Brindisi sguaiati e feticismo. Quelli di Piazzale Loreto

Marianna Rizzini

Votata la decadenza del Caimano c’è chi brinda (reduci del Popolo Viola al grido di “in galera!”; ma anche deputati grillini con prosecco alla buvette) e c’è chi espone lo striscione (“Fuori uno, tutti a casa”, dice quello dei Cinque stelle). C’è chi parla di “storia criminale” (intervento della capogruppo di M5s al Senato Paola Taverna, applaudita per aver definito il Cav. uno che per vent’anni ha “architettato reati”). C’è, insito nel giorno della decadenza, un giorno dello sberleffo e della gogna, gogna più sottile e ambigua di quella epidermica del novembre 2011, quando Silvio Berlusconi, poco prima dell’avvento del governo Monti, era stato accolto al Quirinale da una folla cupamente euforica (“buffone, buffone”, era il grido, con lanci di monete).

    Votata la decadenza del Caimano c’è chi brinda (reduci del Popolo Viola al grido di “in galera!”; ma anche deputati grillini con prosecco alla buvette) e c’è chi espone lo striscione (“Fuori uno, tutti a casa”, dice quello dei Cinque stelle). C’è chi parla di “storia criminale” (intervento della capogruppo di M5s al Senato Paola Taverna, applaudita per aver definito il Cav. uno che per vent’anni ha “architettato reati”). C’è, insito nel giorno della decadenza, un giorno dello sberleffo e della gogna, gogna più sottile e ambigua di quella epidermica del novembre 2011, quando Silvio Berlusconi, poco prima dell’avvento del governo Monti, era stato accolto al Quirinale da una folla cupamente euforica (“buffone, buffone”, era il grido, con lanci di monete).

    La gogna, oggi, si veste da ragionamento freddo attorno al tema dell’eliminazione apparente del Caimano: “Guardate che non è finita qui”, diceva ieri un coro che andava da Nichi Vendola a Beppe Grillo al Fatto a Repubblica, preventivamente schierata sulla linea “quel che resta del Ventennio” con editoriale di Barbara Spinelli. Grande sarà “la tentazione di cancellare l’anomalia”, scriveva Spinelli, citando gli anni post mussoliniani e suonando l’allarme contro “il nostro mal du siècle”: “… Il berlusconismo resta innanzitutto come dispositivo del presente”, nella sua “eredità culturale e politica”. Combattere il Caimano che è in te, è l’idea, puntare i “tantissimi Berlusconi” nascosti dietro i tendaggi in Parlamento, sulla linea di Marco Travaglio (“fuori uno, adesso aspettiamo la cacciata degli altri indecenti, che sono tanti”). Si firma “l’armistizio ma continua la guerra”, diceva ieri il direttore del Fatto Antonio Padellaro, alla web-tv del quotidiano (“espulso il pregiudicato”, era il titolo dell’edizione online). Grillo, in contemporanea, si rifiutava di deporre l’arma, viste anche le europee all’orizzonte e il Cav. in piazza che accomunava la sua sorte extraparlamentare a quella dell’ex comico (e di Matteo Renzi): “Non è la fine del regime, è la caduta di un boss del malaffare”, si leggeva sul blog dell’ex comico. “Il cancro è stato asportato ma la metastasi è lì”, era la metafora (non proprio elegante) di Francesco D’Uva dei Cinque stelle, ma neppure Sel si rassegnava al “the end”: “Votiamo la decadenza ma Berlusconi è vivo”. La voglia di Piazzale Loreto resta confinata, al momento, al volo d’avvoltoio (“vada ai servizi sociali e impari”, dice Paola Taverna) e nella tragicomica discussione su Tfr e vitalizio del Cavaliere: ecco il senatore di M5s Nicola Morra, a “Ballarò”, il giorno prima del voto, già in lotta contro gli euro “di fine rapporto” che, a suo parere, non devono mai e poi mai andare al Caimano. Ed ecco l’insistenza di Repubblica sulla profezia di ulteriore sventura, come a voler consolare i “no-B” orfani di preda: qualche giudice potrebbe aggiungere presto condanna a condanna, e allora ti saluto sconto di pena, ti saluto servizi sociali (e se lo arrestassero?, è la fantasia-bramosia). “Decaduto perché la legge è uguale per tutti”, dice il direttore Ezio Mauro, ma sulle pagine di Rep. è già comparso il fantasma del Cav.

    Le spoglie del Berlusconi-politico ancora non ci sono (lui dice “andiamo avanti”), e il bisogno di trofeo si fa forte tra i nemici di oggi come tra quelli di ieri (ricompare persino Antonio Di Pietro), nemici paradossalmente minacciati dallo sventolio dello scalpo: senza Caimano chi saremo?, dovranno chiedersi da domani, quando più che un trofeo cercheranno un feticcio, pena la perdita temporanea di obiettivo (nei casi più gravi, d’identità). Si fa strada il sentimento inconfessabile: del nemico, quasi quasi, si ha una strana, antipatica nostalgia.   

    • Marianna Rizzini
    • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.