Il patto afghano non regge

Obama prende una botta da Kabul sull'accordo che gli serve per il ritiro

Daniele Raineri

Mercoledì sera il segretario di stato americano, John Kerry, ha annunciato di avere finalmente raggiunto l’accordo bilaterale di sicurezza (Bsa) con il presidente afghano Hamid Karzai, dopo più di un anno di negoziati. L’Amministrazione Obama ha bisogno del Bsa per iniziare il ritiro delle truppe nel 2014, come promesso da tempo dal presidente. Kerry però ha parlato troppo presto. L’accordo deve passare l’esame della Loya Jirga, un’assemblea di capiclan afghani che si è riunita da giovedì a Kabul – è presentata come un’istituzione depositaria della saggezza ancestrale dell’Afghanistan ma ha meno di cent’anni.

    Mercoledì sera il segretario di stato americano, John Kerry, ha annunciato di avere finalmente raggiunto l’accordo bilaterale di sicurezza (Bsa) con il presidente afghano Hamid Karzai, dopo più di un anno di negoziati. L’Amministrazione Obama ha bisogno del Bsa per iniziare il ritiro delle truppe nel 2014, come promesso da tempo dal presidente. Kerry però ha parlato troppo presto. L’accordo deve passare l’esame della Loya Jirga, un’assemblea di capiclan afghani che si è riunita da giovedì a Kabul – è presentata come un’istituzione depositaria della saggezza ancestrale dell’Afghanistan ma ha meno di cent’anni. Al primo giorno di lavori dell’assemblea Karzai ha sorpreso tutti e ha detto che “l’accordo con gli americani dovrebbe essere firmato quando le elezioni saranno avvenute appropriatamente e con dignità” – riferendosi alle prossime elezioni presidenziali dell’aprile 2014 (alle quali lui non potrà candidarsi). Questa nuova posizione, meno di ventiquattr’ore dopo l’annuncio di Kerry, mette ancora una volta il presidente afghano in rotta diretta di collisione con l’Amministrazione Obama, che invece impone una scadenza per la firma del Bsa: tutto deve concludersi entro la fine del 2013, fra meno di un mese e una settimana. Un consigliere di Karzai dice che “non siamo preoccupati dalla scadenza imposta dagli americani, ne impongono tante”, ma per la Casa Bianca è un altro problema sulla via d’uscita dalla guerra più lunga della storia americana.

    Il Bsa presentato alla Loya Jirga prevede che in Afghanistan possano restare più o meno 10 mila soldati americani anche per dieci anni, fino al 2024, in cambio di assistenza finanziaria e materiale al governo di Kabul. L’Amministrazione Obama vuole evitare la cosiddetta opzione zero, detta così perché resterebbero zero truppe dopo il 2014, per evitare quello che è successo in Iraq, dove il disimpegno americano completo non ha funzionato e la guerriglia è di nuovo forte come nel 2006.

    Gli americani tengono in particolare a un punto del Bsa: l’immunità giuridica per i soldati, che in caso di crimini dovrebbero essere portati negli Stati Uniti e giudicati in patria, e in nessun caso consegnati a un tribunale locale. Karzai invece fa pressione perché Washington si impegni a difendere l’Afghanistan contro le minacce esterne, dove la formula “minacce esterne” è una parola in codice per Pakistan. Karzai ha sviluppato un  pensiero quasi ossessivo per il governo e l’esercito di Islamabad, che lui accusa di alimentare il terrorismo in Afghanistan – non senza qualche ragione, considerato che i servizi segreti pachistani e alcune fazioni dei talebani sono molto legate. Karzai vorrebbe che l’America fosse pronta, per difendere Kabul, anche a colpire dentro il Pakistan. Un impegno gravoso, modellato sul patto di mutua difesa della Nato, che gli americani hanno limato nel testo fin quasi a neutralizzarlo.

    Il presidente Karzai ha tentato di stringere accordi con il gruppo dei talebani pachistani per colpire il governo di Islamabad, ma è stato scoperto dagli americani, che il 5 ottobre hanno catturato Latif Mehsud, un delegato dei talebani pachistani, mentre stava per arrivare a Kabul scortato dai servizi segreti afghani. Non si può stabilire una correlazione certa, ma dal momento della cattura di Latif i gruppi della guerriglia e del terrore in Pakistan sono stati colpiti ai più alti livelli. Il capo, Hakimullah Mehsud, è stato ucciso da un drone così come molti pezzi importanti di una delle fazioni più pericolose, il network Haqqanì.

    • Daniele Raineri
    • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)