L'impossibilità di trovare un sostituto di Buffon

Sandro Bocchio

Prima l'abbraccio nel tunnel dello spogliatoio, qualcosa in più di un semplice gesto di cortesia tra capitani. Poi i centonovanta centimetri ben distesi a negare il gol, in attesa che Llorente pensasse a orientare nuovamente in direzione positiva i destini bianconeri. Il tutto con estrema naturalezza, come è nella storia di Gigi Buffon. Perché non c'era alcunché di ruffiano nel moto di affetto verso Di Natale, con cui ha condiviso mille partite da avversari e una maglia azzurra da compagni. E la longevità di Buffon stride con la difficoltà a trovargli un sostituto nell'Italia. Anche perché Michael Agazzi, uno che nel giro azzurro stava recentemente provando a entrare, sia pure non da giovanissimo, ora è in punizione in tribuna a Cagliari.

    Prima l'abbraccio nel tunnel dello spogliatoio, qualcosa in più di un semplice gesto di cortesia tra capitani. Poi i centonovanta centimetri ben distesi a negare il gol, in attesa che Llorente pensasse a orientare nuovamente in direzione positiva i destini bianconeri. Il tutto con estrema naturalezza, come è nella storia di Gigi Buffon. Perché non c'era alcunché di ruffiano nel moto di affetto verso Di Natale, con cui ha condiviso mille partite da avversari e una maglia azzurra da compagni. E perché c'era tutta la sua sapienza in quel gesto che ha impedito all'Udinese di mettere sotto la Juventus. Perché è questa ora la forza del portiere, una volta che l'elasticità e l'esplosività di un tempo sono un ricordo della giovinezza e si lascia spazio a quella conoscenza che permette di farti trovare al posto giusto nel momento giusto. A dire il vero, qualche tempo fa, questa era considerata più un limite che una risorsa, con l'equazione esperienza uguale prepensionamento a riemergere metodicamente in concomitanza con gli errori di Buffon. Pochi, perché quando giochi con la Juventus (con questa Juventus) è ben difficile che un attaccante trovi agevolmente la strada verso la porta bianconera. Ma proprio perché pochi, ancora più sottolineati dai maestrini della critica, pronti a intingere la penna nel curaro. Stilettate cui Buffon ha replicato inventandosi una parata decisiva nella partita successiva e senza mai nascondersi dietro le parole, come abitudine. Non a caso in Nazionale fa la gioia di chi deve scrivere, perché non si tira mai indietro, come disponibilità e come concetti: con lui il titolo è assicurato. E sul campo fa la gioia di chi deve allenarlo, perché a 36 anni incombenti, Buffon non si nega un allenamento, unico segreto di chi aspira a una carriera lunga. Il problema, al limite, diventa quello del recupero, sempre più faticoso, giorno dopo giorno. Un problema cui c'è soltanto una soluzione: porsi un obiettivo. Con la Juventus è già stato raggiunto, almeno a livello interno, grazie a una supremazia tornata soffocante e imperante, nella prospettiva concreta di una terza conferma consecutiva. Va meno bene a livello internazionale, dove il distacco dalle grandi d'Europa appare ancora consistente. In Nazionale è, invece, inevitabile individuare il prossimo passaggio decisivo. C'è un Mondiale da vivere come protagonisti, dopo aver ricostruito la squadra affondata in Sud Africa. Difficile per Buffon ripetere il cammino entusiasmante che condusse al titolo di Berlino: lui stesso se ne è accorto quattro anni dopo, tra Johannesburg e dintorni. Sarà comunque un obbligo provarci, per chi ha superato Paolo Cannavaro al primo posto come numero di presenze in azzurro e per chi parteciperà al quinto Mondiale consecutivo, un'impresa in passato riuscita soltanto al messicano Antonio Carbajal e al tedesco Lothar Matthäus.

    E la longevità di Buffon stride con la difficoltà a trovargli un sostituto nell'Italia. In fase calante Marchetti, non pienamente convincente Sirigu, si era ipotizzato un ritorno di De Sanctis, che si era ritirato dalla Nazionale pochi mesi fa. Ma l'azzurro non porta benissimo visto che, appena è stata avanzata l'ipotesi, la Roma ha cominciato a incassare gol e lo stesso portiere - come capitato ieri a Bergamo - ha contribuito in prima persona. Una contingenza, si dirà. Meno contingente quanto sta invece accadendo a Michael Agazzi, uno che nel giro azzurro stava recentemente provando a entrare, sia pure non da giovanissimo. Buone prove a Cagliari e un discreto mercato in estate, salvo poi restare in Sardegna per decisione presidenziale. Ma con un peccato originale gravissimo, specie agli occhi di Massimo Cellino: l'opposizione a un rinnovo del contratto, in scadenza a giugno. Una condizione che significa, per il giocatore, la possibilità di liberarsi a costo zero a fine stagione, senza portare un soldino alle casse sociali. Un contrattempo che ha lavorato sottotraccia in questi mesi, fino a deflagrare negli ultimi giorni, con Agazzi finito in punizione: potrà allenarsi con la squadra, ma le partite potrà vederle soltanto dalla tribuna oppure davanti alla televisione. Anche quelle della Nazionale, ovviamente...