Vèstiti, ma da uomo

Annalena Benini

E’ uno dei principali motivi per cui le storie d’amore estive si scontrano contro la brutalità dell’autunno e vanno in pezzi. Ci si innamora sopra un’isola, magari, in un villaggio di pescatori, in luoghi dove al massimo ci si infila una maglietta, la sera, e ci si promette di rivedersi prestissimo, per cominciare il resto della vita insieme. Passano i giorni, finisce l’estate e lo si aspetta in aeroporto, col cuore che scoppia, oppure alla stazione del treno, o in casa camminando avanti e indietro e correndo davanti allo specchio ogni minuto.

    E’ uno dei principali motivi per cui le storie d’amore estive si scontrano contro la brutalità dell’autunno e vanno in pezzi. Ci si innamora sopra un’isola, magari, in un villaggio di pescatori, in luoghi dove al massimo ci si infila una maglietta, la sera, e ci si promette di rivedersi prestissimo, per cominciare il resto della vita insieme. Passano i giorni, finisce l’estate e lo si aspetta in aeroporto, col cuore che scoppia, oppure alla stazione del treno, o in casa camminando avanti e indietro e correndo davanti allo specchio ogni minuto. Lui arriva, sorride, tende le braccia e niente ha più senso: indossa stivaletti a punta senza calze, oppure ha una cravatta larghissima, o un giubbotto di pelle da motociclista e non è venuto in motocicletta. Ha un paio di jeans troppo aderenti, una camicia nera lucida, oppure è avvolto in quattro giri di sciarpa di cachemire e fuori non nevica affatto. Ha un impermeabile con il cappuccio, un parka da scalata in montagna, e non sta nemmeno piovendo.

    L’amore finisce, si prova a restare amici ma dopo due o tre telefonate anche i ricordi sbiadiscono e si fatica a ricordare il nome. Sopravvive solo l’immagine di quegli stivaletti a punta, di quel ridicolo giubbotto alla Steve McQueen (che addosso a lui era magnifico). Perché, come ha scritto ieri il Times, solo una donna sa come si deve vestire un uomo, e raramente accetta che i suoi maglioni abbiano a che fare con le ultime sfilate, o che le sue giacche escano da campagne pubblicitarie per abbigliamento da (finta) caccia. Le donne usano, con i pantaloni degli uomini, il doppio standard, che non è un segnale di incoerenza ma una semplice applicazione del principio di realtà: a Brad Pitt sta benissimo, a te no. Javier Bardem con la camicia lucida fa immaginare cose scomposte, il resto del mondo con quella camicia addosso fa pensare alla possibilità di un incendio, dato il tessuto infiammabile. Soprattutto, una donna è sospettosa: guarda un golfino troppo curato, una camicia troppo stirata, un paio di pantaloni con la piega d’acciaio e immagina mondi di deliri narcisistici, immagina la nevrosi di Woody Allen che si porta le posate da casa e accetta di usare un bagno altrui soltanto se lo scarico della doccia in cui scorre via l’acqua è posto al lato del piatto, mai al centro.

    Ci sono anche fobie irragionevoli: perché diffidiamo tanto di giacche a vento di tessuti molto tecnici con il cappuccio? In fondo, si potrebbe pensare, quell’uomo sta solo cercando di ripararsi dalla pioggia. Ma allora perché ha anche l’ombrello? Se lo spaventano due gocce, significa che è cagionevole e potremmo dovere passare il tempo a curargli il raffreddore, se invece usa quelle giacche durante le sue escursioni, rischiamo che un giorno ci chieda di seguirlo. Se, infine, semplicemente quelle giacche gli piacciono, le nostre strade devono per forza dividersi. Il Times fa una classifica di capi d’abbigliamento maschili inaccettabili per uno sguardo femminile, e ci mette gli stivali da cowboy, le camicie a maniche corte (a meno che lui non sia un pilota di aerei super leggeri in paesi dal clima tropicale, e allora gli servono anche gli occhiali da aviatore), le caviglie nude con abiti eleganti, gli stivali da motociclista se non si è appena scesi da una moto, l’eccesso di sciarpe, le camicie con troppi bottoni slacciati e in generale tutti i capi molto aderenti (dietro, davanti, sopra, sotto), che fanno immaginare lunghe sessioni in palestre specchiate e autoscatti in bagno in posizione da discobolo.

    • Annalena Benini
    • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.