Mai fidarsi dei ricordi, perché la memoria non è verità, ma romanzo

Annalena Benini

Non bisogna fidarsi dei ricordi, perché sono quasi sempre sbagliati. Quello che abbiamo mangiato ieri a pranzo, quello che abbiamo detto cinque anni fa al nostro peggior amico, le parole usate da un ex fidanzato per lasciarci nel 1998. Non ci ricordiamo niente, oppure tutto, ma in forma romanzata. I ricordi sono storie ricreate in un nuovo momento dalla nostra testa, e noi siamo davvero convinti che sia andata così (di solito nel modo migliore per noi, più edificante), ma la memoria è fallace e fantasiosa.

    Non bisogna fidarsi dei ricordi, perché sono quasi sempre sbagliati. Quello che abbiamo mangiato ieri a pranzo, quello che abbiamo detto cinque anni fa al nostro peggior amico, le parole usate da un ex fidanzato per lasciarci nel 1998. Non ci ricordiamo niente, oppure tutto, ma in forma romanzata. I ricordi sono storie ricreate in un nuovo momento dalla nostra testa, e noi siamo davvero convinti che sia andata così (di solito nel modo migliore per noi, più edificante), ma la memoria è fallace e fantasiosa. Che canzone ha ascoltato alla radio il diciassette dicembre 1999? Una parodia di Jingle Bells. Ci sono persone capaci di ricordare le date, i dettagli, i numeri di telefono di vent’anni fa, ma non significa che i loro ricordi siano giusti. Magari hanno davvero mangiato salsicce di fegato a pranzo, ma non hanno girato a sinistra, uscendo di casa, non hanno incontrato quell’uomo col cappello che usciva di corsa da un negozio di ferramenta. Un nuovo studio, pubblicato nel Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS) e riportato dall’Atlantic, spiega che le distorsioni della memoria sono molto diffuse e consustanziali negli esseri umani, ed è praticamente impossibile che qualcuno ne sia immune. Significa che non ci si può affidare ai ricordi di nessuno, nemmeno dei soggetti ai quali sia riconosciuta una memoria prodigiosa. Anche i ricordi apparentemente impeccabili sono suscettibili di manipolazione (non per volontà, proprio perché così si comporta la memoria): che ne sarà delle testimonianze oculari? E delle autobiografie, piene di dialoghi fittissimi di quando avevamo otto anni (oltre che di gesta eroiche e risposte brillanti)? Si potrà finalmente dire che sono creazioni, storie, e non verità. Anche nel caso di eventi traumatici, come l’undici settembre 2001, o un incidente aereo, un incendio, cose terribili che dovrebbero restare impresse nella memoria come una fotografia, il filtro dei ricordi cambia le cose, sempre. La storia è vera, ma non è andata esattamente così. Noi abbiamo davvero visto un leone nella savana, ma a cinquanta metri di distanza, non a dieci (in certi ricordi si infila anche un po’ di megalomania, non sempre involontaria). “La mente e la sua memoria non si limitano a registrare e ricevere informazioni”, scrivono i ricercatori, “ma deducono, riempiono le lacune, costruiscono, raccontano storie”. Non sono bugie, sono storie. Un po’ vere e un po’ no. Filtrate da quello che siamo, quello che vogliamo, e dalla nostra memoria emotiva. Siamo in grado non solo di rimuovere i ricordi, ma anche di crearne di nuovi di zecca, mai avvenuti, quindi falsi. Soprattutto le persone che riempiono di particolari ogni storia, si ricordano di che colore avevano il maglione quel giorno, e il profumo dei capelli di lei, e il titolo del giornale e lo scroscio improvviso di pioggia (noi, travolti da tanta precisione, crediamo a tutto), soprattutto queste persone dalla memoria invidiabile stanno quasi sicuramente attingendo a ricordi falsi. Pezzi di verità intrecciati a pezzi di creazione involontaria, come quando ci si sveglia da un sogno molto realistico, e per un po’ si ha il dubbio che sia successo davvero. Ci si chiede, a questo punto, che cosa sia la verità, dato che è impossibile credere ai ricordi: ma adesso che tutto è fotografato, registrato e filmato è più difficile rifugiarsi soltanto nella memoria bugiarda. Non ci si può inventare quasi niente. Ed è un peccato.

    • Annalena Benini
    • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.