Quel mondo che la sera delle monetine cominciò a odiare

Stefano Di Michele

Era fine aprile. Era sera. Era freddo. Intorno, però, tutto ribolliva. Ero lì, davanti all’hotel Raphael. Era il debutto di tutti gli indignati/popoliviola/girotondi, ecc. ecc. che verranno nei vent’anni successivi. “Sono le otto meno cinque, Craxi dovrebbe uscire a momenti”, diceva la giornalista in diretta. Si preparava la scena simbolo di Mani pulite. “Vai a vedere”, mi disse Veltroni, allora direttore dell’Unità. Conoscevo un mondo dove quasi nessuno amava Craxi – anzi lo detestava, e presto lo avrebbe odiato: c’è una corda oscura e pazza, nella gente, capace di aumentare l’odio ancor di più quando vede il nemico a terra.

    Era fine aprile. Era sera. Era freddo. Intorno, però, tutto ribolliva. Ero lì, davanti all’hotel Raphael. Era il debutto di tutti gli indignati/popoliviola/girotondi, ecc. ecc. che verranno nei vent’anni successivi. “Sono le otto meno cinque, Craxi dovrebbe uscire a momenti”, diceva la giornalista in diretta. Si preparava la scena simbolo di Mani pulite. “Vai a vedere”, mi disse Veltroni, allora direttore dell’Unità. Conoscevo un mondo dove quasi nessuno amava Craxi – anzi lo detestava, e presto lo avrebbe odiato: c’è una corda oscura e pazza, nella gente, capace di aumentare l’odio ancor di più quando vede il nemico a terra. Lì dentro, il “Cinghialone” (Feltri) si preparava a farsi capro espiatorio. Poche persone, sempre di più, sempre più furiose, più ansimanti, nel minuscolo slargo davanti all’albergo. “Sei circondato! / Sei circondato!”, cominciarono a ritmare dalla folla. Come i fascisti, che a inizio mese avevano assediato Montecitorio: “Siete circondati! Arrendetevi!”. Lì vicino, a piazza Navona, si era appena conclusa una manifestazione del Pds con Occhetto. Molti di quelli davanti al Raphael venivano da lì. C’erano anche parecchi missini – ancora lontani dal lavacro di Fiuggi. E tanta brava gente: la brava gente che si fa massa, che preme e urla, e si sente giustiziera, e nel premere dei corpi tira fuori il suo sempre ben occultato cuore da leone. Quella gente cominciò a sventolare monetine e banconote: “Vuoi pure questi? / Bettino vuoi pure questi?”. Certi avevano cartelli già pronti: “Vergogna!” – e a pensarci, fu (è) un cartello, quello, da riciclo infinito, per i decenni che poi seguirono (seguiranno). I poliziotti indossano i caschi. E’ quasi buio, quando Craxi esce. Ha un cappotto scuro poggiato sulle spalle – ché è aprile e fa freddo, anche se domani è maggio, il Primo maggio. E’ allora che avviene il boato.  “Tutto, tutto, tutto, lanciano tutto!”, urla la giornalista in diretta tv. Volano monete, accendini, insulti. Tantissimi insulti. Craxi fissa per qualche secondo la folla che gli si protende contro, dietro la barriera dei celerini: ha lo sguardo stralunato, un po’ perso. Il lancio s’infittisce. Craxi sale sulla Thema, la macchina corre via, alcuni provano a inseguirla dentro il budello di strade intorno all’hotel. “Stronzo, ’ndo vai? Vieni qui!”. La folla appare quasi più oscura del buio che scende. Continua ad aggirarsi, un po’ a branco, intorno al Raphael, insoddisfatta – come di fame non saziata. Al giornale, Veltroni ha la faccia scura. “Questa non è una bella cosa. Anzi, pessima. Non dobbiamo fare un articolo di soddisfazione, non si partecipa a questa roba”. Faceva ancora freddo, quella sera. Poi, però, tutto prese fuoco. (sdm)