Parla il Mr Intervento contro Assad
Frederic Hof è l’ex consigliere speciale del presidente Obama sulla Siria ed è stato il capo di una fazione perdente all’interno dell’Amministrazione americana, quella di chi vuole intervenire nella guerra civile. L’ambasciatore Hof dice al Foglio che affidare alla Cia il programma segreto per addestrare i ribelli siriani in alcune basi militari in Giordania è un errore, perché i servizi segreti americani non hanno le forze necessarie, lo stanno facendo con “venti ribelli alla volta”, dovrebbe invece essere un programma massiccio affidato al Pentagono.
Frederic Hof è l’ex consigliere speciale del presidente Obama sulla Siria ed è stato il capo di una fazione perdente all’interno dell’Amministrazione americana, quella di chi vuole intervenire nella guerra civile. L’ambasciatore Hof dice al Foglio che affidare alla Cia il programma segreto per addestrare i ribelli siriani in alcune basi militari in Giordania è un errore, perché i servizi segreti americani non hanno le forze necessarie, lo stanno facendo con “venti ribelli alla volta”, dovrebbe invece essere un programma massiccio affidato al Pentagono. Per fare un paragone con il campo avverso: secondo Reuters, l’Iran ha già addestrato “migliaia” di volontari siriani, ma anche libanesi o iracheni, per combattere a fianco del presidente Bashar el Assad. Il presidente Obama ha riconosciuto l’esistenza del programma ad agosto, dicendo – in una frase riportata dal New York Times – che “50 ribelli addestrati dagli americani sono già dentro la Siria” (la Giordania dice che: “Non c’è nessun programma di addestramento di ribelli siriani da noi”). Il 3 ottobre il Washington Post ha pubblicato un articolo il cui succo era: il programma “segreto” di addestramento di ribelli in mano alla Cia è troppo limitato, non farà la differenza sul campo.
L’Amministrazione Obama colpirà lo “Stato islamico in Iraq e Siria” (il nome di al Qaida nella regione) con bombardamenti di droni dentro la Siria, come già fa in Pakistan e Yemen? Hof dà una risposta accompagnata: non ha sentito rumor su questo argomento, ma il capo di stato maggiore americano, Martin Dempsey, e il direttore della Cia, John Brennan, “hanno speso decenni della loro vita nella lotta contro al Qaida” e quando osservano la presenza di al Qaida quello è il loro “mindset”, è colpire, e “di conseguenza quello potrebbe essere il loro consiglio al presidente”.
L’ambasciatore americano, che ora lavora per il think tank Atlantic Council, spiega che dentro l’Amministrazione Obama c’è stato chi ha suggerito al presidente di dire “Assad must go”, Assad deve andare via, perché pensava che la primavera araba fosse invincibile e avrebbe buttato giù il rais con forza come era già successo con Mubarak in Egitto e Gheddafi in Libia, e che il presidente sarebbe stato dal lato giusto della storia. Tutti però ascoltandolo così determinato contro Damasco si sono convinti che “There should be a strategy”, l’America deve avere certamente una strategia contro Assad, e invece non c’era.
Anche Israele non ha una linea conclusiva sulla Siria, “ho sentito 35 posizioni diverse”, ma quella che Hof ritiene di sicuro sbagliata, quella della “endless war between bad guys”, è minoritaria. E’ la stessa linea riassunta in America dall’ex candidata alla vicepresidenza Sarah Palin con la frase: “Let Allah sort it out”, lasciate che decida Allah, e sostenuta da Eward Luttwak con un editoriale sul New York Times. Se al Qaida combatte contro gli assadisti e il gruppo libanese Hezbollah dentro la Siria, sostiene la teoria, allora lasciare che si dissanguino a vicenda è una buona cosa. In realtà, oltre agli ovvi motivi umanitari (c’è una popolazione di più di venti milioni di siriani abbandonata nell’arena) c’è il fatto che i due fronti in questa guerra si stanno rafforzando.
Sull’Iran Hof sostiene che l’appoggio incondizionato ad Assad è in realtà dato controvoglia. Si tratta soltanto di un obbligo strategico, perché Assad garantisce la permanenza del gruppo Hezbollah in Libano, e Hezbollah è “la prima linea di difesa dell’Iran in caso di attacco preventivo di Israele contro i siti atomici iraniani”. Hof cita un diplomatico iraniano che dice di Assad: “Noi sappiamo cosa ha fatto il 21 agosto”, data della strage con armi chimiche alla periferia di Damasco (in Iran sono particolarmente suscettibili all’uso di armi chimiche perché ricordano gli effetti dei gas di Saddam Hussein durante la guerra tra Iraq e Iran negli anni Ottanta).
Hof, che si è dimesso dal suo posto di consigliere nel settembre 2012, è pessimista sulla imminente conferenza detta di Ginevra 2 (per distinguerla dalla prima conferenza di pace sulla Siria, tenuta a Ginevra a fine giugno 2012), che dice potrebbe tenersi fra cinque settimane. Mosca e Washington hanno idee opposte sulla sorte di Assad. Inoltre, l’opposizione dovrebbe sedersi al tavolo mentre i siriani continuano a essere bombardati da aerei e artiglieria di Assad. “Potrebbe essere il colpo di grazia per l’opposizione (già disprezzata, ndr) se non ottiene nulla”. E se Ginevra 2 fallisce? “Allora, scegliere ribelli affidabili e armarli contro Assad e anche contro al Qaida”. E se è troppo tardi? “Lo scopriremo”. Hof ha parlato con il Foglio durante una tavola rotonda organizzata dalla Farnesina.
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