Destinazione Madrid

Ugo Bertone

“Dopo anni dedicati a cancellare crediti dubbi e a rafforzare il patrimonio, ci stiamo finalmente preparando a una stagione di ripresa dei profitti”. Don Emilio Botín, presidente carismatico del Banco de Santander, torna ad adottare i toni di un grande di Spagna e i conti dell’istituto, a noi ben noto per aver rifilato a caro prezzo Banca Antonveneta ai manager di Monte Paschi a caccia di gloria, puntano verso l’alto: più di un miliardo di utili nel trimestre, contro soli 122 milioni un anno fa. Un buon modo per festeggiare la notizia di mercoledì, che Madrid aspettava da 9 trimestri: l’economia torna a crescere.

Così un’Europa inattiva e divisa vanificherà pure gli sforzi di Draghi - Lo Prete The banker in chief

    “Dopo anni dedicati a cancellare crediti dubbi e a rafforzare il patrimonio, ci stiamo finalmente preparando a una stagione di ripresa dei profitti”. Don Emilio Botín, presidente carismatico del Banco de Santander, torna ad adottare i toni di un grande di Spagna e i conti dell’istituto, a noi ben noto per aver rifilato a caro prezzo Banca Antonveneta ai manager di Monte Paschi a caccia di gloria, puntano verso l’alto: più di un miliardo di utili nel trimestre, contro soli 122 milioni un anno fa. Un buon modo per festeggiare la notizia di mercoledì, che Madrid aspettava da 9 trimestri: l’economia torna a crescere. Sì, solo dello 0,1 per cento – parlare di ripresa è oltremodo eccessivo oltre che fuorviante – ma il trend sembra bene avviato. A fine anno l’incremento potrebbe arrivare all’uno per cento. E’ merito dell’export.

    Tra una settimana, secondo le indiscrezioni, l’Ine (l’Istat iberico) potrebbe segnalare un rialzo a due cifre o poco meno, come del resto è successo in Portogallo. Merito dei colossi vecchi e nuovi dell’abbigliamento, da Zara a Desigual. E più ancora del boom dell’auto, ove la Spagna contende al Regno Unito la palma di destinazione favorita degli investimenti delle marche tedesche, francesi e anche dell’italiana Iveco. Ma la differenza l’hanno fatta soprattutto le riforme del mercato del lavoro che, a differenza di quanto è avvenuto in Italia, hanno premiato anche i contratti a tempo determinato difeso dalla pressione fiscale le piccole imprese che hanno così abbassato in maniera sensibile il costo del lavoro per unità di prodotto. A differenza di quel che capita in Italia, il gap di competitività con la Germania scende in maniera sensibile. Così la ripresa delle esportazioni non stupisce. Certo, la sola uscita dalla recessione non può assorbire il mostruoso tasso di disoccupazione che pure mostra qualche segnale incoraggiante, sceso com’è dal 26,3 al 25,98 per cento nel terzo trimestre di quest’anno. E la domanda interna, un po’ per la stretta alla spesa pubblica, molto per l’incognita lavoro, resta negativa. Per dirla con il premier Mariano Rajoy, “l’economia migliora, ma la crisi resta”.

    Ma, al di là dei numeri, i motivi di conforto sono numerosi. A partire dall’attenzione degli investitori internazionali, quelli che continuano a disertare l’Italia, per l’immobiliare, che sembrava destinato a una crisi epocale. Il segnale più significativo, almeno sul piano psicologico, l’ha mandato nientemeno che Bill Gates che lunedì scorso ha annunciato di aver investito 113,5 milioni di euro nella Fcc, una società di costruzioni già colpita dalla crisi del mattone. Ma il fondatore di Microsoft non è il solo ad aver inquadrato nel mirino la Spagna. Agli sportelli della Sareb, la bad bank ove Madrid ha posteggiato le proprietà immobiliari finite a intossicare i bilanci bancari (700 mila appartamenti), nell’ultimo mese hanno bussato fondi d’investimento del calibro di Cerberus, Apollo, Centerbridge, Fortress e così via, ovvero i principali operatori del private equity americani e della City di Londra. Tutti a dividersi il patrimonio di case di Abacus, uno dei tanti contenitori dei mutui non onorati. Il risultato? Affari per 300 milioni, divisi in 30 lotti. Stesso copione dalle parti di Barcellona: il Banco de Sabadell ha annunciato di aver venduto dall’estate a oggi “mattoni” già ipotecati per 650 milioni a una quarantina di investitori internazionali. Quasi un miracolo, se si pensa ai foschi presagi di un anno fa, quando Madrid, con il cappello in mano, aveva chiesto l’aiuto per le sue banche. Certo, ci vorrà una vita (o forse meno) per smaltire l’enorme mole di proprietà tossiche, intorno ai 50 miliardi di euro. Ma, sottolinea il Financial Times, la bad bank si è rivelata una scelta gradita ai mercati. La Spagna, dice il quotidiano finanziario, è oggi il mercato di sbocco principale per gli affari immobiliari dei grandi gestori americani, che hanno in cassa 90 miliardi di euro destinati a investimenti sul mercato immobiliare europeo.  Ma in Europa non è facile fare buoni affari. Le prede potenziali sono tutte parcheggiate dentro le banche che non abbassano i prezzi di carico degli immobili per non riconoscere nuove perdite. Insomma, l’Europa è piena di “banche zombie” che si ostinano a tenere in vita valutazioni di asset ormai inattuali. Fa eccezione la Spagna, che ha deciso, pagandone il prezzo, di far pulizia e oggi può collocare immobili che sembravano destinati a restare invenduti.

    Le riforme valgono più di un road show
     In attesa che i road show internazionali di Enrico Letta producano i primi frutti (non facile visti gli interventi dirigisti attorno ad Alitalia e Telecom Italia), “Destinazione Spagna” sta prendendo corpo: investimenti nell’auto, favoriti dalla flessibilità del sindacato, il calo del costo del lavoro e i meriti della bad bank. Molte cose accomunano Roma a Madrid, dalle manovre straordinarie al sacrificio dei dipendenti pubblici che, sia in Italia che in Spagna, non vedono un nuovo contratto da cinque anni. Ma su un punto le scelte sono state diverse: Madrid ha chiesto e ottenuto da Bruxelles la licenza di sforare il tetto del 3 per cento nel rapporto debito/pil. E così il budget stavolta, si propone tagli e incrementi per soli 8 miliardi, con l’obiettivo di far scendere il deficit al 5,8 per cento dall’attuale 6,5. Una boccata d’ossigeno all’economia che, pare, sta ripagando la fiducia.

    Così un’Europa inattiva e divisa vanificherà pure gli sforzi di Draghi - Lo Prete The banker in chief