La liberté di andare a puttane. La Francia litiga sulle multe ai clienti
“Touche pas à ma pute”, giù le mani dalla mia puttana: è il titolo del manifesto-appello di 343 uomini francesi – giornalisti, scrittori, gente di spettacolo – contro il progetto di legge socialista che vuole sanzionare i clienti delle prostitute con multe fino a tremila euro. Sul mensile Causeur, che lancia l’appello, i 343 firmatari si autodefiniscono “salauds”, mascalzoni (ma meglio ancora “porci”). Tra loro, oltre a Frédéric Beigbeder, direttore della rivista, ci sono giornalisti come Ivan Rioufol del Figaro, Eric Zemmour e Daniel Leconte, gli umoristi Nicolas Bedos e Basile de Koch.
“Touche pas à ma pute”, giù le mani dalla mia puttana: è il titolo del manifesto-appello di 343 uomini francesi – giornalisti, scrittori, gente di spettacolo – contro il progetto di legge socialista che vuole sanzionare i clienti delle prostitute con multe fino a tremila euro. Sul mensile Causeur, che lancia l’appello, i 343 firmatari si autodefiniscono “salauds”, mascalzoni (ma meglio ancora “porci”). Tra loro, oltre a Frédéric Beigbeder, direttore della rivista, ci sono giornalisti come Ivan Rioufol del Figaro, Eric Zemmour e Daniel Leconte, gli umoristi Nicolas Bedos e Basile de Koch (marito dell’ex portavoce della Manif pour tous, Frigide Barjot), l’avvocato di Dominique Strauss-Kahn, Richard Malka, Antoine (quello che nel 1967, a Sanremo, cantava “Pietre”), gli scrittori Jean-Michel Delacomptée e François Taillandier, l’attore e regista Philippe Caubère. Lo stesso che nel 2011, in polemica con l’analogo progetto elaborato in epoca Sarkozy, si era autodenunciato su Libération come cliente abituale e non pentito di prostitute.
All’epoca, nessuno si scandalizzò. Al governo c’era la destra, Libé è il giornale della gauche e non c’era ancora stato il caso DSK. Ma stavolta i “salauds” le hanno pensate tutte, per irritare gli irritabili. Dalla parafrasi dello slogan di SOS Racisme (“Touche pas à mon pote”, giù le mani dal mio amico), alla scelta di essere in 343: proprio come le francesi famose – tra le altre, Simone de Beauvoir, Françoise Sagan, Catherine Deneuve, Tina Aumont – che nel 1971 dichiararono sul Nouvel Observateur di aver abortito, quando la legge ancora lo vietava, e che furono chiamate (e poi si autodefinirono) “343 salopes”, puttane. La presidente della Lega per i diritti delle donne, Anne Zelensky, denuncia l’accostamento blasfemo: “Quale legame ci può essere tra noi ‘salopes’, che reclamavamo la libertà negata di disporre del nostro corpo, e questi ‘salauds’ che oggi pretendono la libertà di disporre, dietro compenso e senza sanzioni, del corpo delle donne?”. Ripete tutto in fotocopia la ministra per i Diritti delle donne, Najat Vallaud-Belkacem (neo giacobina, sa di certo che all’epoca della rivoluzione del 1789 i clienti delle prostitute erano perseguiti come “nocivi sibariti”). Anche per la portavoce di “Osez le féminisme”, Anne-Cécile Mailfert, il riferimento dei “salauds” all’appello delle “salopes” è “abietto”, mentre Morgane Merteuil, portavoce del Sindacato dei lavoratori del sesso – ovviamente contrario alle multe per i clienti – puntualizza che “non siamo le puttane di nessuno, tantomeno le loro”.
Elisabeth Lévy, caporedattrice di Causeur e coautrice del manifesto, ammette la voglia di ridicolizzare le femministe di “Osez le féminisme”, che chiama “brigata dei piumini”. Perché, dice a Libération, “si interessano solo di condivisione dei lavori domestici” e non ammettono che prostituirsi possa essere anche una libera scelta.
Nel manifesto dei “343 salauds” si legge: “In materia di prostituzione noi siamo credenti, praticanti e agnostici. Alcuni di noi sono andati, vanno o andranno a ‘puttane’, e non ne provano vergogna. Altri, senza essere stati personalmente clienti (per motivi che riguardano solo loro), non hanno e non avranno mai il riflesso civico di denunciare chi, tra coloro che gli sono vicini, ha fatto ricorso all’amore a pagamento. Omo o etero, libertini o monogami, fedeli o incostanti, siamo uomini. Questo non fa di noi dei frustrati, perversi o psicopatici descritti dai partigiani di una repressione travestita da lotta femminista… consideriamo che ciascuno ha diritto di vendere liberamente le proprie grazie – e anche di trovarlo piacevole. Rifiutiamo che dei deputati legiferino sui nostri desideri e i nostri piaceri… Non amiamo né la violenza, né lo sfruttamento né il traffico di esseri umani… Amiamo la libertà, la letteratura e l’intimità. E quando lo stato si occupa del nostro sedere, sono tutte e tre in pericolo”.
Il 25 novembre la proposta di legge per punire i clienti arriva in Parlamento. Ma forse, come capita da qualche tempo in Francia, non se ne farà nulla.
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