Tra occupazioni e pugili, a Kiev l'uomo forte è ancora Putin
Gli uomini della sicurezza con le divise nere aspettano ordini sui blindati fermi, bloccati uno in fila all’altro lungo i lati della strada. In piazza Indipendenza, nel centro di Kiev, migliaia di persone si preparano alla notte con aglio, pancetta e caffè, cercano riparo dal freddo, preparano barricate sui viali che corrono lì intorno. Le stime sono imprecise, per alcuni i manifestanti sono mezzo milione, altri parlano di 350.000 persone, ma i numeri a questo punto fanno poca differenza.
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Gli uomini della sicurezza con le divise nere aspettano ordini sui blindati fermi, bloccati uno in fila all’altro lungo i lati della strada. In piazza Indipendenza, nel centro di Kiev, migliaia di persone si preparano alla notte con aglio, pancetta e caffè, cercano riparo dal freddo, preparano barricate sui viali che corrono lì intorno. Le stime sono imprecise, per alcuni i manifestanti sono mezzo milione, altri parlano di 350.000 persone, ma i numeri a questo punto fanno poca differenza. La capitale dell’Ucraina è bloccata da uno sciopero e dai giovani che protestano e chiedono le dimissioni del presidente, Viktor Yanukovich: ieri un migliaio di loro ha chiuso l’accesso al quartier generale del governo, negli ultimi giorni si sono visti scontri con la polizia e in alcune occasioni i manifestanti hanno cercato di allontanare i più violenti dai loro cortei. Si protesta da una settimana, da quando Yanukovich ha deciso di fermare le trattative per un’intesa economica con l’Unione europea. Quella mossa sembra un favore al capo del Cremlino, Vladimir Putin, che da mesi corteggia l’Ucraina per il suo progetto, l’alleanza doganale che ricalca i confini del vecchio impero sovietico, dall’Asia centrale ai confini dell’Europa. In questa scelta l’ideologia conta poco (né la Russia né l’Ue ne seguono una), la decisione dipende da trattati, amicizie a affari privati. “Molti a Kiev sono delusi – dice Massimiliano Di Pasquale, l’autore di “Ucraina terra di confine”, pubblicato un anno fa da Il Sirente – Lo sono anche gli elettori di Yanukovich, che non hanno visto passi avanti sul piano economico negli ultimi anni e speravano che il loro presidente giungesse almeno alla partnership con l’Ue. L’accordo non è arrivato, così oggi si rischia una nuova rivolta”.
L’Ucraina è schiacciata dalla crisi economica, nel 2011 il Fmi ha bloccato un prestito da 15 miliardi di dollari perché il governo ha rifiutato di sospendere i sussidi pubblici sull’energia e l’Ue non è riuscita a sbloccare quei fondi. Da Bruxelles non sono arrivate offerte in grado di sganciare una volta per tutte questo enorme paese dall’influenza russa, anche perché il Cremlino ha bloccato l’import di cioccolata prodotta in Ucraina, ha messo in guardia sul possibile stop all’export di gas, ha mostrato a Yanukovich che senza amici a Mosca la vita sarebbe ancora più dura. E’ ancora presto per parlare di rivoluzione, ma la protesta contro il governo ha riportato nelle piazze gli europeisti, gli universitari, tanti delusi, quelli che sinora s’erano tenuti alla larga dalla politica, i giovani che ogni sera si danno appuntamento nei tunnel della metro che sta proprio sotto piazza Indipendenza, e che ora risalgono in superficie. Ma Kiev non è tutto, ci sono cortei in ogni grande città dell’Ucraina, da Leopoli, il centro più vicino alla Polonia, sino a Donetsk, che è lontana quindici ore di treno, al confine con la Russia, ed è la città di Yanukovich. Questa sarebbe la terza rivolta in dieci anni dopo la Rivoluzione arancione del 2004 e quella elettorale del 2010, che ha permesso a Yanukovich di diventare presidente e ha costretto Yulia Tymoshenko in carcere con l’accusa di corruzione.
Ma questa volta si picchia. Ieri il premier, Mykola Azarov, ha detto che i manifestanti hanno un piano per prendere il Parlamento e che l’opposizione si illude di rovesciare l’ordine. Yanukovich ha invitato tutti a seguire la legge, polizia compresa. Domenica un gruppo di manifestanti con pietre e mazze s’è avvicinato al cordone di sicurezza del Palazzo presidenziale e s’è trovato di fronte Vitaly Klitschko, il pugile che ha scelto la politica e oggi guida Udar, un partito di opposizione con un buon numero di parlamentari alla Rada, il Parlamento ucraino. “Andate via, non avete nulla da fare qui, non cadete in questa trappola”, ha gridato Klitschko, due metri e cinque centimetri per 130 chili. Il suo intervento ha evitato uno scontro fra i giovani delle piazze e la polizia in assetto antisommossa, ma non ha cancellato la tensione. La rivolta del 2004 è lontana anche per questo: allora gli universitari erano accampati pacificamente a Kiev, oggi si vedono barricate, strade deserte, armi rudimentali, tentativi grossolani di occupare il Parlamento e i ministeri. Molti hanno passato le ultime notti nel palazzo dell’Amministrazione cittadina, e ieri pomeriggio, lo schermo gigante piantato in piazza Indipendenza ha interrotto i programmi per qualche minuto, sino a quando un’enorme bandiera europea ha preso il posto degli spot pubblicitari.
Per il Cremlino si tratta di “pogrom” interni
Non è un mistero che il presidente Yanukovich pensi allo stato di emergenza, ma l’operazione è rischiosa: prima bisogna ottenere il via libera della Rada, poi si dovrebbe resistere alle proteste della comunità internazionale, che già minaccia contromisure economiche. In queste ore le forze di sicurezza non sono state certo chiuse nelle caserme: sabato notte hanno sgomberato la piazza, ufficialmente si doveva fare largo ai preparativi per le feste di Natale, alcune decine di persone sono finite nelle camionette della polizia e altri hanno avuto bisogno di cure mediche. Il capo della polizia, Valery Koryak, si è assunto la responsabilità del raid e ha lasciato l’incarico poche ore più tardi. Ora le decorazioni natalizie lasciate su piazza Indipendenza fanno già parte delle barricate antigoverno.
Se c’è una cosa che manca a Kiev in questi giorni è il leader della protesta. Non c’è più Yushenko, il capo dell’opposizione con il volto bucato dal veleno che guidava la rivolta degli studenti nel 2004. Tymoshenko è in ospedale a Kharkiv e pochi in piazza gridano il suo nome. La grande speranza dell’Ucraina liberale, Arseny Yatsenyuk, è una figura di secondo piano nella politica nazionale. E anche il pugile Klitschko, uno che avrebbe il fisico per reggere il peso della leadership, è su posizioni di mediazione. Le cancellerie europee attendono, Germania, Francia e Gran Bretagna lasciano l’iniziativa diplomatica a Polonia e Paesi baltici, che hanno ministri appassionati, ma anche qualche limite. Putin ha detto ieri che le proteste di Kiev non hanno nulla a che fare con l’Ue, ma rispondono a un “pogrom” politico interno. Lui è il solo uomo forte di questo scontro, ed è lui, per ora, a decidere il futuro dell’Ucraina.
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