Nel Pci la tessera non contava, ma non era una lettera scarlatta

Stefano Di Michele

Tesserato, vil razza dannata. Il Vajont di tessere precipitato sulla testa del Pd, a riprova, più che di partecipazione democratica, di ingordigia congressuale, con piccoli capicorrente locali nel ruolo di ancor più minuscoli Cicikov in transumanza di sezione in federazione, di candidato in candidato, con i loro pacchetti di “anime morte” – moduli, adesioni, sottoscrizioni. Moltiplicazioni repentine, vocazioni inaspettate, attitudini inattese. Pure, si è avuto notizia, di vere e proprie resse di albanesi/cinesi/rom – e magari fosse felicissima e auspicata integrazione, piuttosto a un furbissimo instradamento per mano altrui si è pensato.

L'editoriale Effetto Renzi, due partiti (forse tre)

    Tesserato, vil razza dannata. Il Vajont di tessere precipitato sulla testa del Pd, a riprova, più che di partecipazione democratica, di ingordigia congressuale, con piccoli capicorrente locali nel ruolo di ancor più minuscoli Cicikov in transumanza di sezione in federazione, di candidato in candidato, con i loro pacchetti di “anime morte” – moduli, adesioni, sottoscrizioni. Moltiplicazioni repentine, vocazioni inaspettate, attitudini inattese. Pure, si è avuto notizia, di vere e proprie resse di albanesi/cinesi/rom – e magari fosse felicissima e auspicata integrazione, piuttosto a un furbissimo instradamento per mano altrui si è pensato. Così che, in pochi giorni, l’onore e l’onere della tessera di partito – nelle cronache impietose dei giornali, ma persino e per primi nelle dichiarazioni dei diretti interessati: chi alla segreteria, chi alla battaglia interna – si è mutato in una sorta di lettera scarlatta, di marchio a significare sospetto di qualche compravendita: con il comprare, appunto, e il vendersi. Uno sfregio mediatico, dai monti ciociari al Tavoliere pugliese, che altro che lo stringersi “a coorte” con Cav., a faticosa glorificazione delle larghe intese. Nel Pci che il Pd ha preceduto, e persino nella Dc che molti attuali dirigenti del Pd ha generato, il tesseramento era cosa seria, gravosa, pur se per comunisti e democristiani aveva diverso senso. L’appartenenza a una corrente nello Scudocrociato contava, la corrente organizzava, il capocorrente s’impegnava (in ogni senso), ma un simile assalto all’arma bianca, come l’assedio visto alle sezioni del Pd, neanche un capataz doroteo poteva immaginarlo.

    Nella Dc l’ammasso delle tessere contava, ma si praticava nel retrobottega – magari a poca chiarezza, si potrebbe dire; certo a minor disdoro, osservando lo spettacolo odierno. Voracità, perciò, però in qualche modo contenuta. Come spiegò con uno dei suoi paradossi Mino Martinazzoli: “Siamo uno strano partito, che passa le sue giornate a contare le tessere e le serate a commentare le encicliche”. Ma almeno, tra l’alba e il tramonto, si variava.

    Nel Pci tutto aveva una maggiore sacralità, tutto a nome della Causa e dei Lavoratori. L’avvio della campagna annuale del tesseramento era una sorta di solenne intronizzazione, con pubblica manifestazione aperta al suono dell’Internazionale e dall’intervento del Segretario, poi un paziente e capillare dilagare dei più ferrei militanti quartiere per quartiere, caseggiato per caseggiato, casa per casa, pianerottolo per pianerottolo. L’obiettivo minimo per ogni sezione: la conferma del numero dei tesserati, con l’invito della locale federazione a superare il traguardo, e al migliore piazzamento la possibilità di un dono, dalla grafica di un compagno pittore alla partecipazione a un piccolo festeggiamento di un autorevole compagno della Direzione nazionale. Ogni tessera scritta a mano, bollino applicato, quota riscossa: vera autentica autarchia militante. Un milione, milione e mezzo. C’era molto lavoro. E forse, come ha maliziosamente ricordato Claudio Petruccioli, se immane era lo sforzo, se esaltante spesso il risultato, pure ininfluente la conclusione. Non erano infatti gli iscritti a eleggere il segretario – figurarsi i passanti simpatizzanti sotto il gazebo. Le tessere erano la trama del radicamento del partito, gli iscritti la massa di manovra da far pesare nei confronti degli altri, il perenne via vai di militanti tra strade e condomini un marcare preciso del territorio. Era scenografia, più che vera sostanza;  col plauso dei leader da Botteghe Oscure: ma a nessuno di loro passava per l’anticamera del cervello l’idea di chiedere all’iscritto chi potesse essere il migliore  (dopo il Migliore). Adesso Cuperlo vuol fermare il tesseramento, Emiliano abolire gli iscritti. Dall’onore del mondo al disonore delle cronache. Contava poco, prima, il tesserato. Adesso molto, si dice. Quasi niente, pare.

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