Siamo tutti puttane

Prostituzione, Francia in rivolta contro il comune senso del pudore

Nicoletta Tiliacos

Nella Francia che continua a litigare su tutto, arriva in discussione la legge per “proibire l'acquisto di prestazioni sessuali”, propedeutica alla totale abolizione della prostituzione nel paese. Presentato dal gruppo socialista, ecologista e repubblicano e tradotto in ventiquattro pagine, cinque capitoli e ventuno articoli, il testo è stato registrato mercoledì scorso all'Assemblea nazionale, in vista del dibattito in Aula che comincerà il prossimo 27 novembre, e che i promotori sperano sia seguito da fulminea approvazione.

    Nella Francia che continua a litigare su tutto, arriva in discussione la legge per “proibire l’acquisto di prestazioni sessuali”, propedeutica alla totale abolizione della prostituzione nel paese. Presentato dal gruppo socialista, ecologista e repubblicano e tradotto in ventiquattro pagine, cinque capitoli e ventuno articoli, il testo è stato registrato mercoledì scorso all’Assemblea nazionale, in vista del dibattito in Aula che comincerà il prossimo 27 novembre, e che i promotori sperano sia seguito da fulminea approvazione. L’articolo 16 della normativa introduce nel codice penale un’infrazione, passibile di millecinquecento euro di ammenda, raddoppiabili in caso di recidiva. Essa consiste “nel fatto di sollecitare, accettare o ottenere rapporti di natura sessuale da parte di una persona che si dedica alla prostituzione, anche in modo occasionale, in cambio di un compenso, di una promessa di compenso, dell’uso di un bene immobile, dell’acquisizione o dell’utilizzazione di un bene immobile, o della promessa di un tale vantaggio”. Da rimarcare anche, all’articolo 15, l’introduzione, “in una logica di prevenzione”, di un “tema di informazione scolastica” che sarà denominato “lotta contro la mercificazione del corpo” e dedicato agli alunni delle scuole secondarie.

    La data scelta per discuterne all’Assemblea nazionale doveva essere il 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Sarà in realtà due giorni dopo, ma il piccolo slittamento non basta a mitigare l’enfasi pedagogico-simbolica impressa a tutta la faccenda, soprattutto a cura della titolare del dicastero dei Diritti delle donne, Najat Vallaud-Belkacem. Intervistata dalla tv Bfm, ha detto che in Germania, dove la prostituzione è regolamentata, “si stima siano circa quattrocentomila le persone che si prostituiscono contro le venti-quarantamila del nostro paese. Questo dimostra che regolamentare e legittimare la prostituzione fa sviluppare l’offerta” (nella stessa occasione, per la cronaca, la Vallaud-Belkacem, che è anche portavoce del governo, ha spiegato perché vuole che nei manuali scolastici sia esplicitato da ora in poi l’orientamento sessuale dei personaggi storici).

    Sappiamo che all’inizio di novembre a suscitare un calcolato scandalo c’è stato l’appello “Touche pas à ma pute”, giù le mani dalla mia puttana, firmato da 343 uomini (giornalisti, scrittori, personaggi dello spettacolo) che si sono definiti “salauds”,  “porci” (ne parla Lanfranco Pace in questa pagina). Una settimana fa, il settimanale Le Point ha invece lanciato la dichiarazione che su iniziativa del cantante Antoine (quello che a Sanremo cantava “Pietre”), ha raccolto settanta firme di celebrità sotto un breve testo: “Senza avallare o promuovere la prostituzione, rifiutiamo la criminalizzazione delle persone che si prostituiscono e di coloro che utilizzano i loro servizi, e chiediamo di aprire un vero dibattito senza pregiudizi ideologici”. Tra le firme ci sono quelle dell’ex ministro della cultura Jack Lang, del cantante Charles Aznavour, di attrici come Catherine Deneuve e Mireille Darc, della navigatrice Florence Arthaud,  di un mostro sacro della cultura francese come il regista e scrittore Claude Lanzmann, di un altro regista notissimo come Claude Lelouch. Un avvertimento garbato ma fermo ai neo puritani che vogliono sterilizzare la Francia da ogni diversità e da ogni libertinaggio. Al Figaro, Antoine ha spiegato che “tra i firmatari della dichiarazione c’è chi pensa che la prostituzione dovrebbe sparire, come chi pensa di no. Tutti dicono semplicemente che la penalizzazione non è la soluzione”. 

