Ci meritiamo una strigliata europea sulla concorrenza tradita
C’è un giudice a Bruxelles? Se c’è, il governo italiano dovrà presto ripensare il suo piano di salvataggio di Alitalia. La partecipazione “spintanea” di Poste e banche all’aumento di capitale costituisce infatti un aiuto di stato probabilmente illegale. Essa è figlia, sul piano ideologico, del genere di “riflusso statalista” contro cui mette in guardia l’appello pubblicato ieri sul Foglio. Su un terreno più prosaico, dietro ci sono un po’ di capitalismo relazionale, e molta soggezione politica verso i veri azionisti di riferimento di Alitalia, cioè i sindacati. Gli aiuti di stato falsano il gioco del mercato, riducendo il benessere sociale.
C’è un giudice a Bruxelles? Se c’è, il governo italiano dovrà presto ripensare il suo piano di salvataggio di Alitalia. La partecipazione “spintanea” di Poste e banche all’aumento di capitale costituisce infatti un aiuto di stato probabilmente illegale. Essa è figlia, sul piano ideologico, del genere di “riflusso statalista” contro cui mette in guardia l’appello pubblicato ieri sul Foglio. Su un terreno più prosaico, dietro ci sono un po’ di capitalismo relazionale, e molta soggezione politica verso i veri azionisti di riferimento di Alitalia, cioè i sindacati. Gli aiuti di stato falsano il gioco del mercato, riducendo il benessere sociale. Il diritto comunitario, pur essendo stato interpretato nel passato con un grado di flessibilità forse eccessivo, li vede con sospetto, perché interferiscono sia con l’apertura sia con l’integrazione dei mercati europei. La Commissione Ue, in particolare, tende a censurare le operazioni che, plausibilmente, nessun attore di mercato intraprenderebbe da sé. In relazione ad Alitalia, abbiamo sia l’impiego di soldi pubblici (Poste appartiene al 100 per cento al Tesoro), sia l’esercizio di una forte moral suasion su banche e azionisti (“li abbiamo obbligati”, ha detto il presidente del Consiglio, Enrico Letta). Poste, in particolare, si è mossa al di fuori di qualunque paletto di mercato: ha allocato 75 milioni di euro in assenza di un piano industriale e senza ovvie sinergie con Alitalia, e nell’impossibilità di trovare altri soggetti pubblici o privati da aggiungere alla cordata. Sembra addirittura che i vertici della Cassa depositi e prestiti abbiano minacciato le dimissioni pur di non essere coinvolti.
L’intera manovra, poi, è dichiaratamente finalizzata a produrre benefici privati, piuttosto che a tutelare un indefinito interesse pubblico: a guadagnare saranno gli attuali azionisti di Alitalia (sarà possibile “trattare alla pari per l’integrazione”, cioè spuntare un prezzo più alto, secondo il ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi); Adr e Sea, gestori rispettivamente di Fiumicino e Malpensa (ancora Lupi: “Gli aeroporti di Fiumicino e di Malpensa avrebbero diminuito fortemente la loro attività”); e più di tutti i sindacati (sempre a sentire Lupi, in caso di fallimento “14.000 persone si sarebbero trovate senza lavoro”). Poste, banche e, in generale, l’attivismo pubblico hanno impedito l’uscita di Alitalia dal mercato, truccando la concorrenza e alterando i rapporti tra Alitalia e i concorrenti. Ciò riguarda sia Air France, in procinto di scalare la compagnia tricolore, sia altri competitor potenzialmente interessati ad acquisirne gli asset, a partire dagli slot. Che poi il governo abbia fatto i conti senza l’oste, e che Alitalia fosse una compagnia tecnicamente fallita nel 2008, lo sia oggi, e lo sarà verosimilmente fra sei mesi, è un altro discorso.
La Commissione ha aperto un’indagine preliminare d’ufficio sul tema. La vicenda Alitalia dovrebbe fare orrore non solo a chi crede nel mercato o ritiene che il nostro paese deve il suo declino proprio alle bizze dei governi, ma anche a quanti ritengono che, se ci sono delle regole, vanno rispettate. Vale per le norme europee così come per quelle nazionali. Il comunicato stampa del 10 ottobre definisce Alitalia “asset strategico”, senza fornire alcuna evidenza e senza argomentare sulle effettive conseguenze del fallimento (scenari catastrofici, e irrealistici, a parte). La stessa strategicità è oggetto di una disciplina rispetto alla quale Alitalia c’entra come i cavoli a merenda. Perfino l’italianità del vettore non è in questione: alla fine del tunnel c’è comunque un passaggio in mani straniere. Quello che abbiamo visto è puramente e semplicemente la peggior politica italiana: un misto tra tic dirigisti e mancanza di coraggio, che spinge il paese fuori dalle norme Ue. Il principale atto d’accusa contro il governo sono le avventate dichiarazioni dei suoi ministri. Per difendersi a Bruxelles, l’esecutivo dovrà smentire Letta, Lupi e lo stesso comunicato di Palazzo Chigi. Buona fortuna.
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