Chiacchiere informate

Il governo Obama esita in medio oriente (ma apprezza “Homeland”)

Daniele Raineri

“Devo correre a casa a guardare ‘Homeland’ in tv”, diceva Janet Napolitano, segretario fino a settembre per la Homeland Security dentro l’Amministrazione Obama. “Ma se è quello che fai nella vita reale!”. “Ma è troppo bello”. Il Foglio parla con una fonte americana che ha contatti al livello più alto della Casa Bianca e la conversazione gira specialmente attorno al segretario di stato, John Kerry, che con la sua faccia caparbia e lungagnona – “come un vostro carabiniere” – guida questa fase di politica estera dell’America in medio oriente.

    “Devo correre a casa a guardare ‘Homeland’ in tv”, diceva Janet Napolitano, segretario fino a settembre per la Homeland Security dentro l’Amministrazione Obama. “Ma se è quello che fai nella vita reale!”. “Ma è troppo bello”. Il Foglio parla con una fonte americana che ha contatti al livello più alto della Casa Bianca e la conversazione gira specialmente attorno al segretario di stato, John Kerry, che con la sua faccia caparbia e lungagnona – “come un vostro carabiniere” – guida questa fase di politica estera dell’America in medio oriente. Secondo molti analisti, Washington ha scelto la linea del disimpegno e c’è chi sta provando a riempire lo spazio lasciato libero. Il primo paese che viene in mente è l’Egitto: questo viavai di generali russi al Cairo per stringere accordi bellici con il governo egiziano proprio adesso, dopo il taglio degli aiuti militari da parte di Washington, non è chiaro. Dice la fonte che potrebbe essere una manovra suggerita da Bandar bin Sultan, il capo dei servizi segreti sauditi. E’ una speculazione, ma creare un’alternativa all’alleanza con gli Stati Uniti e sbandierarla è un grande classico per creare pressione, senza contare che gli armamenti russi sono più a buon mercato di quelli americani. Se il Cairo guarda a Mosca, Washington s’ingelosisce e sarà più riluttante a ritirare la sua sponsorship.

    Kerry è appena stato in Egitto e si è mostrato docile con il governo militare che ha represso con ferocia la Fratellanza musulmana. E’ vero, la campagna di sradicamento è durissima e se il generale Abdel Fattah al Sisi si candidasse come presidente sarebbe sbagliato, ma ci sono alternative credibili all’orizzonte, chiede la fonte? Non se ne vedono. Mentre invece c’è una posizione conflittuale con il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, a causa dei negoziati nucleari in corso con gli iraniani. La posizione di Kerry è giudicata troppo morbida dagli israeliani, ma la conversazione si sposta sugli errori di Netanyahu: perché si sta lasciando così poco spazio, perché si sta chiudendo da solo in una posizione da cui non potrà uscire con mezzi diplomatici? Gli accordi nucleari possibili con l’Iran sono tanti, ed è irrealistico puntare a ottenere quello perfetto.

    • Daniele Raineri
    • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)