E Kerry intanto vola

Ecco il gruppo della Casa Bianca che teneva i contatti segreti con l'Iran

Daniele Raineri

Ieri il Wall Street Journal ha raccontato la rete intricata di contatti che la Casa Bianca ha steso con l’Iran negli ultimi anni. L’articolo, oltre a fare uno scoop esplicito sulle relazioni caute e segrete di Washington con gli iraniani, getta anche una nuova luce su come funziona l’Amministrazione Obama quando si occupa di politica estera. A settembre la telefonata del presidente americano Barack Obama a Hassan Rohani è stata presentata come una decisione fatta all’ultimo minuto, con il presidente iraniano che ormai era sulla macchina che lo portava verso l’aeroporto.

    Ieri il Wall Street Journal ha raccontato la rete intricata di contatti che la Casa Bianca ha steso con l’Iran negli ultimi anni. L’articolo, oltre a fare uno scoop esplicito sulle relazioni caute e segrete di Washington con gli iraniani, getta anche una nuova luce su come funziona l’Amministrazione Obama quando si occupa di politica estera.

    A settembre la telefonata del presidente americano Barack Obama a Hassan Rohani è stata presentata come una decisione fatta all’ultimo minuto, con il presidente iraniano che ormai era sulla macchina che lo portava verso l’aeroporto. Una rottura storica del silenzio diplomatico tra i due paesi che dura dalla rivoluzione khomeinista dal 1979, arrivata come una svolta a sorpresa. In realtà, scrive il Wall Street Journal, è stato il risultato di una coreografia a lungo studiata ed è stato anche il culmine di una lunga serie di incontri precedenti tra delegati americani e iraniani. I contatti tra le due parti sono stati accelerati a partire dalle ultime elezioni presidenziali iraniane di giugno.

    Lo specialista scelto dalla Casa Bianca  per questi incontri con i funzionari del ministero degli Esteri iraniano è un indiano-americano, Puneet Talwar, che lavora al Consiglio di sicurezza nazionale e dirige il settore che si occupa di Iran, Iraq e degli stati del Golfo. Talwar è stato aggiunto al tandem Obama-Biden fin dalla campagna elettorale del 2008, quando già si parlava di approcciare Teheran per raggiungere una soluzione negoziata al problema del nucleare. Un altro mediatore è l’attuale Consigliere per la sicurezza nazionale, Susan Rice, che ha intrapreso i primi contatti con gli iraniani durante il suo mandato come ambasciatrice americana alle Nazioni Unite tra il 2009 e il 2013.
    Parte degli incontri si è tenuta a Muscat, capitale dell’Oman, piccolo stato del Golfo che sta dirimpetto all’Iran e il cui sultano, Qaboos bin Said al Said, ha fatto anche lui da mediatore tra l’Amministrazione Obama e Teheran. Altri incontri si sono tenuti a margine di appuntamenti internazionali informali, come tavole rotonde e conferenze sul disarmo e sulla risoluzione dei conflitti, per esempio a Stoccolma. A giugno, dopo l’elezione di Rohani al posto di Mahmoud Ahmadinejad, la fase preliminare è finita: il sultano dell’Oman ha riferito agli iraniani che la Casa Bianca era disponibile a trattare direttamente.

    Dalla lettura del pezzo si capisce anche che la politica estera americana per quanto riguarda i contatti con l’Iran è portata avanti dentro il Consiglio di sicurezza nazionale, bypassando tutto il resto del governo – per esempio il dipartimento di stato. Dieci giorni fa un articolo del New York Times ha spiegato che da luglio la linea sul medio oriente è dettata da un gruppo ristretto dentro la Casa Bianca, guidato dal Consigliere per la sicurezza nazionale Rice. Il coinvolgimento di Esteri, Difesa e servizi segreti in questo processo è tenuto al minimo. Il pezzo parlava soprattutto dell’inazione in Siria, ma ora questo nuovo articolo del Wall Street Journal aggiunge ulteriori elementi e spiega che anche sull’Iran  è il Consiglio di sicurezza nazionale a stare in prima linea. Al dipartimento di stato e al suo segretario, John Kerry, tocca poi sistemare le conseguenze: Kerry, per esempio, si è molto esposto nello spiegare al mondo la necessità di colpire il presidente Bashar el Assad dopo la strage con armi chimiche a Damasco, salvo poi essere smentito dal ripensamento di Obama. Lunedì il segretario di stato ha anche incontrato a Riad il re saudita per rassicurarlo perché è molto preoccupato dalle notizie dei contatti tra Obama e Teheran; un funzionario saudita spiega al Wall Street Journal che “quando va bene, sull’Iran siamo paranoici. Negli altri giorni è peggio”. Chissà però cosa penseranno a Riad, dopo avere letto il pezzo di ieri.

    Netanyahu: “Un regalo all’Iran”
    I contatti tra i due paesi producono un nuovo clima, per ora senza risultati: ieri ci sono stati nuovi incontri a Ginevra, tra iraniani e delegati dei cinque membri del Consiglio di sicurezza più la Germania (il gruppo dei Cinque più uno), è la quarta volta che accade da settembre. C’è stato anche un bilaterale tra il ministro iraniano Javad Zarif e gli americani. Da un momento all’altro si aspetta l’annuncio di un congelamento per sei mesi del programma nucleare in cambio di un ritiro parziale delle sanzioni da parte di Washington. Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, protesta  – “sarebbe un accordo straordinariamente a favore di Teheran” – e chiede che l’Iran trasferisca all’estero l’intero processo di arricchimento dell’uranio, in linea con le risoluzioni delle Nazioni Unite.

    • Daniele Raineri
    • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)