Perché nessuno difende più i Cinque stelle? Chiedere direttamente a Grillo

Marianna Rizzini

Michele Serra si è stufato di “giudicare con indulgenza” la “modesta caratura culturale di parecchi eletti delle Cinque stelle”, visto che i medesimi hanno chiesto alla commissione Cultura della Camera di cancellare l'attributo “socialista” per Giacomo Matteotti e di rimpiazzare la parola “socialismo” con “la ridicola perifrasi ‘cultura sociale, economica, ambientale'” (Serra, nella sua “Amaca” su Repubblica, si chiede altresì che cosa possa aver spinto a tanto i Cinque stelle: forse il fatto che Grillo associ storicamente la parola “socialista” a “ladro”?

    Michele Serra si è stufato di “giudicare con indulgenza” la “modesta caratura culturale di parecchi eletti delle Cinque stelle”, visto che i medesimi hanno chiesto alla commissione Cultura della Camera di cancellare l’attributo “socialista” per Giacomo Matteotti e di rimpiazzare la parola “socialismo” con “la ridicola perifrasi ‘cultura sociale, economica, ambientale’” (Serra, nella sua “Amaca” su Repubblica, si chiede altresì che cosa possa aver spinto a tanto i Cinque stelle: forse il fatto che Grillo associ storicamente la parola “socialista” a “ladro”? In ogni caso “l’incauto ideatore di questa scemenza censoria”, scrive, dovrebbe “leggere qualche libro” e “sollevare la testa” dalla “ininterrotta ciancia in rete che alla lunga inebetisce e inganna”). Ma anche Marco Travaglio, non certo un nemico di Beppe Grillo, si è stufato di vedere i Cinque stelle che “ogni volta che si differenziano dai partiti, fanno di tutto per scimmiottare i partiti”. E molto ha trasecolato, ieri, sul Fatto: ma come, ha scritto, nel giorno in cui fate “un figurone con la mozione di sfiducia alla Cancellieri”, decidete di “sputtanarvi” con un “inverecondo commento sul blog” che accusa il Fatto di aver mentito “sulla notizia vera, e per nulla scandalosa, della richiesta di un contributo ai parlamentari per autofinanziare il prossimo V-day”? E dire che Michele Santoro quasi ci aveva discusso, con Travaglio, una settimana fa, a “Servizio Pubblico”, di fronte allo stesso Travaglio che, notava Santoro, “difendeva” sempre e comunque Grillo. Ma una settimana è un secolo e anche al Fatto, evidentemente, non ne possono più della paranoia persecutoria di cui molti Cinque stelle paiono vittime recidive, tanto da non accorgersi che è proprio quella ad accelerare lo sgretolamento del consenso in un mondo che li sosteneva o li guardava con interesse. Sembra più forte l’attrazione per il dettaglio “marcio”, e il richiamo della caccia ai nemici più vari: ieri Enrico Lucci de “Le iene” (per il montaggio di un’intervista), l’altroieri “Piazzapulita”, il giorno prima gli imprenditori del mercato ittico (titolo del post: “Ecco che cosa fanno ai pesci prima di venderli”).

    E’ il giorno in cui i Cinque stelle annunciano di voler chiedere anche in Senato la sfiducia per il ministro Annamaria Cancellieri. E’ il giorno in cui dicono: grazie a un nostro emendamento la Camera potrà recedere dai contratti di affitto milionari. Ma è pure il giorno in cui la grandeur dei tweet di Grillo (c’è il V-day tra dieci giorni) scricchiola sotto i colpi degli autogol dei suoi.

    I Cinque stelle stanno perdendo gli ultimi giapponesi che li difendevano contro se stessi o che li guardavano incuriositi. Stanno perdendo anche i critici indulgenti, quelli che avevano sognato l’accordo Grillo-Pd e, per dare addosso al Pd, salvavano in ogni caso Grillo. Stanno perdendo il supporto nella tv anticasta, ma pensano di poter fare a meno di questi e di quelli, avviluppati come sono nella spirale di azioni di lana caprina (tipo scatenare di primo mattino l’iradiddio contro la presidenza della Camera “omertosa” – con relativo “mailbombing” – per ottenere il rilascio di un video di qualche settimana fa in cui il deputato del Pd Enzo Lattuca, così scrivevano i Cinque stelle, “aggrediva” la deputata del M5s Maria Edera Spadoni, “mettendo la sua faccia naso a naso come un bullo di periferia”. Lattuca rispondeva: mostratelo pure, il video, non ho aggredito nessuno. Intanto su Twitter, in tutta Roma, e dalle redazioni ancora assonnate, saliva un gigantesco: “Perché? Video de cheee?”). Ma il diavolo sta appunto nel dettaglio, nelle ore di tiritera internettiana, nella battaglia sul “de minimis” del dissenso interno (“perché Grillo non prende una sede a Roma?”, si chiede il senatore di M5s Mario Giarrusso). Il diavolo sta pure nel rimando a una pletora di superstizioni e leggende metropolitane (sul blog di Grillo c’è persino un post su un “misterioso animale” marino trovato “lontano dal mare”; e c’è l’infografica sulla tizia che si è fatta impiantare un gioiello nell’occhio – altro che microchip). Poi arriva il post di Grillo sulla Tav, con la domanda classica del complottismo mondiale: cui prodest? Risposta suggerita dall’ex comico: alla ’ndrangheta (ma nel sondaggio proposto agli attivisti, tra le opzioni, si legge anche: “Agli amici di Berlusconi” e “alle cooperative rosse” – perfetta par condicio). “Vox populi, vox Dei”, scrive Grillo, ed è il suo problema: magari non la condivide, e però ormai è in ballo e con quella deve ballare.

    • Marianna Rizzini
    • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.