Cancellieri, cuore di mamma nell'Italia in cui ci conosciamo tutti

Stefano Di Michele

Il fatto è che ci conosciamo tutti. E tutti conoscono qualcuno (diciamo X) che potrebbe, volendo, chiamare quell’altro (diciamo Y) per intervenire su (diciamo Z). Fosse questura – che pure a quell’ora, a tarda ora, pure in Egitto dove sta zio, i questori sono fuori questura; fosse persino magistratura. Ognuno conosce qualcuno con un libro da pubblicare, un programma da fare, un articolo da presentare, una canzone da incidere, un onorevole da presentare – e magari, persino, qualcuno si conosce che sta in galera.

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    Il fatto è che ci conosciamo tutti. E tutti conoscono qualcuno (diciamo X) che potrebbe, volendo, chiamare quell’altro (diciamo Y) per intervenire su (diciamo Z). Fosse questura – che pure a quell’ora, a tarda ora, pure in Egitto dove sta zio, i questori sono fuori questura; fosse persino magistratura. Ognuno conosce qualcuno con un libro da pubblicare, un programma da fare, un articolo da presentare, una canzone da incidere, un onorevole da presentare – e magari, persino, qualcuno si conosce che sta in galera. Mondo vario. Figli e figlie, padri e madri, famiglie e famigli. Succede.

    La brava e simpatica ministra Cancellieri – fino a ieri all’onore del mondo portata; e soprattutto dai giornali che adesso le danno gli otto giorni, “ne tragga le conseguenze”, raus!, all’onore del mondo esibita – molto conosce, indubbiamente molto può, molto affollamento intorno si ritrova. E’ il pigolare della necessità, a volte: “Annamaria… Annamaria…”, e chissà quante volte il pigolare del superfluo: “Annamaria… Annamaria… Annamaria…”. Non che sia necessario stampare quel libro. Non che sia indispensabile preparare quel programma. Non che quell’onorevole conti un cazzo (gli onorevoli, dai giorni di Trombetta con Totò in treno, pendono più dalla parte della commedia che della tragedia, si sa).

    Poi, ci sono cose che possono sembrare necessarie – anche se poi possono apparire inopportune, e forse inopportune sono. In questura, a quest’ora, chiudessero i centralini, e gli zii tenessero serrate le nipotine, e i papi (non in senso ecclesiastico) spenti i cellulari. I telefoni ministeriali, lo stesso: fissi e contundenti come se fossero ancora di bachelite anni Trenta, sono ormai zavorre che affondano, piuttosto che ancore che saldano. La molto brava ministra chiamò, s’informò, richiamò altrove, poi richiamò ancora. Cuore di mamma. Cuore di amica. Cuore anche di ministro realmente interessata a come la gente sta in carcere, a come la gente in carcere potrebbe (può) a volte crepare. Dicono gli stessi magistrati (pure Caselli lo dice, che sempre bene dice) che relazione non c’è tra la sua telefonata e la liberazione di Giulia Ligresti. Dicono – ma a volte i magistrati vengono buoni, a volte non vanno bene. La signora in carcere rischiava davvero – la liberarono, appunto, ma dicono che il ministro a vuoto telefonò. Ma lo stesso telefonò. E altri telefonarono. E lei disse una cosa. E altri riferirono altro.

    C’è l’ossequio e c’è lo sberleffo. C’è la gratitudine e c’è la battutaccia. I milioni del figlio – a buonuscita, indubbiamente buona, va da sé. Il ritardo nella chiamata. C’è il passo azzardato, certamente. Ma c’è anche, adesso (cioè: inevitabilmente adesso c’è), un/a bravo/a ministro/a – nelle pesti. “Intervento umanitario”, dice. “Chiarisca”, dicono i suoi stessi alleati, buoni quelli. “Amarezza”, giurano i suoi ministeriali. Il sabba, comunque, si apparecchia. Quando sulla prima pagina di Repubblica si stampa “ne tragga le conseguenze”, conseguenze nefaste si prevedono. All’onore del mondo fu Annamaria Cancellieri – che pur associandola alla Thatcher e alla Sora Lella, a Rugantino e a Tina Pica, era modo sicuro per innalzarla, mai per denigrarla. Chi la voleva sindaco ovunque, chi ne cantò le lodi al Viminale, chi aspirava a vederla al Quirinale, chi la guardava ammirata mentre lei i nobili Sigilli scrutava. Per esempio, anche lì dove le intimano adesso conseguenze da trarre, valigie da serrare, saluti frettolosi da fare. Anche Liana Milella, mai di facile contentamento in materia, a giugno ne evidenziava il “realismo”, la capacità di “guardare più ai fatti che ai retroscena”, e perciò “un bonus se lo merita”. Anzi, “Cancellieri oggi si può appuntare due medaglie” (per il processo civile e le carceri).

    Un niente (magari non proprio niente), passare dall’onorificenza allo scasamento. E Concita, pur essa giustamente di difficile contentamento, quando fu il momento del Quirinale, esattamente appuntava: “Anche parte del centrosinistra l’avrebbe votata. Poteva, volendo, essere eletta”. Chissà se Annamaria resisterà – che conseguenze trarrà, mamma/amica/ministro? Allora guardare (i Sigilli) e non toccare (la cornetta)? Forse era meglio: volendo, potendo. Forse lo stesso. Però, per sicurezza…

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