “falsificazione” dell’“apparente equilibrio” dei talk-show. Sue vittime predilette: le trasmissioni politiche di Rai3 e “l’acquiescenza burocratica” verso la “Repubblica extraterritoriale Rai”, per cui le sanzioni “non diventano operative” neanche dopo “quattro delibere dell’authority”.

    E’ un Brunetta cui tocca in sorte, in questi giorni, una compagnia insolita (Grillo, ma pure il Fatto). Un Brunetta galvanizzato non tanto dal vedersi invitare da Fazio “probabilmente per riparazione dopo i miei esposti”, dice, quanto dal fatto di aver “costretto” Fazio a rispondere in diretta sul suo stipendio e di aver bloccato sulla strada di un lautissimo contratto Rai Maurizio Crozza, altro suo bersaglio (l’accusa è: riduzione preventiva a macchietta e depotenziamento in nuce degli ospiti di destra di “Ballarò”). “Non ho pregiudizi sui compensi”, dice, “ma l’abbonato deve sapere. E voglio smontare subito l’obiezione di Fazio e di chi, come lui, sostiene che un compenso faraonico possa essere giustificato dal fatto che un programma porti alla sua azienda più ricavi che costi. Fazio fa infotainment in prima serata, un prodotto fatto per raccogliere grandi introiti pubblicitari che dovrebbero servire a produrre altri programmi, meno ‘nobili’ ma necessari e tipici del servizio pubblico. Il resto è ipocrisia da parte di una certa sinistra che vuole pontificare con la saccoccia rimpinzata”.

    “Sennò uno che ci sta a fare, in Vigilanza?”, era il mantra di Brunetta, uno che, di suo, la Rai la privatizzerebbe (“ma visto che è servizio pubblico che lo sia rispettando il contratto di servizio e la mia legge sulla trasparenza”, dice il Brunetta che vorrebbe vedere tutto in video e tutto online). “Un esposto al giorno”, aveva promesso. Detto e fatto: era seguita un’estate di numeri dell’Osservatorio di Pavia sulle presenze nei programmi ordinati in slide, interrogazioni al presidente della Vigilanza (il grillino Roberto Fico) e sette esposti all’Agcom (andati in gran parte a segno: quattro delibere con richiami, tranne che per “Ballarò”). Il Brunetta supercontrollore si era arrabbiato quando la Rai l’aveva presa alla larga dicendo che, “in generale”, il pluralismo era rispettato. Poi erano arrivate le delibere a ricordare che no, il pluralismo era da intendersi in ciascun programma. Era felice, Brunetta, ma si sentiva silenziato dagli “idranti del pensiero unico”. Ora, visto il successo, rilancia: “Che vuol dire che la trasparenza favorirebbe i concorrenti?” (lo sostengono agli alti piani Rai e nel Pd). “Il mercato sa tutto, la concorrenza sa tutto. E’ il cittadino che non sa. Ma questi della sinistra sempre bella e buona temono il giudizio etico e lo smascheramento del loro finto pauperismo, temono il popolo: bel paradosso”.

    L'editoriale Brunetta il terribile

    • Marianna Rizzini
    • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.