Cancellieri, Letta e le molte palle settimanali (ma guai a rimangiarsele)

Mario Sechi

Contrappasso. Trascorri l’infanzia a fantasticare sulle lame rotanti di Goldrake e ti ritrovi nella maturità a commentare le “balle d’acciaio” di Enrico Letta (intervista del premier all’Irish Times del 7 novembre, giovedì). E’ la politica degli attributi auto-attribuiti e prendiamo nota diligentemente sul taccuino. Il giorno dopo, Enrico legge i giornali che lo canzonano sul riferimento al sotto-metallico e corregge la vicenda metallica: “Sulle note vicende dell’acciaio ho letto profluvi di articoli su cosa avrei voluto dire per una frase che non ho mai detto”. Un incidente di traduzione? Ma in inglese balls are balls, le palle sono palle.

    Contrappasso. Trascorri l’infanzia a fantasticare sulle lame rotanti di Goldrake e ti ritrovi nella maturità a commentare le “balle d’acciaio” di Enrico Letta (intervista del premier all’Irish Times del 7 novembre, giovedì). E’ la politica degli attributi auto-attribuiti e prendiamo nota diligentemente sul taccuino. Il giorno dopo, Enrico legge i giornali che lo canzonano sul riferimento al sotto-metallico e corregge la vicenda metallica: “Sulle note vicende dell’acciaio ho letto profluvi di articoli su cosa avrei voluto dire per una frase che non ho mai detto”. Un incidente di traduzione? Ma in inglese balls are balls, le palle sono palle. Numi delle fonderie, possibile? Ripasso l’impaginato dell’Irish Times, il virgolettato è di Paddy Agnew, dal 1986 corrispondente in Italia del quotidiano irlandese, e sì, c’è l’acciaio con tutto il resto e il virgolettato di Letta:
    “In a one-on-one interview with him this week, your correspondent asked Mr Letta if he knew what people in half the chancelleries of Europe were saying about him these days: ‘Oh yes, they say that Letta has balls of steel’”.

    Balls of steel, palle d’acciaio. Ma Enrico non l’ha detto. Peccato, perché il riferimento testosteronico era subito diventato topos letterario, elemento pulsante della narrazione politica della settimana. Renato Brunetta aveva sfoderato la battuta al calor bianco: “Letta si vanta di essere considerato l’uomo dalle palle d’acciaio. I lavoratori dell’Ilva, se potessero, gliele fonderebbero all’istante” (da Twitter, ore 2,42 del 7 novembre). Beppe Grillo ci aveva ricamato sopra un vaffa istituzionale: “Il premier ballista d’acciaio, lo sanno anche in Europa” (stesso giorno, sfere incluse). Ma chi di balle ferisce, di balle perisce ed ecco un Grillo di qualche giorno fa evocare i cosiddetti dei pentastellati: “Tra noi c’è gente con le palle e stiamo cercando di fare un paese diverso” (28 ottobre, durante la sua visita pastorale a Montecitorio). Entrati in zona Grillo, prende la parola Andrea Forgione, dirigente provinciale del Pd di Paternopoli, quello che aveva accettato la tessera d’iscrizione (numero 40, per la precisione) di Beppe ai democratici: “Se Letta ha le palle d’acciaio, noi abbiamo i glutei di titanio” (8 novembre, lettera a Irpinia24). Dalle sedi nazionali dei partiti fino alla periferia, il dibattito è decisamente pallocentrico. In fondo s’era capito che la settimana era inscatolata quando martedì 5 novembre intorno alle 14 Mario Ferrara, deputato di Gal, prende la parola e libera nell’Aula del Senato un moto di soddisfazione per il discorso di Annamaria Cancellieri sul caso Ligresti: “Una cosa voglio dire: finalmente al governo vediamo un ministro con le palle…”. In effetti la Cancellieri se la cava bene, incassa la difesa di Gian Carlo Caselli, in Aula usa un po’ di mestiere, concede e rivendica, mette in fila gli scout renziani, non rinuncia a essere “umana” e resta al suo posto con il sigillo del segretario democratico Guglielmo Epifani: “L’abbiamo ascoltata al Senato e qui alla Camera e, guardando all’esposizione e ai fatti, le confermiamo la nostra fiducia per il semplice fatto che da parte sua non ci sono stati interessamenti fuori dalle sue responsabilità”. Crisi rinviata a data da destinarsi, se ne discuterà nel Consiglio nazionale del Pdl che Berlusconi la sera di mercoledì (6 novembre) decide di anticipare mettendo tutti in offside: ci si vede tutti insieme (forse) appassionatamente il 16 novembre e là si conteranno lealisti e dissidenti. Stop. No, si continua a litigare. Sul taccuino resta impresso un “si crede Rasputin…” di Quagliariello a Capezzone (venerdì, agenzia Agi, ore 12 e 57). Il Pd nel frattempo s’impegna a fondo nell’attività in cui eccelle da sempre: farsi del male. Il caos del tesseramento raggiunge temperature da fonderia, appunto. E finalmente si rivede funzionare il partito: giovedì 7 novembre si riunisce la commissione del congresso che propone alla direzione nazionale lo stop del tesseramento. La direzione riceve via mail le risoluzioni strategiche della war room democratica e passata ’a nuttata ordina il fermo biologico ai pescatori di tessere. L’ex segretario Pier Luigi Bersani dice una cosa giusta: “L’altro giro, l’altra volta, non si fece così. Si chiuse il tesseramento un mese, due mesi prima dell’ultimo giorno. Era quello da fare” (ore 9,00 su “Mix24”). Si pregusta il weekend, ma Letta mette tutti a sedere e annuncia: “La seconda rata dell’Imu non si paga”. Mormorìo in sala stampa: ma non era già deciso? che palle… Riemerge la questione “vicenda metallica”. Chiusa? No, Letta s’affanna a smentire, parla di “cortocircuito comunicativo”, ma ormai il suo è un successo pari a quello di Checco Zalone in sala. Il colpo basso diventa passaggio da noblesse oblige e il presidente della regione Toscana, Enrico Rossi, non si fa sfuggire l’occasione. Prende carta, penna e, manco a dirlo, verga un comunicato contro il presidente delle Ferrovie Moretti perché i treni regionali proprio non vanno: “Ora mi sono davvero rotto le palle con Trenitalia e con le politiche del governo per il trasporto regionale su ferro. Così, per usare le stesse parole usate dal primo ministro Enrico Letta”. E’ venerdì e la lezione della settimana è chiara: vere o finte, in politica non bisogna mai rimangiarsi le palle.