Che fai, mi lasci?

Alfano pressato dal Cav. pensa alla buonuscita dalle larghe intese

Salvatore Merlo

I suoi sostenitori adesso lo guardano con un misto di sospetto e speranza. Il sospetto è che Angelino Alfano possa cedere di botto alle oscillazioni di un Silvio Berlusconi tornato all’improvviso bellicoso (“questo governo non serve a niente”), mentre la speranza è che il segretario del Pdl sappia contrattare con profitto la resa alle paturnie esistenziali del Cavaliere, che a molti – ma chissà – sembra inevitabile. Ad Arcore, lunedì sera, il grande capo è apparso risoluto, e difatti sia Daniela Santanchè sia Denis Verdini hanno ritrovato il sorriso. “Visto che stare al governo è inutile, credo proprio che dovremmo uscirne”, ha detto con slancio Berlusconi.

Cerasa Letta, non ci provare

    I suoi sostenitori adesso lo guardano con un misto di sospetto e speranza. Il sospetto è che Angelino Alfano possa cedere di botto alle oscillazioni di un Silvio Berlusconi tornato all’improvviso bellicoso (“questo governo non serve a niente”), mentre la speranza è che il segretario del Pdl sappia contrattare con profitto la resa alle paturnie esistenziali del Cavaliere, che a molti – ma chissà – sembra inevitabile. Ad Arcore, lunedì sera, il grande capo è apparso risoluto, e difatti sia Daniela Santanchè sia Denis Verdini hanno ritrovato il sorriso. “Visto che stare al governo è inutile, credo proprio che dovremmo uscirne”, ha detto con slancio Berlusconi. Ma se i falchi, sotto sotto, sperano in una scissione, nella fuoriuscita dei ministeriali amici di Alfano, e dunque già s’immaginano liberi e scatenati all’opposizione del governo (e dei “traditori”), il vicepremier e segretario del Pdl non appare affatto incline alla rottura. Alfano valuta, soppesa, una via d’uscita ordinata dalle larghe intese, una strategia che si possa concordare anche con Enrico Letta. E’ insomma disponibile a cedere sul governo per puntare alle urne, come vorrebbe Berlusconi, ma ad alcune condizioni: io resto segretario, non si fa Forza Italia, il governo si scioglie sulla base di un ragionamento politico e non per la tua decadenza dal Senato. E insomma Alfano, che coltiva legittime ambizioni, vorrebbe poter rivendicare di aver fatto qualcosa di buono in questi mesi: abbiamo approvato la Legge di stabilità, abbassato lo spread, ma non riusciamo a fare altro, e dunque la chiudiamo qui (e amici come prima con Letta e Giorgio Napolitano). Possibile? Chissà. Il Cavaliere è per definizione insondabile, ed esibisce una maschera diversa a ciascuno dei suoi cortigiani, a seconda dell’interlocutore, dell’opportunità, dell’umore. E dunque si mostra muscolare e gladiatorio con Santanchè e Verdini, “la crisi va aperta al più presto”, cauto e trattativista con Alfano e gli altri ministri, “io vi capisco, ma voi cercate di capire me”. I sondaggi di Alessandra Ghisleri dicono che un partito di Alfano si attesterebbe tra il 3,5 e il 5,5 per cento, un risultato che arriverebbe al 10-12 se accompagnato dal simbolo Pdl. Poco.

    Ma la vera forza contrattuale di Alfano non risiede nella sua capacità di raccogliere consenso, “la nostra forza è che possiamo impedire le elezioni”, dice al Foglio uno degli uomini più vicini al segretario del Pdl, non senza cinismo tattico. “I sondaggi sono molto interessanti”, aggiunge con una punta d’ironia, “peccato che sono utili solo in caso di elezioni. E le elezioni non ci sono”. La partita è tutta qui.

    Il culmine dell’amore si raggiunge nelle assenze, ma il prolungarsi dell’assenza cancella l’amore. E dunque non passa giorno che Alfano, malgrado le diffidenze e i sospetti del suo padrino, non telefoni a Berlusconi o cerchi d’incontrarlo; e il Cavaliere gli risponde con voce tremante dalla lotta con il proprio risentimento, per il voto di dieci giorni fa in Senato. Quelle del giovane segretario sono bandiere che sventolano seriche, non cruente, la sua è una logica grigiamente ragionevole. Gettare via il governo, per Alfano è un po’ come gettare se stesso, sarebbe come chiedergli un atto d’umiliante contrizione. Il patto con Enrico Letta, pensa Alfano, non può essere stracciato con irruenza. Se proprio bisogna, va sciolto, nei limiti del possibile, con reciproca soddisfazione dei contraenti, insomma per constatazione amichevole, come avviene negli incidenti automobilistici. Ma l’indole prudente (o sfuggente?) del segretario, che non ha ancora mai articolato con chiarezza questi ragionamenti riferiti al Foglio dai suoi amici, agita i sospetti maliziosi e i retropensieri dei suoi avversari interni. I falchi, tornati in volo rapace, versano nelle orecchie di Berlusconi parole gonfie di timori e diffidenza: “Vogliono soltanto guadagnare tempo, è solo un’altra presa in giro”. E il Cavaliere, avvolto da questo elenco di seduzioni e disinganni, vive in una condizione di scalpitante incertezza. Berlusconi pensa alla caduta del governo con la smania di chi attende il miracolo, consapevole che i miracoli accadono purché li desideriamo davvero. E dunque pianifica strategie di guerra, alimenta l’evanescente mormorio sui suoi sinuosi contatti con Matteo Renzi, malgrado il Rottamatore non abbia interesse a far cadere il governo (almeno non prima di dicembre, quando forse sarà segretario del Pd). Ascolta Alfano, ma ascolta molto Verdini: “Si può anche stare all’opposizione, e senza elezioni”.

    Cerasa Letta, non ci provare

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.