Monaco non c'entra nulla e il pre-accordo conviene. Cinque buone ragioni
Il paragone storico con Monaco 1938 è il grido d'allarme più abusato del repertorio ma non ci aiuta a capire nemmeno un grammo in più di cosa sta succedendo davvero. Stiamo parlando di Israele, che è uno stato sovrano e anche la potenza militare più avanzata di tutto il medio oriente, e stiamo parlando di armi atomiche, di Repubblica islamica iraniana e di sanzioni internazionali che colpiscono soprattutto il mercato del greggio. Queste cose nel 1938 non esistevano e oggi si dovrebbe poterne parlare senza per forza essere costretti a passare di nuovo dai Sudeti.
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Punto primo, il paragone storico con Monaco 1938 è il grido d’allarme più abusato del repertorio ma non ci aiuta a capire nemmeno un grammo in più di cosa sta succedendo davvero. Stiamo parlando di Israele, che è uno stato sovrano e anche la potenza militare più avanzata di tutto il medio oriente, e stiamo parlando di armi atomiche, di Repubblica islamica iraniana e di sanzioni internazionali che colpiscono soprattutto il mercato del greggio. Queste cose nel 1938 non esistevano e oggi si dovrebbe poterne parlare senza per forza essere costretti a passare di nuovo dai Sudeti. Se poi andiamo a vedere nello specifico, l’accordo di Monaco fu firmato dalle grandi potenze il 30 settembre e il giorno dopo le truppe naziste entrarono marciando in Cecoslovacchia provocando la fuga di almeno centomila persone – tra loro molti ebrei e oppositori politici degli hitleriani. Il pre-accordo di Ginevra è stato raggiunto domenica scorsa e l’effetto è questo: da gennaio ci saranno ottomila centrifughe in funzione in Iran invece che diciannovemila. Si vede la differenza tra i due?
Punto secondo, questo non è l’accordo con l’Iran. E’ un pre-accordo. Nulla è stato deciso. Si è trattato di un patto preliminare tra le potenze mondiali e l’Iran per rallentare il programma atomico da una parte e alleggerire di poco le sanzioni dall’altra e andare in questo modo ai negoziati reali che cominceranno fra sei mesi. Le decisioni che contano saranno prese allora. Qual era l’alternativa a questo pre-accordo di Ginevra? Erano due: non fare ancora nulla oppure fare la guerra. Se la guerra fosse stata un’opzione in grado di offrire esiti più certi di questo pre-accordo ginevrino sarebbe stata già consumata. Per uguagliare il tanto disprezzato pre-accordo con Teheran, un attacco con le bombe dovrebbe riuscire a bloccare l’arricchimento di tutto l’uranio iraniano oltre la soglia del 5 per cento, dovrebbe eliminare tutte le scorte di uranio già arricchito al 20 per cento (destinate ora a essere convertite o diluite) e dovrebbe sospendere i lavori di costruzione del reattore ad acqua pesante di Arak, e in più ottenere anche ispezioni quotidiane ai siti iraniani e negoziati fra sei mesi.
Punto terzo, Mark Fitzpatrick, dell’International Institute for Strategic Studies, scrive che il tempo di break-out dell’Iran, ovvero il tempo che lo separa dalla produzione di una bomba atomica, domenica scorsa è stato raddoppiato. Le sanzioni internazionali costano all’Iran cento miliardi di dollari ogni anno, questo alleggerimento concesso a Ginevra vale sette miliardi. Il doppio contro il sette per cento.
Punto quarto, si nota la differenza tra i pundit, che sono gli opinionisti sui giornali, e i capi militari di Israele, che sono gli specialisti tenuti per mestiere a conoscere più cose di chiunque altro al mondo sul rischio di un attacco atomico dell’Iran contro Israele. Quindi, se Bret Stephens scrive sul Wall Street Journal che l’accordo “è peggio di Monaco 1938” e Charles Krauthammer sul Washington Post che è “il peggiore accordo da Monaco 1938” (appena meno drastico), su Channel 2 della tv israeliana si vede Amos Yadlin, ex direttore dell’intelligence militare di Israele, dire beffardo il giorno dopo: “Dalle reazioni dei nostri politici di questa mattina veniva da pensare che l’Iran avesse ottenuto il permesso di costruire una bomba atomica”. Yadlin sostiene che l’Iran non violerà il pre-accordo: “Non lo hanno firmato per romperlo. Gli iraniani sono venuti a Ginevra per farsi alleggerire le sanzioni. Capiscono che si tratta di un test. Sarebbe illogico violarlo nei prossimi sei mesi, sarebbe più logico se provassero a eluderlo in seguito”. Per Yadlin “l’accordo con l’Iran ottenuto dal secondo round è molto meglio di quello fallito due settimane prima a Ginevra”. Bret Stephens vinse un premio Pulitzer, ma non c’è ragione per dubitare della competenza del generale Yadlin.
Punto quinto, arriva la notizia che Israele farà una grande esercitazione militare con l’America a maggio, proprio fra sei mesi, come monito all’Iran. Che è quello che fareste anche voi con il governo che vi ha venduto a Teheran con un accordo peggiore di Monaco 1938. Giusto?
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