Moro e le verità sepolte (dal ridicolo)
“Amico è Platone, più amica è la verità”. Sul suo blog dice di rifarsi a questa massima di Aristotele, Ferdinando Imposimato, ex giudice istruttore in processi di mafia e terrorismo, star della rete e ancora prima della tv (a “Forum”), candidato alle “quirinarie” grilline e autore di libri complottisti sul caso Moro ora in viaggio verso la categoria “fantascienza” per via di una fonte non proprio attendibile (Giovanni Ladu, indagato per calunnia dalla procura di Roma).
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“Amico è Platone, più amica è la verità”. Sul suo blog dice di rifarsi a questa massima di Aristotele, Ferdinando Imposimato, ex giudice istruttore in processi di mafia e terrorismo, star della rete e ancora prima della tv (a “Forum”), candidato alle “quirinarie” grilline e autore di libri complottisti sul caso Moro ora in viaggio verso la categoria “fantascienza” per via di una fonte non proprio attendibile (Giovanni Ladu, indagato per calunnia dalla procura di Roma). “Più amica è la verità”, dice Imposimato, ma la sua verità, da due giorni, appare azzoppata. Giovanni Ladu e Oscar Puddu: c’era qualcosa che doveva forse svelare tutto, in quel cognome finto (il secondo) che si rifaceva nella “u” finale a quello vero (il primo). Fatto sta che l’ex brigadiere Ladu, informatore privilegiato dell’ex giudice, sarà costretto, causa iscrizione nel registro degli indagati, ad accoltellare per sempre il suo alter ego Puddu, colui che inviava decine e decine di mail a Imposimato per avvalorare e rinverdire le tesi anche fantasiose dello stesso Ladu, consegnate anni fa a Imposimato (sotto forma di memoriale) e poi scartate dalla magistratura. E Imposimato si fidava, pur sfiorato a volte dal dubbio (ma era sicuro che Puddu non fosse Ladu, dice da autore di libri più che da giudice – ché l’Imposimato scrittore di bestseller fa quello che forse non avrebbe fatto da investigatore noto anche per le incursioni notturne sui tetti del ghetto in cerca di un possibile covo brigatista con passaggio segreto: e chissà se quell’Imposimato avrebbe accettato di non vedere mai dal vivo la sua fonte). Poi uno dice che sembra un film, e in effetti come film sarebbe perfetto: “C’è persino, in questa storia di incongruenze, un appartamento in condivisione per tre spioni del Kgb, della Cia e del Mossad, e proprio sopra la prigione di Moro, nello stesso condominio; e c’è un accampamento militare in via Montalcini non notato dagli inquilini”, scherza Massimo Bordin, storica voce di Radio Radicale, per nulla sorpreso dalla scoperta del finto informatore de “I 55 giorni che hanno cambiato l’Italia”, l’ultimo libro di Imposimato (ed. Newton Compton), molto venduto e promosso come “nuova rivelazione”.
Più amica è la verità (dell’amico?) anche per il giudice Antonio Esposito, amico ed estimatore di Imposimato al punto da scrivere la prefazione del suddetto libro e già presidente della sezione feriale della Cassazione che in un giorno di mezza estate ha confermato la condanna del Cav. per il caso Mediaset (è di Esposito anche l’intervista al Mattino del giorno dopo, quella su Berlusconi condannato “perché sapeva”, poi smentita da Esposito e confermata dal quotidiano, e soprattutto rilasciata a motivazione della sentenza ancora di là da venire). Esposito nel libro di Imposimato ci vede la “prova definitiva che le scelte del comitato di crisi presieduto da Francesco Cossiga furono il preludio della morte di Moro…”, la “prova piena delle ‘scandalose omissioni’ da parte degli apparati dello Stato…”. Non contento, Esposito si spende sulle fonti (chissà ieri che sorpresa): “… definitiva conferma e certezza attraverso le dirompenti dichiarazioni di due dei numerosi militari… uno brigadiere della guardia di finanza (Ladu, ndr), l’altro ufficiale dell’esercito e membro di Gladio (Puddu, ndr)”. Viste oggi, appaiono profetiche le sue parole: “Minuzioso e del tutto sovrapponibile è il racconto di entrambi”. Infatti sono la stessa persona, ma vai a capirlo prima, nel bailamme di autosuggestione dietrologica (del genere: Moro è morto per volere di Andreotti e Cossiga, con la complicità della Cia, del Kgb, del Mossad e con vasto contorno di poteri fumosi che – tutto si tiene – sono colpevoli anche delle stragi e in generale dello sfascio del paese, giù giù fino alle larghe intese che sono naturalmente “sotto la direzione occulta di banchieri e finanzieri”). Già che ci siamo l’impostazione è esportabile: l’11 settembre? Gli americani sapevano, è andato a dire Imposimato, due anni fa, alla Corte dell’Aia. Non è “Zeitgeist”, il documentario-bibbia del complottismo mondiale, è la linea di pensiero di un ex giudice (amico di giudice), protagonista di una campagna battente su radio, tv, teatri e licei. A qualcuno piace: “Con puntiglioso rigore e coraggio… nel suo ultimo libro il giudice svela e riordina alcuni lati oscuri”, scriveva Furio Colombo sul Fatto, anche se poi il Fatto restava prudente sulle “rivelazioni” in sé.
Ma sono creduloni i giudici o è la superstizione collettiva del complotto e dell’anti casta a rendere il giudice, più che un autorevole baluardo di libertà&verità, un soggetto ideale per una puntata di “Scherzi a parte”?. (In questa storia c’è anche la beffa: è stato lo stesso Imposimato, in veste di avvocato di Maria Fida Moro, a sollecitare gli inquirenti a riaprire le indagini che poi hanno portato a indagare Ladu). Intanto, alla Camera, anche prendendo come “elemento aggiuntivo di riflessione” il libro di Imposimato, si chiedeva una nuova commissione d’inchiesta su Moro (e meno male che al Senato ci si è attenuti, nel presentare il disegno di legge per il medesimo scopo, a motivazioni storiche dovute al nuovo scenario archivistico dopo il crollo “del muro della riservatezza” nei paesi dell’ex est comunista e sul fronte mediorientale).
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