Grillo a Trento sogna un vaffa che vada “Oltre”. Basta dimenticare Roma
Che abbiano “dato buca” oppure no, non si sono fatti vedere a Roma neanche stavolta, Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, in quel pomeriggio di mercoledì in cui erano più o meno attesi da una parte dei loro eletti, gli stessi eletti che poi hanno fatto capire di avere, di nuovo, altro di meglio da fare (“preferiamo più avanti”, hanno detto, versione gentile della frase di una settimana fa, il “no” all’ennesima “gita in agriturismo”). Non fa più sorpresa neanche la sorpresa, nel mondo esasperato in cui si girano e rigirano gli eletti a Cinque stelle.
Che abbiano “dato buca” oppure no, non si sono fatti vedere a Roma neanche stavolta, Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, in quel pomeriggio di mercoledì in cui erano più o meno attesi da una parte dei loro eletti, gli stessi eletti che poi hanno fatto capire di avere, di nuovo, altro di meglio da fare (“preferiamo più avanti”, hanno detto, versione gentile della frase di una settimana fa, il “no” all’ennesima “gita in agriturismo”). Non fa più sorpresa neanche la sorpresa, nel mondo esasperato in cui si girano e rigirano gli eletti a Cinque stelle. Man mano che passano i giorni tutto scolora, tutto si incolla fino alla prossima in nome della “lotta” per la Costituzione (condotta da Grillo e dai suoi con toni non proprio oxfordiani, della serie, “la Costituzione non è carta igienica”). Anche la lite sulla linea del movimento in tema di immigrazione è passata in secondo piano, assorbita dal grande imbarazzo sul presente e dal grande interrogativo sul futuro ai vertici del pianeta Gaia: che se ne fanno Grillo e Casaleggio, strateghi in contumacia, dei loro parlamentari, e che se ne fanno i loro parlamentari di Grillo e Casaleggio? Meglio pensare ad altro, come infatti fa Grillo, che ieri incontrava imprenditori nordici prima di presentarsi in piazza a Trento per sostenere i candidati alle Amministrative, un modo per provare sul campo, in piccolo, i toni del terzo V-day (a Genova, il primo dicembre), proprio ieri ribattezzato “Oltre”, nome speranzoso per l’evento di (tentato) rilancio di un M5s rimasto impelagato nella sua propria palude un minuto dopo la vittoria alle politiche.
Diversificare, ributtarsi in basso sul piano locale e contemporaneamente guardare in alto, all’Europa che chiede “tributi di sangue”, come dicono i senatori del M5s, un’Europa che Grillo e Casaleggio erano tentati nell’estate di snobbare (pareva vicino un voto anticipato) e che ora devono mandare giù sotto forma di nuova competizione: dalle Alpi a Lampedusa, tutto si confonde in un’unica urgenza (governare il potenziale di scontenti e possibili votanti). Ma stavolta non si può contare sull’effetto-novità, e anzi nei comuni e nelle regioni delle prime prove trionfali i Cinque stelle appaiono indeboliti, pasticciati, esacerbati come i colleghi all’erta tra Camera e Senato. A Parma Federico Pizzarotti non può muovere foglia, e neanche onorare impegni indigesti presi dalla precedente amministrazione ma portatori di grane anche economiche ove non rispettati. Non può, perché alcuni suoi consiglieri sono pronti a uscire dall’aula (è successo qualche giorno fa), pur di non interpretare in modo estensivo il dio-programma.
In Sicilia il fondo sta per essere toccato (in generale, dalla giunta e dall’Ars che non “produce nulla”, come scrivono gli osservatori locali), ma le critiche grilline, con minaccia di sfiducia al governatore ed ex alleato Rosario Crocetta che “non si è dimezzato lo stipendio”, non riescono a occultare l’evidenza di un flop speculare a quello del governatore stesso: soltanto un anno fa i Cinque stelle erano arrivati marciando “tra il popolo”, ma ben presto si sono ritrovati gestori di una bottega che pare fallita sul nascere per mancanza di clientela (non a caso a Catania, in giugno, a poca distanza dal trionfo dell’ottobre 2012, Grillo era sceso dal sedici al due per cento). E se pensa all’Europa Grillo non ride, e non per il Fiscal compact insultato sul suo blog. “Gente che sappia l’inglese, per favore”, chiedono gli attivisti sui forum dei meet-up, temendo un’onda internettiana di candidature improponibili come ai tempi delle parlamentarie (stavolta neanche scusabili con la freschezza dell’esperimento). L’effetto involontariamente comico di quelle facce da web non è detto sia portatore di voti, stavolta. Resta poi, a monito, l’esperienza di Roma (giugno 2013), con i meet-up in lotta per quisquilie e l’utopia della democrazia diretta che intanto si schiantava contro l’umanissima, incancellabile voglia di emergere dei singoli “cittadini”, per nulla convinti di valere “uno” come gli altri.
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