Cronaca preventiva dell'ultimo X-Factor nel Pd (al netto dell'Immacolata)

Stefano Di Michele

Dovrebbe andare così (più o meno: trattasi di cronaca preventiva). Proprio cambiare, alla fine, non era possibile. Così Renzi ha fatto Renzi – appena un filo sotto la parodia di Crozza (cioccolatini col pensierino tipo Baci e carota alla Bugs Bunny); Cuperlo ha fatto Cuperlo (sospeso tra socialismo europeo e “La cripta dei cappuccini”), Civati ha fatto Civati (il genere: tenetemi, sennò faccio uno sconquasso). Pure l’Unità, ieri mattina, sembrava sfottere l’evento in prima pagina e preparare al peggio il lettore militante: “Il Pd cerca il suo X Factor”, più teleutenti che masse, molto applausometro (voting su iPhone e iPad, oh yes!) piuttosto che antico e venerato “dibattito”.

    Dovrebbe andare così (più o meno: trattasi di cronaca preventiva). Proprio cambiare, alla fine, non era possibile. Così Renzi ha fatto Renzi – appena un filo sotto la parodia di Crozza (cioccolatini col pensierino tipo Baci e carota alla Bugs Bunny); Cuperlo ha fatto Cuperlo (sospeso tra socialismo europeo e “La cripta dei cappuccini”), Civati ha fatto Civati (il genere: tenetemi, sennò faccio uno sconquasso). Pure l’Unità, ieri mattina, sembrava sfottere l’evento in prima pagina e preparare al peggio il lettore militante: “Il Pd cerca il suo X Factor”, più teleutenti che masse, molto applausometro (voting su iPhone e iPad, oh yes!) piuttosto che antico e venerato “dibattito”, più “Amici” televisivi che “compagni” dirigenti. Era certo più presente, in spirito, Maria De Filippi che Rosy Bindi – e figurarsi il diligente senatore Ugo Sposetti, che secondo il Giornale generosamente provvedeva ad attruppare folle cuperliane nelle Case del popolo: “Al voting, compagni, al voting! Sospendere la briscola!”. Sul palcoscenico di Sky, dove di solito il dilettante più o meno di genio esibisce la voce, la grazia e (a volte) la pernacchia, dove una televisiva spudoratezza è non meno essenziale (anzi, anzi) di una certa padronanza dei problemi, e il nodo della cravatta può oscurare il nodo delle questioni, Matteo si sentiva cavallino allo stato brado al pascolo (scalpitava, usciva fumo dalle froge del naso), Gianni come chi ha finalmente la visione dei bastioni di Orione in fiamme (seguono: analisi e meraviglia e sottotesto del contesto), a Pippo chiaramente prudevano le mani per un immediato invio di due-trecento tweet verso i sostenitori (trasse visione dal cambio dei pannolini del bimbo, figurarsi dal cambio delle luci in studio). Un ordinato botta e risposta tra chi vuole prendersi il partito ignoto, tra chi aspira a guidare il partito che c’è, tra chi sogna il partito immaginario.

    Per il povero militante di sinistra – sempre un po’ romanticamente indietro, sempre un po’ in avanzato stato di scoglionamento – è stato l’ulteriore capitolo del suo processo rieducativo. Non che nel salone delle feste di X Factor di Sky avessero a che fare con Jader Jacobelli, i quesiti di giornalisti amici/nemici/fessi, solo un po’ di folla selezionata e ripartita (ognuno per il proprio candidato plaudente, il clap-clap-clap preciso e scontato, come le faccine che fanno da sostegno mediatico dietro l’invitato a “Ballarò”). Lo scorrere lento dei minuti per tutti, lo sforzo massimo per un cambiamento minimo – è il gazebo che verrà domenica quello che davvero consegnerà le cifre della vittoria già sicura (se sarà trionfo, se il distacco ridurrà il secondo a puntino dell’orizzonte), come della sconfitta già annunciata. Ma è la qualità della vittoria, e dunque della sconfitta, quella che permetterà a Renzi di attraversare l’Arno come Mosè il Mar Rosso, o se magari lo costringerà a stare sul pedalò insieme ai rottamati altrui (oltre che ai rottamati suoi, già accasati e pronti ai pedali). Se ieri mattina sul Giornale Laura Cesaretti sfotteva l’applausometro digitale a (s)conforto di Gianni e Matteo e Pippo, ma i militanti più fedeli erano resi più inquieti dal fiorire, sull’Unità, di dettagliata cronaca dove si mischiavano voting/on line/fact cheking/simulcast/App/Hd/social media – al confronto due settimane di corso alle vecchie Frattocchie su “partito e ceti medi” era una passeggiata di salute. E nel suo editoriale Massimo Adinolfi prendeva in giro le possibili domande sulla serale tenzone: l’ultimo film che hai visto al cinema?, quale animale ti somiglia di più?, con quale personaggio dei fumetti ti identifichi? L’altra volta erano in cinque (“I fantastici 5” li battezzò lo stesso Pd, per la serie: dal partito mio mi guardi Dio, che da quelli altrui mi guardo io), venne fuori il più aggrovigliato Pantheon della sinistra dell’ultimo secolo. E già ieri Adinolfi avvertiva i compagni: tra Marilyn Monroe e Togliatti non c’è battaglia. Tendenzialmente, adesso è possibile pure tra Briatore e Togliatti. Così ieri sera andò. Come andrà solo l’Immacolata lo dirà.