    Ad accusare il governo di “preparare un inferno lastricato di buone intenzioni” c’è anche un gruppo di intellettuali, tra i quali le filosofe Elisabeth Badinter ed Elisabeth de Fontenay. Sul Nouvel Obsservateur hanno scritto che se la ministra dei Diritti delle donne avesse annunciato l’intenzione di mettere fine alla schiavitù gestita dalle reti criminali, tutti, uomini e donne, avrebbe plaudito all’iniziativa. Mentre “l’obiettivo di abolire la prostituzione, con il pretesto di finirla con la schiavitù sessuale, è d’altra natura. Non si tratta di un imperativo universale, ma di un partito preso ideologico che suppone i seguenti postulati: 1) La sessualità a pagamento è un atto che attenta alla dignità delle donne; 2) Le prostitute sono tutte vittime e i loro clienti tutti dei malfattori”. Nell’intervento collettivo si dice anche, “a rischio di far rabbrividire qualcuno”, che “gli uomini che frequentano le prostitute non sono tutti orrendi predatori e maniaci sessuali che trattano le donne come oggetti da usare e buttare. Stranamente, nessuno parla mai dei prostituti omosessuali e nemmeno della nuova domanda femminile di sesso a pagamento”.
    Sul Monde, due giorni fa, Elisabeth Badinter ha spiegato ancor meglio la propria irriducibile ostilità alla penalizzazione dei clienti delle prostitute sul modello svedese. Ha detto che le sembra assurdo non aver interpellato le prostitute: “Solo loro sono abilitate a parlare. Ma quando una di loro afferma: ‘Lo faccio liberamente’, si dice che mente per coprire il suo protettore. Sono i soli esseri umani che non hanno diritto di parola”. La filosofa aggiunge che “penalizzazione significa proibizione. Preferisco parlare di proibizione piuttosto che di abolizionismo… fanno riferimento all’abolizione della schiavitù! La vendita di un individuo non è paragonabile alla prostituzione, che è la messa a disposizione del proprio corpo a fini sessuali, che si può accettare o rifiutare quando non si è prigionieri di una rete criminale. L’argomento è che bisogna punire la domanda perché non ci sia più offerta. Io però non trovo normale che si autorizzino le donne a prostituirsi, ma che si proibisca agli uomini di ricorrere a loro”. La Badinter dice anche si sentire “questa volontà di punire i clienti come una dichiarazione di odio verso la sessualità maschile. C’è un  tentativo di allineare la sessualità maschile su quella femminile, anche se quest’ultima sta cambiando. Queste donne che vogliono penalizzare il pene descrivono la sessualità maschile come dominatrice e violenta. Hanno una visione streotipata molto negativa e moralista, che rifiuto”. In modo più colorito, il direttore del magazine Causeur, che aveva lanciato l’appello dei 343 salauds, ha detto che certe logiche egalitarie “spingono a voler cancellare le differenze tra i sessi per fare degli uomini delle donne come le altre”.

    E per non smentire la regola che le vuole sempre su fronti opposti, che si parli di matrimonio gay, di omogenitorialità o di utero in affitto, la filosofa femminista Sylviane Agacinski contesta le affermazioni della Badinter e , per una volta, tifa per il governo. Intervistata anche lei dal Monde, dice che “la ministra dei Diritti delle donne è nel suo giusto ruolo, quando ricorda che l’abolizione della prostituzione è la posizione ufficiale della Francia dal 1946”, e ricorda che “c’è una totale dissimmetria tra il cliente che cerca il proprio piacere e una persona che deve subire rapporti sessuali in serie, in disprezzo della propria sensibilità e del proprio desiderio”. Per questo, dice “si fa della sofistica quando si parla di libera scelta” nella scelta di prostituirsi.