Ma Grillo lo sa che il sindaco-comico di Reykjavík lascia la politica?

Giulia Pompili

“Cari amici. Credo che sia giunto il momento. Per candidarmi di nuovo sarei dovuto diventare un politico, e io non lo sono. Sono semplicemente un comico”. Con queste parole Jón Gnarr, primo cittadino della capitale islandese Reykjavík, ha annunciato ieri che non correrà per il secondo mandato, nonostante i sondaggi per le elezioni di giugno 2014 lo diano in netto vantaggio.

    “Cari amici. Credo che sia giunto il momento. Per candidarmi di nuovo sarei dovuto diventare un politico, e io non lo sono. Sono semplicemente un comico”. Con queste parole Jón Gnarr, primo cittadino della capitale islandese Reykjavík, ha annunciato ieri che non correrà per il secondo mandato, nonostante i sondaggi per le elezioni di giugno 2014 lo diano in netto vantaggio. L’uomo simbolo del populismo à la Grillo, il sindaco anarchico e tatuato prestato alla politica, che da piccolo era stato ricoverato perché credevano che avesse un grave ritardo e invece si è scoperto dopo che soffriva di dislessia e di sindrome da deficit di attenzione, l’uomo anti crisi e pro gay, capace di vestirsi da drag queen sul carro principale del Gay Pride di  Reykjavík, di indire un referendum per qualunque istanza di ciascuno dei suoi 120 mila cittadini, di rispondere a ogni email, di essere apprezzato da tutti. Gnarr, giunto all’apice dei consensi, ha fatto un passo indietro. E lo ha fatto ammettendo una verità molto semplice, ovvero che chi fa il comico vuole far ridere, e invece la politica è una cosa seria.

    Basta guardare la pagina Facebook di Gnarr per capire la sofferenza di questi tre anni passati nel Palazzo del potere di Reykjavík. Non sembra il profilo online del sindaco di una capitale europea, somiglia piuttosto alla pagina di un gruppo rock socialmente impegnato. Gnarr viene da lì, militava nei gruppi punk islandesi degli anni Settanta, nei Sugarcubes degli anni Ottanta (la band di Bjork prima che fosse Bjork. Alla moglie di Gnarr, Jóhanna Jóhannsdóttir, è dedicata “Jóga” dall’album “Homogenic”). Dopo il periodo punk, di cui conserva i capelli tagliati alla moicana e l’avversione per le cravatte “simbolo di un potere maschilista”, Gnarr ha iniziato a fare il comico in un programma alla radio, poi al cinema e alla televisione.

    Come nell’episodio “Waldo” della serie tv “Black Mirror”, il Best party – modestamente il “miglior partito” – nasce come un partito di satira, senza alcuna proposta ma con uno slogan ben preciso, quello del “siete tutti ladri”. Nel frattempo però c’è la crisi finanziaria islandese, il crollo delle tre grandi banche, la Kaupthing, la Glitnir e la Landsbanki, le dimissioni dell’ex premier Geir Hilmar Haarde (il primo premier al mondo a essere stato processato per le responsabilità di una crisi economica, poi assolto). Gnarr nel 2009 decide di fare sul serio e di scendere in politica con un partito costituito da gente comune, senza nessuna esperienza sul campo. Oggi quel partito, secondo i sondaggi, avrebbe il 37 per cento delle preferenze: “Ma morirà con me, perché il Best party senza di me è un altro partito”. E c’è della filosofia politica, dietro il pensiero del populista per eccellenza.

    L’Islanda è il simbolo dell’utopia grillina. Perché è il luogo dove la democrazia è più diretta che mai (esiste l’e-democracy come nei sogni di Casaleggio), perché i cittadini si ribellano ai diktat europei e alla dittatura bancaria – favola a uso dei populisti, perché il debito pubblico del paese dopo il crollo delle banche e il prestito chiesto al Fmi è aumentato eccome. E guai a far notare la verità, ovvero che non è possibile prendere come esempio di virtuosità una nazione con soli trecentomila abitanti, dove ogni abitazione è energeticamente autosufficiente, dove per cultura tipicamente nordica l’unica autorità cui si risponde è quella della Natura. Per fortuna, esistono comici come Gnarr. Gli perdoniamo pure di essersi prestato alla politica.

    • Giulia Pompili
    • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.